Una performance di
Claudio Ronco

nella chiesa di San Alvise, in Venezia,

produzione del Teatro di Villa Groggia,
il 18 e 19 Settembre 2002, ore 20.30

 

«Ho un brutto presentimento: temo che la situazione odierna continuerà ad essere così com’è ancora per dieci o venti anni. A conferma di questo esiste una buonissima garanzia: la stupidità umana e il rifiuto di vedere come il disastro si approssima. Però sono convinto che arriverà il momento in cui dovremo pure far qualcosa, e può darsi che allora ci troveremo in posizioni peggiori di quelle in cui siamo ora.
E non è questione del dover giudicare e decidere chi ha ragione e chi ha torto, se noi o loro, se la sinistra o la destra; è una questione di dati di fatto e di cifre, e di qualche altra cosa che esula dai dati e dalle cifre, di qualche cosa che si trova nella vaga e confusa zona che sta fra i cani e gli esseri umani»

(D. Grossman, “Il vento giallo”, pag. 232, ed. Mondadori 1988)


Ascolti:

versione elettronica (integrale, 18 min.)

solo prima parte

 


Claudio Ronco




per una performance
nella chiesa veneziana di San Alvise,

18 e 19 settembre 2002, ore 20.30
ingresso libero

L’evento, della durata di circa 80 minuti, prevede la partecipazione di una personalità culturale israeliana, una voce recitante, quattro musicisti (due violoncelli, clarinetto e organo) più tecnico del suono e delle luci, e due burattinai per uno spettacolo di "ombre cinesi".
Il celebre scrittore israeliano David Grossmann —da molti anni profondo analista della tragica situazione politica e umana del Medio Oriente— ha assicurato la sua collaborazione per leggere in inglese ed ebraico alcuni brevi estratti dal suo libro “Il vento giallo (edizione Mondadori 1988) e da suoi recenti scritti, immediatamente ripetuti in traduzione italiana dalla voce recitante. Intorno a queste letture in forma teatrale avverrà la prima esecuzione del brano sinfonico “Elegia per Israele”, per due violoncelli, orchestra sinfonica virtuale (MIDI), organo e clarinetto, seguita da “Quattro scene sinfoniche dal Mercante di Venezia di Shakespeare” , per violoncello solo ed elettronica, e introdotta da un “Agnus Dei” per clarinetto, violoncello e orchestra virtuale, tutte composizioni originali di Claudio Ronco.

more info:
mail to: claudioronco@iol.it

“il mio compito è porre il dito sulla piaga, descrivere —in un linguaggio contro cui il lettore non ha ancora fatto a tempo a corazzarsi— tutte le sfumature di una situazione esistente, infrangere facili stereotipi, far presente a chi lo avesse dimenticato che non è ancora scaduta l’importanza della morale umana”


(D. Grossman, “Il vento giallo”, ed. Mondadori 1988)



Il mio brano sinfonico intitolato Elegia per Israele è stato composto nel mese di dicembre 2001. I recenti fatti di violenza e guerra in Israele hanno reso impossibile la realizzazione della prevista performance a Gerusalemme nel maggio di quest’anno.
La composizione originale è destinata all’orchestra d’archi (almeno 20 elementi), e solisti di violoncello, clarinetto e oboe, combinati a un computer programmato per eseguire la partitura con il suono virtuale di un’orchestra equivalente. L’esecuzione prevede l’inserimento fra gli orchestrali di un’amplificazione della sorgente sonora elettronica, concepita in misura di un diffusore ogni due strumentisti, così da combinare in modo perfettamente equilibrato i suoni “acustici” degli strumenti ad arco con quelli “virtuali” del computer.


Questa particolare commistione di suono “reale” e “virtuale” si offre come metafora dell’attuale realtà israeliana, dove il “reale” —un’umanità che nasce, vive e muore in un mondo di esasperata complessità— si sovrappone e confonde con il “virtuale” dell’immagine retorica comunicata quotidianamente dai media mondiali, costituendo attraverso questa potente sinergia una “seconda realtà” forse ancora più tragica e di difficile soluzione, quale di fatto è quella vissuta oggi dallo Stato di Israele con il suo inestricabile conflitto di ragioni storiche e umane.

