vai alla pagina iniziale | vai a pubblicazioni | vai a interventi ed articoli |
LABORATORIO PER GENITORI
“ASCOLTARE CON INTELLIGENZA EMOTIVA LE PAURE DEI BAMBINI E DEGLI ADOLESCENTI” di Barbara Martino
- Livorno - Settembre-Ottobre 2002
“Nella notte scura, scura i bambini han paura. Han paura dei rumori e i fantasmi saltan fuori. Vengon fuori mummie, scheletri e dottori; ladri, topi e pipistrelli che s’infilan nei capelli. Per fortuna c’è la mamma che ti dice “Fai la nanna, sto con te nella notte scura non avere più paura”. Wanda Genero “Il bambino e le sue paure”
Quest’attività di laboratorio come gruppo esperienziale di genitori ha fatto parte di un progetto più ampio “Adolescenti, genitori mestieri difficili” e si è trattato di un’iniziativa che ha riguardato nello specifico il tema delle paure: ascoltare le paure dei genitori per capire meglio quelle dei propri figli. Il progetto è nato dalle richieste di genitori della scuola media “Borsi” del Comune di Livorno e ha rappresentato il naturale proseguimento di colloqui iniziati l’anno precedente fra insegnanti e famiglie su quest’argomento così complesso. Il laboratorio è stato caratterizzato da cinque incontri della durata di due ore mezza ciascuno con cadenza settimanale rivolto ad un gruppo di genitori (18 adulti totali). L’obiettivo specifico del corso è stato quello di sviluppare e stimolare fra i partecipanti del gruppo la matrice teorica dello psicologo americano Daniel Goleman: i principi dell’intelligenza emotiva. Per intelligenza emotiva s’intende la capacità di noi adulti di riconoscere e mettere in parola le emozioni momento per momento in cui si provano nella relazione con i figli, la capacità di saper controllare i propri sentimenti senza reprimerli e senza neppure farsene travolgere e la capacità di saper percepire le emozioni degli altri, riuscendo ad essere sensibili ed empatici; in sintesi la capacità di saper leggere, identificare e nominare il proprio mondo emotivo. Il lavoro è stato un tentativo per offrire ai genitori dei nuovi strumenti relazionali ed emotivi per cercare di gestire, controllare ed indirizzare con efficacia le proprie emozioni cercando proprio di favorire la presa di contatto con le attuali paure d’adulti e con le antiche paure dell’infanzia come canale comunicativo privilegiato per riuscire ad affrontare i timori dei propri figli adolescenti. Il lavoro del laboratorio è stato animato da esperienze realmente vissute dai genitori ed è stato orientato verso una maggiore consapevolezza delle paure di adulti per poterli aiutare a capire maggiormente il mondo interiore dei propri figli. Le richieste implicite e, spesso, anche esplicite che mi hanno rivolto questo gruppo di genitori sono state quelle di essere ascoltati nelle loro difficoltà di relazione e comunicazione con i figli, di essere capiti nell’espressione delle loro paure senza il timore di essere giudicati e di essere aiutati ad accettare con maggior coraggio le proprie paure considerandole sentimenti sani e “normali” che ci fanno sentire “esseri umani veri ed autentici”. La metodologia formativa utilizzata durante il laboratorio e sempre oggetto di riflessioni da oltre dieci anni da parte del Centro Studi Hansel e Gretel, rinvia a quattro parole chiave fondamentali: soggettività, piccolo gruppo, gioco psicologico ed esperienza. Soggettività: come la capacità di un soggetto adulto, impegnato in un ruolo famigliare o sociale a contatto con bambini o adolescenti, di ascoltare, definire ed esprimere le proprie esigenze, compreso il bisogno di essere sostenuto ed aiutato ad affrontare le proprie impegnative responsabilità a contatto con i figli. La soggettività comprende gli aspetti professionali, umani, cognitivi, affettivi del genitore e il metodo valorizza proprio la soggettività del destinatario della formazione, favorendo sia la sua partecipazione cognitiva sia quella emotiva. Piccolo gruppo: il piccolo gruppo, dotato di stabilità e di continuità è la situazione ottimale in cui svolgere l’intervento formativo, perché favorisce fra i partecipanti condizioni di conoscibilità reciproca e di rassicurazione, indispensabili per uscire dall’ansia, dalla diffidenza facendo emergere