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LA PEDOFILIA E IL PARTITO DEGLI ABUSANTI di Claudio Foti
La notizia dell’inchiesta della Procura della Repubblica di Torre Annunziata a carico di ben 831 consumatori via Internet di pornografia infantile, la scoperta di un holding internazionale specializzata nella produzione e vendita on line delle immagini e dei filmini a luci rosse, le indagini, che in alcune regioni italiane finalmente prendono in considerazione l’ipotesi che anche nel nostro paese esista un traffico rilevante di materiale pedopornografico, di cui protagonisti e vittime sono bambini, hanno riproposto una nuova attenzione dei media e dell’opinione pubblica al fenomeno della pedofilia. Si ripropongono vecchi e nuovi interrogativi. Chi sono i pedofili? E’ possibile che siano così numerosi e così impuniti? Di loro se ne parla troppo o troppo poco? Come si contrastano? E che cos’è la pedofilia? Un nuovo allarme sociale che incombe sui nostri bambini? O un incubo proiettivo di una comunità adulta che costruisce mostri per presentarsi bella e buona nei confronti dell’infanzia? E’ un fenomeno in espansione, prodotto da una società in crisi di valori e da modelli di comportamento sessuali fondati sulla frenetica ricerca di piacere individualistico? O un fenomeno, vecchio come il mondo, che oggi comincia finalmente ad essere denunciato? Non è facile affrontare e chiarire la complessità del problema e delle questioni che sono in gioco. Innanzitutto chiariamo il concetto.
IDENTIKIT DEL PEDOFILO
Per pedofilia si intende in senso stretto un’attrazione sessuale di un adulto per bambini prepuberi dell’uno e dell’altro sesso. L’adulto pedofilo non si sente attratto dalla donna adulta, che lo fa sentire impotente. E’ stimolato invece da partner sessuali che gli garantiscono una posizione di superiorità, di dominio psicologico. La libertà e l’autonomia del partner in quanto persona disturbano il pedofilo, che ha bisogno con le armi della seduzione, dell’inganno, della minaccia di pervenire ad un pieno controllo del suo piccolo partner. Il desiderio pedofilo si accende a partire da una sproporzione di maturazione fisica e/o psicologica tra il corpo adulto e quello del bambino o del preadolescente, a partire da un gap generazionale, a partire da un divario di potere e di esperienza che rassicura ed eccita. Occorre precisare che esiste nello sviluppo di un bambino e di una bambino una forbice tra la crescita fisica e sessuale e la crescita psicologica e mentale. Quando un minore ha completato o sta completando il proprio sviluppo sessuale dal punto di vista fisiologico con il conseguente passaggio alla pubertà non per questo egli ha raggiunto la capacità di autodeterminazione sufficiente per affrontare una rapporto sessuale con una persona adulta, per lo meno nel nostro contesto storico culturale dove gli adolescenti, e soprattutto i pre-adolescenti anche se puberi, sono tenuti decisamente lontani da ruoli sociali maturativi. Vittime dei pedofili sono dunque non solo i bambini, ma anche i minori già entrati nella pubertà ma che non hanno ancora raggiunto la maturità necessaria per dare il loro pieno consenso all’atto sessuale con un adulto e per far fronte al dislivello di potere che accompagna una tale relazione. Ovviamente ci sono tante espressioni della pedofilia. Ci sono i pedofili gentili, che sanno usare l’affettività, il gioco, l’attenzione, la seduzione e quelli sadici che godono vedendo sul volto del bambino la sofferenza procurata con la tortura. Ci sono i pedofili che si limitano alla pornografia e quelli che hanno relazioni sessuali con minori. Ci sono quelli che, per procurarsi contatti, ricorrono al mezzo telematico e ci sono quelli che puntano su approcci tradizionali, basati su strategie ben studiate di seduzione e conquista del bambino. I pedofili tendono ad essere percepiti e rappresentati sia dalla comunità che da loro stessi