All’ “Elegia per Israele” —qui in una nuova versione per due violoncelli e archi “virtuali”— ho voluto unire altre due mie composizioni sinfoniche: un “Agnus Dei” per clarinetto, violoncello e orchestra, e le “Shylock’s scenes”, ovvero “Quattro scene sinfoniche per un balletto dal Mercante di Venezia di Shakespeare”.
Unendo queste composizioni in sequenza, io intendo rappresentare l’immagine dell’ “Agnello di Dio”, —il “capro espiatorio” destinato al sacrificio nel Tempio, “colui che toglie i peccati dal mondo” attraverso la morte nell’olocausto rituale—, come soggetto di meditazione rispetto all’immagine storica del popolo ebraico nella diaspora, così come è stata imposta, vissuta e tramandata attraverso i secoli, fino alle tragedie del Novecento e oltre.
Per questo, la conclusione del mio percorso musicale recupera la figura shakespeariana di Shylock, l’usuraio ebreo della controversa “Commedia” intitolata “Il Mercante di Venezia”, indagando nell’astrazione musicale su quei momenti in qualche modo “sospesi” del testo di Shakespeare, dove alla figura fortemente drammatica di Shylock nel terzo atto (“…Non ha occhi un ebreo? non ha mani organi statura sensi affetti passioni?…”) si contrappone la sua inquietante “assenza” nel finale dell’opera, subito dopo la condanna del tribunale e la sua definitiva uscita di scena con la frase cupa e insoddisfacente: “Non mi sento bene, lasciatemi andare a casa. Inviatemi l’atto e lo firmerò”, cui segue l’inevitabile desiderio di “farlo esprimere ancora”, oltre lo scritto dell’autore.

Nella mia composizione le “Quattro scene” sono riferite esclusivamente a Shylock e a sua figlia Jessica, in un percorso che inizia dal sogno d’amore di quest’ultima, innamorata di un cristiano col quale progetta la fuga dalla casa del padre (“Jessica’s love song”), cui segue la preoccupazione del padre che impone alla figlia di chiudersi in casa, nascosta agli occhi della gente in festa per il carnevale (“Stop my house ears!”, Shylock a Jessica nel II atto, quinta scena), per giungere a due momenti “oltre” il racconto di Shakespeare: l’immaginaria notte di Shylock a seguito della sentenza del tribunale (“Shylock’s sorrowful night”) e infine il mattino di Jessica fuggita di casa (“Jessica’s morning”), che nega senza ripensamenti ogni possibile valore umano o culturale alla figura dell’ebreo suo padre.
In questo modo, percorrendo le suggestioni poetiche e musicali dall’ “Agnus Dei” all’ “Elegia per Israele” e concludendo con questo “sguardo” sulla figura di Shylock, io invito a una meditazione sull’immagine attuale dello Stato d’Israele, quale realtà sociale e politica d’immenso rilievo nel mondo, non solo per il suo concentrare in un così piccolo spazio geografico i principali problemi relazionali fra culture contrastanti quali sono quelle dell’Occidente e dell’Oriente, ma anche per il più nascosto conflitto fra la sua realtà “vera”, di carne e sangue, e quella “virtuale”, fatta di carta di giornale, immagini fotografiche, opinioni giornalistiche, gente “rinchiusa” nei nomi di “ebrei e palestinesi”, le cui volontà e identità rischiano di essere sopraffatte dalla massiccia e inarrestabile potenza dei media moderni.

Per questo ho pensato fosse necessario unire a queste composizioni e meditazioni musicali anche l’immagine e la parola, e ho quindi scelto per la prima un gioco di “ombre cinesi” realizzato su una grande tela bianca sotto la balconata dell’Organo, dove, ritagliate nella carta, danzeranno le figure dei personaggi di Shylock e Jessica, e per la parola quella dello scrittore israeliano David Grossman, che nel 1987, poco prima dell’inizio dell’Intifada, aveva scritto: “Non propongo soluzioni. Sono uno scrittore, non un uomo politico, e il mio compito è, a mio parere, porre il dito sulla piaga, descrivere —in un linguaggio contro cui il lettore non ha ancora fatto a tempo a corazzarsi— tutte le sfumature di una situazione esistente, infrangere facili stereotipi, far presente a chi lo avesse dimenticato che non è ancora scaduta l’importanza della morale umana”.
(D. Grossman, “Il vento giallo”, ed. Mondadori 1988).