problemi reali. Nel gruppo non si è partiti dalla teoria anche se ad essa si può e si deve pervenire: il ruolo del formatore non è stato quello di imporre un suo sapere predefinito, didattico ma quello di cercare di facilitare la costruzione di un buon clima utile alla comunicazione, alla riflessione e all’apprendimento a partire dalle esperienze riportate.. Il gioco: l’esperienza del gioco attiva la soggettività nelle sue componenti sia razionali sia irrazionali. Il formatore propone giochi finalizzati a far vivere situazioni capaci in qualche modo di presentificare l’esperienza genitoriale e relazionale a contatto con i bambini e adolescenti, un’esperienza che può essere successivamente elaborata sia sul piano emotivo e sia riflessivo. Esperienza: il gioco rinvia all’esperienza problematica che si vuole elaborare, la rappresenta, la rievoca e nello stesso tempo propone un’esperienza nuova, “altra” rispetto a quella che si è già verificata, al fine di rivedere e rielaborare i problemi e le difficoltà dell’esperienza quotidiana all’interno di un gruppo partecipe che agisce da contenitore emotivo. Mi rendo perfettamente conto che per il mondo degli adulti un discorso attorno alle emozioni possa essere molto difficile. Questo perché un po’ per cultura e un po’ per educazione ricevuta l’adulto è stato abituato a mettere da parte il suo universo emotivo preferendo invece formulare razionalizzazioni, fornire spiegazioni, produrre verbalizzazioni che spesso lo rassicurano maggiormente ma che sono scarsamente pregnanti sul piano relazionale. Durante il laboratorio ho cercato di invitare il gruppo a sperimentare un costante allenamento emotivo che i partecipanti hanno vissuto in maniera faticosa ma allo stesso tempo energizzante perché per loro ha significato fare esattamente tutto il contrario di quello che avevano appreso fino ad ora cioè dare ascolto alle proprie emozioni, avvicinarsi al loro mondo emotivo forse da tempo dimenticato e tale allenamento alla sensibilità emotiva alla fine del viaggio è risultato vincente per ascoltare empaticamente il bambino o l’adolescente impaurito che ci si potrebbe trovare di fronte. Lungo il nostro viaggio abbiamo sperimentato in modo attivo che tra le paure dei bambini e quelle degli adulti esiste un rapporto molto stretto: nelle paure dei nostri figli possiamo riscoprire le nostre, oppure ritrovare in noi il bambino impaurito che siamo stati. Come afferma lo psicologo americano Stern è indispensabile che ci sia una sintonizzazione affettiva fra mamma e bambino, cioè che ci sia una speciale condivisione empatica dello stato emotivo del bambino; “la mamma deve sentire la paura che suo figlio sta provando”, deve stare con lui nell’emozione di paura, deve navigare insieme con lui nella paura e cercare sempre di mettersi nei panni di chi sta attraversando questo tipo di esperienza. Ho cercato con insistenza di trasmettere ai partecipanti del gruppo il messaggio forte che tutte le emozioni che noi proviamo dalla paura, alla tristezza, al dolore, alla rabbia, alla gioia sono tutti dei segnali relazionali che lanciamo all’altro: io provo paura perché voglio comunicare a qualcuno questo mio sentimento, perché desidero esprimere a qualcuno questa mia emozione, perché chiedo a qualcuno che mi aiuti a sciogliere questo mio stato emotivo interno. Se non trovo qualcuno che mi accoglie e scioglie il mio sentimento di paura continuerò a viverlo, a riproporlo a qualcun altro in attesa di una risposta accogliente di tipo emotivo. Durante il laboratorio i genitori hanno assunto la consapevolezza che è indispensabile ascoltare le proprie paure infantili per capire veramente quelle dei propri bambini e riuscire a metterle in parola visto che il bambino le prova, le sente ma non sa attribuirle un nome. iamn con il nziatra infanzia, q Un genitore efficace se così si può definire, dovrebbe aiutare il bambino a prendere coscienza che è lui stesso a crearsi le sue paure, che è lui che ha il potere di dare vita a tali mostri e se il bambino raggiunge tale coscienza arriverà a un’altra consapevolezza ancora più importante quella della sua possibilità di poterli controllare, governare e cacciare via Un giorno