in forme deformanti e distorte. Vediamo dunque che cosa il pedofilo non è: non è un mostro, anche se fa cose mostruose. Non è un mostro, anche se aggredisce la speranza, la fiducia, la capacità di amare di un bambino, anche se gli sporca l’anima, più ancora del corpo. Non è un mostro, ma un soggetto che proviene da relazioni infantili e adolescenziali, attraversate da umiliazioni, atteggiamenti strumentali e spesso da abusi sessuali o di vario genere. In secondo luogo il pedofilo non è un soggetto altro da noi, dal comportamento strano, con la faccia da squilibrato. Frequenta i nostri ambienti. Ha un viso familiare. E’ il vicino di casa, l’amico di famiglia, il professionista, l’educatore, l’allenatore sportivo, che sa conquistarsi la fiducia della famiglia e sa individuare il bambino da sedurre e da manipolare, magari scegliendolo fra i bambini più isolati e che comunicano di meno con i propri genitori. In terzo luogo non è individuo che vuole il bene dei bambini o la loro libertà sessuale, come follemente affermano le numerosissime associazioni dei pedofili, presenti soprattutto negli Stati Uniti e in Europa. Il pedofilo ha invece bisogno di strumentalizzare i bambini in quanto soggetti più deboli, ha bisogno di usarli come strumenti di piacere e di gettarli via quando non servono più. Non riesce assolutamente a tenerli a mente come persone.
LA PERVERSIONE CI RIGUARDA DA VICINO
La pedofilia, come manifestazione specifica della perversione e della strumentalizzazione sessuale dei bambini è dunque un pericolo reale che è stato per tanto tempo sottovalutato. Contemporaneamente, come costruzione sociale, come rappresentazione ideologica e mediatica, la pedofilia rischia all’opposto di essere amplificata. Si parla del Pedofilo come individuo lontano ed abnorme, per non parlare della normalità della perversione che ci circonda. Il Pedofilo può diventare la personificazione di una tendenza adulta, diffusa e difforme ad usare il bambino per il proprio piacere, di un bisogno perverso che appartiene alla comunità adulta (soprattutto a quella maschile) di appropriarsi a fini erotici del corpo più fresco e più tenero degli individui più piccoli e più giovani. Il Pedofilo diventa l’incarnazione di un Male che è più vicino e più presente di quanto vorremmo, di un problema che ci passa accanto e dentro la mente di tutti gli adulti, di una tendenza alla perversione che esiste nella mente umana. La perversione ci riguarda da vicino. Tutti. Uomini e donne. Ci passa accanto e ci passa dentro. Questa tentazione è di tutti, anche se non tutti perdono la capacità sana di riconoscimento dell’altro, come invece succede ai perversi, anche se non tutti cadono nella tentazione, peraltro a portata di mano, di trasformare la persona del bambino in strumento per puntellare l’adulto. La perversione è una modalità per assumere una posizione di controllo onnipotente su un’altra persona, per negare la propria debolezza e la propria bisognosità. La perversione in quanto tale non riguarda necessariamente il sesso. Secondo Estela Welldon[1] la perversione femminile più che attraverso la sessualità, passa attraverso la maternità e attraverso le pervasive strategie di manipolazione del figlio. La sessualizzazione perversa è invece una modalità specifica, prevalentemente maschile, di realizzare la perversione. Ci riguarda anch’essa tutti da vicino. Benché, per fortuna, non tutti agiscono la fantasia di erotizzare la relazione con il minore, questa fantasia è universalmente diffusa. La sessualizzazione perversa è una tendenza a trasformare la persona in cosa, inseguendo l’eccitazione e il godimento sessuale per riempire la solitudine, la mancanza, la sofferenza mentale, senza tener assolutamente in considerazione se il partner sessuale sia in grado o meno di gestire il rapporto, se il rapporto sessuale avrà conseguenze positive o distruttive per l’oggetto sessuale.
NON SOLO PEDOFILI!
