Pizzocorno
Pizzocorno è una frazione di Ponte Nizza e sorge su un
colle a m. 478 lungo la strada per l'abbazia di S. Alberto di
Butrio. La sua popolazione si aggira sulle trecento anime.
Prima di finire tra i beni allodiali di quel monastero,
in seguito a vari atti di devozione, il suo territorio rimase
a lungo infeudato ai Malaspina. Si dice che vi sorgessero non
uno, ma due castelli, per quanto manchino vestigia concrete.
Del fortilizio maggiore sono tuttora visibili alcune
fondamenta poco più su dell'abitato. Dell'altro si sarebbero
perdute le tracce. Secondo documenti ricordati dal Goggi, il principale fu venduto da Obizzo Malaspina, Marchese
di Oramala, nel 1158, al nobile tortonese Guglielmo Cachi,
abate di S. Alberto di Butrio. La somma pattuita e versata per
l'acquisto fu di 122 libbre d'argento di Pavia e sei soldi. Lo
stesso autore fa osservare che il venditore era analfabeta e
quindi incapace di firmare l'atto: ma che nelle stesse
condizioni si trovavano pure i nove testi intervenuti nella
stipula notarile: tra di essi v'era anche un Conte Gherardo di
Lavagna. Dal Cavagna Sangiuliani - che dedicò a S. Alberto di
Butrio uno dei volumi delle sue memorie storiche riguardanti
l'agro vogherese - si sa che Pizzocorno c'era un castello, con
villa e corte dei più ragguardevoli degli antichi Marchesi
Malaspina. L'abbazia esercitava il diretto dominio su
Pizzocorno, con mero e misto imperio, e prerogative
conseguenti (frodo, vassallaggio, giuramento di fedeltà,
ecc,). L'abate aveva anche il jus di presentare il parroco.
Con l'espresso consenso dei Malaspina, i quali avevano venduto
il castello al monastero, pur mantenendo sopra di esso
un'investitura imperiale, il titolare di S. Alberto divenne
nel sec. XII Conte di Pizzocorno. Il feudo locale si estendeva
fra le valli della Staffora e del Nizza, avendo per confini,
ad ovest Cecima ed il marchesato Malaspina di Godiasco: a nord, i luoghi di
Calcinara, Trebbiano ed il marchesato di Casarasco:
ad est, il marchesato di Oramala ed il feudo di Sagliano,
entrambi appartenenti ai Malaspina. Esso comprendeva
villaggi e molini, torri e boschi, in un coacervo di elevato
reddito. Le frequenti cessioni, devoluzioni e mutamenti
patrimoniali sono stati studiati, da par suo, dal Cavagna, ma
sarebbe troppo lungo seguire la trafila dei trapassi avvenuti.
Il castello, la villa e la corte di Pizzocorno furono poi
ceduti, con investitura del 13 giugno 1449, dall'abbazia di S.
Alberto al Conte Luigi Dal Verme, il quale cessò di vivere lo
stesso anno. Due anni dopo Francesco Sforza confermò con suo
diploma del 25 settembre alla famiglia Dal Verme tutte le
prerogative loro concesse in precedenza dai Visconti, ora
accentrate nelle mani di Pietro, figlio di Luigi. Per ragioni
non chiare, l'abbazia ed i suoi beni di Pizzocorno subirono
varie traversie, massime quando fu nominato abate il
tredicenne Don Mario Sforza, dei Conti di S. Fiora 1545.
Dopo un altro periodo imprecisabile essi furono incamerati dal
fisco ducale milanese e concessi agli Eustachi di Piacenza, in
persona di Zenone, nel 1486, da parte di Ludovico il Moro. Si
presume che le due rocche del paese, erette dai Malaspina in
epoca anteriore, siano state riattate dai Dal Verme durante il
non lungo periodo in cui dominarono la zona. Anche gli
Eustachi vi rimasero poco, cosicché terre e castelli
tornarono in possesso dei Malaspina, in persona di Manfredo, i
cui discendenti li tennero poi fino ai tempi di Napoleone
Bonaparte. Le vestigia del castello sorgono sul progetto detto
dell'acquedotto e sono raggiungibili per sentiero che si
stacca a sinistra delle ultime case della frazione, verso S.
Alberto. Il sentiero è lastricato e viene chiamato "strada romana", forse
perché risale al tempo della
colonizzazione romana. Superato un modesto dislivello si
perviene ad una radura dove si notano tratti di muri alquanto
sconnessi e le fondamenta di una presunta torre a base
circolare, mozza a fior di terra. Secondo la tradizione locale
si tratterebbe dei resti di un trabocchetto del castello. A
ridosso del muro principale, dove si notano anche masselli in
pietra abbastanza squadrati, è stato costruito l'edificio di
testa dell'acquedotto. Impossibile configurare il perimetro e
l'estensione del fortilizio: esso dovette adempiere a funzioni
ragguardevoli, se si considera l'ubicazione e le possibilità
strategiche offerte dal colle, che domina la Valle del Nizza e
dispone di qualche sorgente d'acqua, la quota è di metri 565
sul mare.
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