 

Claudio Ronco, Venezia, luglio 2002.






Claudio Ronco
“Agnus Dei”
per violoncello, clarinetto e orchestra virtuale,
tratto dal
“Requiem per Ludovico”

per due Soprani, Contralto, Basso,
tre flauti, due clarinetti, oboe, violino, tre violoncelli, contrabbasso,
organo, sintetizzatore, due percussionisti.
Venezia, gennaio 2001.

Ascolto in MP3


Quando si pensa a Mozart che scrive il suo Requiem, viene ormai abituale l'idea di un genio che compone un Requiem per se stesso, così come nell'immaginare Giuseppe Verdi che scrive una Messa da Requiem e la dedica ad Alessandro Manzoni, è difficile non pensare a una sorta di Requiem per un Romanticismo italiano rimasto forse incompiuto, o incompreso dal mondo “contemporaneo”.
Io, a mia volta, scrivo una Messa da Requiem (senza essere né cattolico né cristiano) articolandola nel calderone di memorie melodiche e armoniche che le televisioni di tutto il mondo ininterrottamente diffondono nell'etere, solo apparentemente ordinato e diviso in “argomenti”, ma di fatto caoticamente palpitante e vorticoso, come l'effetto di uno zapping ormai demotivato, impazzito.
Il mio Requiem è l'idea di un istante della morte e del “trapasso” di un uomo, in cui la visione del “tutto in un punto” somiglia a qualcosa che si esprime con immagini scaturite da un immaginario collettivo, visitato attraverso il tubo catodico in atto di svuotarsi disordinatamente del suo contenuto.
Dentro a un simile mondo, Ludovico è “grande” quanto Ludwig (“di Baviera” o “van Beethoven”, non ha ormai più alcuna importanza...), e la sua anima dissolta e frammentata, o decomposta, vorrebbe ricomporsi non in figure destinate ad articolarsi ancora in quelle del mondo terreno, ma in una leggerezza sublime dove ogni altro mondo diventa possibile, ogni significare diventa puro significante, ogni significato diventa atto di ricostituzione di nuovi ordinamenti e nuove misure.
Attraverso il nome di Ludo-vico, il mio “Requiem” diventa un “Ricercare” in nuovi e antichi ordini di Estetica e di Etica, senza altro movente che non sia la Consolazione della Musica, del suo ineffabile “vedere” l'aldilà.

C.R.
Venezia, gennaio 2001.

http://users.iol.it/claudioronco/requiem.html

 



“Shylock’s sorrowful night”
Quattro scene sinfoniche per un balletto sul “Mercante di Venezia”
di William Shakespeare,
per flauto dolce, percussioni e orchestra d'archi.

Nell'agosto 2001 ho composto quattro brani sinfonici ispirati a scene dal "Mercante di Venezia" di William Shakespeare, continuando un'opera iniziata già più di quindici anni fa e intitolata "Il dolore di Shylock", per un violino, un violoncello, voce recitante e un mimo. In particolare, il centro di questi miei lavori è il momento in cui all'usuraio ebreo viene offertà la libertà a patto di farsi cristiano. Al tribunale che lo ha appena condannato, Shylock risponde con queste parole:

«I pray you give me leave to go from hence, I am not well, —send the deed after me, and I will sign it.»
(Vi prego di lasciarmi andar via da qui, non mi sento bene. Inviatemi il contratto, e io lo firmerò.)

Io immagino dunque ciò che accade a Shylock là dove Shakespeare smette di raccontarcelo, ossia nella notte successiva al processo. Cessando la sua rappresentazione, in quella sua "assenza", paradossalmente il personaggio inizia ad "essere" ed "esistere", in espansione verso infiniti altri mondi possibili.
La visione di questo mio Shylock, quindi, diventa la linea di confine fra "il rappresentare" e "l'essere", dove si rivela la sottile implicazione dell'atto rappresentativo, del divenire sostitutivo dell'oggetto rappresentato, poiché oggetto, appunto, in quel tempo o da quel tempo assente.


Claudio Ronco,
Venezia, agosto/settembre 2001.

http://users.iol.it/claudioronco/mercante.html

http://users.iol.it/claudioronco/linea.html



Lucian Freud: "cane bianco con ragazza", 1951-2, dettaglio.
(clicca sull'immagine per vedere l'intero quadro)

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