La tendenza ad usare il potenziale d’eccitazione del corpo del bambino, del preadolescente o dell’adolescente, senza curarsi del fatto che in quel corpo abita una persona, coinvolge sicuramente un numero di individui di gran lunga superiore a quello dei pedofili, intesi in senso specifico come soggetti che hanno una ben precisa preferenza sessuale che li porta a tenersi lontano dalla donna e dell’uomo adulto, per privilegiare come oggetto erotico un soggetto non sviluppato. Mancano ovviamente studi quantitativi rigorosi ed attendibili di un fenomeno che tende a risultare assolutamente rimosso e a sottrarsi a qualsiasi adeguata rappresentazione sociale e scientifica. L’abuso sessuale ai danni dell’infanzia come fenomeno articolato ed esteso potrebbe riguardare un numero di soggetti adulti almeno venti o trenta volte superiore a quello dei cosiddetti pedofili. In questa componente più ampia di soggetti abusanti, ci stanno persone che hanno rapporti con donne adulte e nel contempo sono capaci, episodicamente o periodicamente, di trasformare in vari modi, in giocattolo erotico la persona o la personcina di un soggetto in età evolutiva. In questa componente ci stanno i genitori, i fratelli, gli zii, i nonni incestuosi, ci stanno gli individui che programmano o decidono improvvisamente di trasformare un viaggio in paese del terzo mondo in un’avventura sessuale, ci stanno gli uomini che ricorrono alla prostituzione e non esitano a ricercare e a comprare le prestazioni sessuali di ragazzine che mostrano, spesso chiaramente e nettamente, di essere minorenni. Non si tratta complessivamente di un gruppo isolato o marginale di individui, si tratta di una massa di adulti maschi, quantificabile almeno nell’ordine delle centinaia di migliaia di individui. Se questa massa esprimesse un partito politico, a cui dare il voto alle elezioni, potrebbe esprimere un drappello di parlamentari! Che gli abusanti non siano pochi individui lo si può dedurre dalle ricerche USA che convergono nell’individuare una popolazione femminile pari al 15% e maschile pari al 6% che avrebbe avuto esperienza di abuso prima della maggiore età. Anche dalle ricerche italiane risulta che il 10% della popolazione femminile e il 5,9% di quella maschile avrebbe subito forme di vittimizzazione prima dei 18 anni (la differenza potrebbe essere spiegata dal fatto che le ricerche Usa comprendono nell’abuso anche le interazioni sessualizzate adulto-minore senza contatto fisico, non comprese invece nelle ricerche italiane)[2].
IL PARTITO DELL’ABUSO
Il partito degli abusanti sessuali dei bambini è composto da una folla di individui per lo più perbene, cittadini insospettabili spesso con una visione della donna carica di svalutazione e disprezzo, individui capaci di mostrare un’immagine sociale e familiare talvolta addirittura irreprensibile, pronti in via abituale o eccezionale a concedersi il piacere di eccitarsi e di godere con una baby (in senso letterale o quasi letterale), pronti ovviamente ad autogiustificarsi ed autoassolversi con le più varie argomentazioni: “è mia figlia e ne posso fare quel che voglio”, “a lei piace, è lei che mi cerca”, “in fondo le insegno a fare del sesso”, “sono bambini poveri si li pago per un po’ di sesso, almeno non muoiono di fame”, “una puttana è una puttana e questo è il suo lavoro”, ecc… Gli adulti che ricorrono a rapporti sessuali di tipo incestuoso sono una schiera di padri di famiglia o di parenti insospettabili che nella privacy delle pareti domestiche abusano di figlie, sorelle e nipoti approfittando dell’isolamento e scarsa protezione di queste bambine e ragazze, ricattandole, minacciandole, avvolgendole con la mescolanza confusiva di affettività e pulsione, di seduzione e dominio. I clienti che in Italia o nei viaggi all’estero diventano clienti di minorenni, ridotti