IL MIO OSSERVATORIO
"Voi mi fate colmare di rimproveri dalle più graziose fra le vostre lettrici - dissemi un giorno il simpatico direttore dell'Osservatorio di Parigi, ammiraglio Mouchez - poiché, entusiasmate dalle vostre descrizioni, esse mi piombano nella specola, insistono per vedere, per osservare questo e quello, eppoi mi... ringraziano dicendo che i nostri strumenti non valgono nulla! Esse pretenderebbero di vedere in un quarto d'ora tutto quanto noi impieghiamo vent'anni a ben osservare; esse credono che le stelle rivelino ad ogni istante i loro segreti, che l'atmosfera si purifichi d'un tratto per i loro begli occhi e che il cannocchiale sia sempre a fuoco; infine, non riuscendo, per un motivo o per l'altro, a veder chiaro, netto, grande, quanto già videro sui vostri disegni, se ne vanno stizzite, furiose, brontolando che 'ce n'est pas cela du tout'."
Camille Flammarion
(da: "Le stelle e le curiosità del cielo", Parigi, 1881)
Il mio osservatorio non presenta la classica, ambita e scenografica cupola bianca poiché, trovandosi letteralmente a poche decine di metri dal confine di un Parco Naturale, vi sono state una gran quantità di regole da rispettare. In compenso, e specialmente durante i lunghi mesi invernali, si verificano talvolta alcuni incontri strani ed affascinanti: in piena notte, i gufi assomigliano veramente alla nebulosa planetaria Messier 97! Quando il termometro scende lentamente al di sotto di -10°C, e la neve raggiunge un metro, nei pressi della costruzione viene lasciato un po' di pane e di sale per volpi, cervi e camosci. In pieno giorno, a volte, fanno capolino i timidi caprioli, che vengono a curiosare fin contro la recinzione.
L'osservatorio è una piccola costruzione a pianta quadrata, di circa 4,5 metri di lato, con il tetto interamente scorrevole su rotaie: due grandi porte, a sud, permettono di puntare anche gli oggetti più bassi sull'orizzonte meridionale. Si trova in Piemonte, in una suggestiva valle alpina, ad una quota di circa 1200 metri sul livello del mare; può venire raggiunto unicamente per mezzo di un sentiero tra i boschi.
La costruzione si compone di due ambienti: si accede in una stanza seminterrata, che d'inverno può venire riscaldata in brevissimo tempo per mezzo di un piccolo radiatore elettrico. Da qui, una scala a pioli conduce, tramite una botola, alla sala superiore, interamente perlinata in legno per offrire un po' di comfort, dove vi è il telescopio. Il tetto si apre tramite un verricello con cavo di acciaio inox, molto demoltiplicato e comandato semplicemente a mano… a garanzia di non rompersi mai. Le rotaie su cui scorre il tetto sono state accuratamente messe a terra, per evitare il rischio rappresentato dai fulmini. La corrente elettrica proviene da molto lontano, grazie ad un lungo e grosso cavo.
La montatura del telescopio è stata progettata e realizzata dal Dottor Luigi Balbi. In essa, il consueto meccanismo d'inseguimento tramite corona dentata e vite senza fine è stato eliminato, a favore di un sistema basato su cinghie e pulegge che evita le irregolarità ed i problemi di periodismo. La struttura assomiglia, sotto alcuni aspetti, ai telescopi automatici costruiti per scopi fotometrici dagli statunitensi Louis Boyd e Russell Genet verso la metà degli Anni Ottanta. Anche se la loro ditta ha fatto una brutta fine, a causa di alcune manovre poco chiare (vedi: "Sky & Telescope", giugno 1996, pag. 38), molte delle loro idee rimangono sicuramente di grande pregio. Infatti, anziché tentare di realizzare una vite senza fine meccanicamente perfetta, o quasi, è enormemente più facile - e sensibilmente meno costoso - aver a che fare con superfici cilindriche, che possono venire facilmente rettificate fino a raggiungere tolleranze persino inferiori ad 1/1000 di mm. In fin dei conti, e non a caso, tutti i più moderni telescopi professionali, oggi, anziché l'accoppiamento tra vite senza fine e corona dentata utilizzano dei sistemi simili, a rulli, che prevedono cioè il contatto tra superfici cilindriche.