in schiavitù da organizzazioni mafiose che li costringono a prostituirsi, possono essere ottimi cittadini e lavoratori. Brava gente. Perversi magari senza consapevolezza, ma non senza colpa. La colpa è quella di alimentare il racket e di diventare complici della riduzione in schiavitù di tanti essere umani che non hanno mai vissuto la possibilità e la dignità di autodeterminarsi. In altri termini per ogni pedofilo, in senso stretto, ci sono almeno venti o trenta adulti, che hanno rapporti sessuali con donne adulte e nel contempo sono ben disponibili ad un uso occasionale o continuativo del corpo sessuato dei minori. A queste persone potrebbe paradossalmente far piacere l’enfatizzazione periodica e drammatizzante del fenomeno della Pedofilia, per continuare ad agire nell’ombra i propri comportamenti sessuali di adulti pronti a farsi i bambini o le bambine, i preadolescenti e gli adolescenti, magari alternando questi comportamenti con quelli coniugali. L’attenzione mediatica alla Pedofilia rischia di far pensare ad un fenomeno che colpisce i bambini al di fuori dell’ambito familiare. In realtà è proprio all’interno delle pareti domestiche, all’interno della famiglia che si consumano più frequentemente i crimini sessuali ai danni dei bambini. Una ricerca molto seria [3] ha dimostrato che su 50 abusi uno soltanto è compiuto da una persona del tutto sconosciuta al bambino. Gli autori delle violenze sono per lo più genitori, fratelli, parenti, amici di famiglia, educatori, allenatori sportivi o, comunque, figure familiari al bambino. I crimini sessuali intrafamiliari ai danni dei bambini non sono soltanto i più diffusi, sono anche i più dannosi e i più impuniti. Sono i più dannosi, perché la violenza ai danni di un bambino è tanto più distruttiva quanto più proviene da una persona cara. Sono i più impuniti, perché le violenze in famiglia sono coperte facilmente dal segreto, dal silenzio e dal ricatto affettivo. Si sente dire spesso: “Non prendete le caramelle dagli sconosciuti!”. Bisognerebbe dire ai bambini: “Non accettate le caramelle dai conosciuti, se queste caramelle t’impongono sesso o strumentalizzazione!”
COMPLICITA’ E RESPONSABILITA’
Il partito degli abusanti sessuali è molto forte e radicato nella comunità sociale. Tende a difendersi, nascondendosi dietro il perbenismo e attraverso le scissioni di personalità. Per sopravvivere è pronto addirittura ad usare la stessa indignazione sociale contro la Pedofilia. Per certi versi è potenziato da alcuni motori della società contemporanea: l’isolamento dei nuclei familiari e il loro crescente distanziamento da forme di controllo sociale, il relativismo e il permissivismo etico emerso con la crisi della morale sessuale tradizionale (“Con mia figlia? Con un bambino? E perché no?”), la crescita del benessere economico e l’estensione della ricerca del piacere nel tempo libero, la rete telematica con le possibilità di commercializzazione dell’erotismo, le tendenze della moda e della pubblicità che portano ad adultizzare e ad erotizzare il bambino…
D’altra parte l’abuso ai minori, se si compie una considerazione storico-culturale di lungo periodo, va visto come un fenomeno antico ed universale, espressione delle componenti perverse della mente umana, un fenomeno che solo negli ultimi decenni comincia ad uscire dal silenzio che lo avvolgeva e dalle evocazioni sublimate della fiaba, da sempre popolata di orchi e di streghe che si appropriano di bambini e bambine. Il partito degli abusanti sessuali dispone di inconfessate simpatie nell’immaginario erotico maschile, dove compaiono ampiamente la ricerca sessuale della carne fresca e la conquista spregiudicata dell’oggetto sessuale, senza tener conto della sua immaturità e fragilità, o meglio tenendone conto al solo fine di realizzare con efficacia la propria