L'Ascensione Retta del mio telescopio consiste di un grosso disco in acciaio inossidabile, a forma di ferro di cavallo, di circa 1,5 metri di diametro, il cui bordo è stato accuratamente fresato in maniera tale da risultare perfettamente circolare e parallelo con l'asse polare. Un piccolo cilindro ugualmente di acciaio inossidabile, rettificato con estrema cura e motorizzato, lavora contro questa superficie fresata, mentre un altro cilindretto uguale è in folle e condivide il peso del disco di A.R. e della sovrastante Declinazione, con il tubo contenente l'ottica. Il moto in Ascensione Retta è fornito da un motore passo passo, con due stadi di riduzione tramite pulegge e cinghie dentate: queste ultime sono di plastica, rinforzate da numerosi cavetti di acciaio inox. La struttura assicura movimenti assolutamente senza giochi, poiché le cinghie - che possono venire tese singolarmente - lavorano sotto una sufficiente tensione, ed i rapporti di riduzione sono molto spinti. La riduzione finale fa ruotare il cilindretto di acciaio inossidabile di cui abbiamo già parlato, del diametro di 10 mm, che fa a sua volta muovere il grande disco dell'A.R. del telescopio. L'intero sistema abbatte le tolleranze meccaniche, e quindi il periodismo derivante, fino a valori che risultano difficilmente misurabili: all'incirca, ± 0,5 millesimi di millimetro.
La struttura del movimento di Declinazione è essenzialmente simile a quella dell'Ascensione Retta, tranne per il fatto che la forza per la frizione finale è impressa manualmente, tramite il serraggio di una manopola, anziché dal peso dello strumento; il disco della Declinazione ha un diametro di circa 90 cm. Inutile aggiungere che la Declinazione non necessita di tutta la precisione meccanica che è invece tassativamente richiesta dal movimento di Ascensione Retta.
E' rimarchevole il fatto che, grazie a questi due dischi di grandi dimensioni, la precisione di puntamento del telescopio risulta notevole, oltre che assai comoda: per fare un esempio, si può passare da una stella doppia all'altra, anche in posizioni molto lontane nel cielo, mantenendo ingrandimenti dell'ordine di 300-400x, senza la necessità di dover ridurre l'ingrandimento o, tanto meno, ricorrere ad un cercatore. In realtà, il limite pratico consiste nella difficoltà di leggere il nonio dei due dischi al di sotto di una precisione di circa 2'. Il cercatore, in questo telescopio, non esiste, perché non servirebbe. Le grandi dimensioni della base dello strumento hanno anche consentito una messa in stazione del telescopio estremamente agevole e, allo stesso tempo, molto precisa.
In questa ventilata vallata alpina il seeing è raramente migliore di 0",8 ma il cielo è spesso piacevolmente scuro, cosicché ci si ritrova sovente con una appariscente ed anzi impressionante Via Lattea, molto dettagliata, appesa sopra la testa. Il cielo è così limpido che in estate, scendendo giù a sud fino a circa Declinazione -35°, si può ottenere la suggestiva visione di una gran quantità di stelle della Via Lattea che passano lentamente, intermittenti, attraverso il profilo dei larici delle montagne di fronte, a pochi chilometri di distanza. Puntando più in alto verso lo zenit, certe porzioni della Via Lattea offrono una densità di stelle incredibile, estremamente elevata e quanto mai spettacolare. Da qui, la cosa più bella e rilassante è semplicemente osservare le meraviglie senza fine del cielo stellato, senza fretta e senza stress, lasciandosi cullare dalla sua lenta rotazione: ad esempio, la visione a 130 ingrandimenti dei dettagli intricati della nebulosa "Velo" nel Cigno, attraverso un oculare grandangolare ed un filtro UHC, lascia letteralmente senza fiato.
Dalla pianura, anche se il cielo diventa insostenibilmente luminoso a causa della presenza dell'illuminazione pubblica, a volte il seeing risulta migliore, e consente di osservare meglio le stelle doppie strette, nonché i dettagli più fini sulla superficie dei pianeti e della Luna. Però da qui, regno degli oggetti di Messier e degli oggetti deboli in genere - ammassi stellari sia aperti che globulari, nebulose e galassie - si è immersi nella natura, sotto cieli bui, puliti e ventilati.
Recentemente, nuove generazioni si stanno affacciando all'osservazione astronomica da qui.
Una descrizione tecnica più completa del telescopio e dell'osservatorio, corredata da molte illustrazioni, è stata ospitata sulla rivista di astronomia "Nuovo Orione", febbraio 1999. Una fotografia ed una succinta descrizione è stata anche pubblicata dalla rivista statunitense di astronomia "Sky & Telescope", febbraio 1999.
|