dominanza sessuale. Sul piano pratico, sgonfiato rapidamente il clamore massmediologico sulla Pedofilia, transitata l’opinione pubblica dalla Grande Indignazione al Grande Silenzio sul tema [4], pedofili gentili e sadici, consumatori della pornografia su Internet, genitori incestuosi, clienti di prostitute e prostituti minorenni sul piano nazionale ed internazionale - soprattutto se appartengono a ceti economicamente garantiti e capaci di negoziazione sociale e politica - tornano tranquillamente a disporre di solidarietà diffuse e di validi alleati: avvocati pronti a dimostrare che l’abuso non può essere provato, psicologi pronti a sostenere che l’abuso è una fantasia inconscia delle bambine, giudici pronti a concludere che un padre di famiglia così perbene non può essere incriminato, insegnanti, educatori e pediatri che rifiutano di segnalare indicatori evidenti di abuso sessuale, intellettuali pronti a teorizzare che la pedofilia, se è gentile ed altruistica, va depenalizzata, politici pronti ad affermare che i clienti delle prostitute non si toccano, tour operator che colludono con la promozione di avventure turistico-sessuali, ecc… Il partito degli abusanti produce cultura: non solo la cultura della perversione, non solo la letteratura o la pubblicistica pedofila, ma anche e soprattutto la perversione della cultura, fondata sui meccanismi difensivi di negazione, distacco emotivo e razionalizzazione nei confronti della sofferenza delle piccole vittime[5]. In diffuse correnti radicali, in molte teorie psicologiche, educative e sociali di tipo adultocentrico, che vanno per la maggiora, in una diffusa cultura giuridica garantista per gli adulti e non per i bambini, il partito degli abusanti trova sostegni preziosi.
Ancor oggi in moltissimi casi nei tribunali italiani le piccole vittime di abuso e coloro che le prendono sul serio si trovano di fronte ad atteggiamenti istituzionali e culturali nei fatti collusivi con la perversione e con l’abuso. Tutti dunque sono capaci a dichiararsi contro la pedofilia, molto più difficile è impegnarsi concretamente per garantire una risposta di riparazione e di giustizia alle piccole vittime di abuso o per segnalare, individuare e perseguire le organizzazioni criminali che lucrano sullo sfruttamento sessuale dei minori. Ma per quanto potente, socialmente e mentalmente diffuso, per quanto garantisca ancora l’impunità a tantissimi suoi componenti, il partito degli abusanti sessuali oggi non è più incontrastato. “La storia dell’infanzia, ha scritto Ida Magli, è stata in Europa una storia tremenda di sopraffazione, di sofferenza, di sfruttamento, di violenza di tutti i genere: quella sessuale ne faceva parte normalmente, così come ha sempre fatto parte della storia di tutti gli oppressi, delle donne e degli schiavi.” Oggi non è più così. E lo sarà sempre di meno nella misura in cui si svilupperà una cultura della denuncia e della consapevolezza del problema, il cui motorino d’avviamento è ormai acceso. Nella misura in cui si diffonderà una cultura dell’ascolto del bambino e una cultura della responsabilità tra gli adulti, in tutti i ruoli sociali ed istituzionali. Sarà il lavoro del prossimo millennio!
[1] cfr. E. Welldon, Madre, madonna, prostituta, Centro Scientifico Torinese, Torino, 1995.
[2] cfr. M. Malacrea, “L’intervento psicologico nell’abuso sessuale all’infanzia”, in R. Luberti, D. Bianchi, “E poi disse che avevo sognato…”, Edizione della pace, Firenze, 1997.
[3] A.M.De Jong, A.A.Hervada, G.A.Hemmett, “Epidemiological variations in childhhood sexual abuse”, Child abuse and neglect, 7. [4] cfr. U. Galimberti, “Il pericolo del silenzio” in la Repubblica, 30 settembre 2000 pp. 1-15. [5] Cfr. C. Roccia, C. Foti, L’abuso sessuale sui minori, Unicopli, 1994.
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