un bambino di nome Filippo di otto anni mi disse “Ho capito che sono io che mi invento i mostri e quindi se voglio posso anche cacciarli via”, il bambino comincia a comprendere che senza di lui la paura non esisterebbe e quindi è lui che può fare cessare la paura. Una mamma del gruppo ha portato come esemplificazione la paura del buio di suo figlio Luca di sette anni e ha raccontato che la sera prima di andare a dormire suo figlio è terrorizzato dalla paura di vedere “l’uomo nero”, questa paura gli impedisce di prendere sonno e tutte le spiegazioni della mamma non hanno avuto alcun effetto rassicurante su di lui. Luca quando dice di vedere l’uomo nero dietro le tende o sotto il suo lettino lui lo vede veramente ed è assolutamente inutile dirgli che non esiste l’uomo nero; a lui non interessano le nostre spiegazioni razionali, le nostre ridicolizzazioni o le nostre sdrammatizzazioni del tipo: “Ma dai che non esiste l’uomo nero, sei grande su non c’è niente non essere ridicolo” a lui interessa solo che noi in quel momento condividiamo la sua emozione di paura: “Ma caspita hai proprio tanta paura di questo uomo nero, ma lo vedi proprio… ma dov’è… ma com’è questo uomo nero… ma caspita sei proprio tanto spaventato anch’io sai se vedessi una cosa così avrei proprio tanta paura… adesso vieni qui vicino a me che ti faccio un po’ di coccole e mi aiuti a capire cosa c’è che ti spaventa”… in questo modo il bambino sente di aver condiviso con un’altra mente la sua paura, sente proprio di averla divisa con qualcuno e si sente finalmente capito. Il genitore che mantiene le distanze dalla paura del suo bambino non è con lui dentro la situazione, non sta attraversando insieme a lui l’esperienza di cui ha paura; mentre il genitore che entra in rapporto con il proprio mondo emotivo infantile comunica al figlio di comprendere fino in fondo la sua paura, comunica di riconoscere come vera e reale il suo stato d’animo dando la sensazione di potersi fidare di quel genitore, di poter esprimere liberamente a quell’adulto di riferimento ciò di cui ha paura attenuando così il suo sentimento di solitudine. Non sempre è possibile ricordare esperienze infantili simili a quelle che vive nostro figlio in quanto spesso abbiamo perso la capacità di prendere contatto con il bambino dentro di noi oppure perché realmente nella nostra infanzia non si sono verificate situazioni analoghe. Quando i ricordi personali non ci vengono in aiuto, dobbiamo provare un altro metodo: domandarci che cosa farebbe reagire noi nello stesso modo di nostro figlio, indipendentemente dalla situazione ambientale che potrebbe anche essere molto diversa. E’ importante chiedersi allora “Cosa provo io in questo momento nei confronti di mio figlio?”, “Che cosa mi indurrebbe a comportarmi come sta facendo mio figlio?” e ancora “Se mi comportassi così, che cosa allevierebbe la mia paura?” se riuscissimo in tutta onestà a rispondere a queste domande tra loro collegate ecco che incominceremo ad accettare e conoscere veramente le paure di nostro figlio e sapremo anche trovare la strategia adeguata per affrontarle. Al primo incontro del laboratorio ho proposto un gioco emotivo di riscaldamento per facilitare la conoscenza reciproca all’interno del gruppo e ho domandato ai partecipanti di esprimere un vissuto emotivo relativo al viaggio che s’iniziava a percorrere insieme, un’aspettativa e una domanda non retorica, non intellettualistica che si sentivano di comunicare rispetto al lavoro che si stava intraprendendo. Le domande più significative che sono emerse fra i partecipanti del gruppo sono state: “Come faccio a capire le paure dei miei figli?” (vissuto emotivo espresso: agitazione per il corso) “Come fare a diventare genitori più equilibrati?” (ansia) “Come faccio con mia figlia di 13 anni che ha paura del mondo esterno?” (impotenza) “Mio figlio ha paura dei marocchini cosa posso fare?” (inadeguatezza) “Come posso ascoltare meglio le paure di mia figlia?” (agitazione) “Come posso rapportarmi in modo giusto con tre figli d’età diversa che esprimono paure diverse ed esigenze differenti? (disagio) “Vorrei capire meglio il mondo delle paure degli adolescenti” (ansia) “Quali sono le strategie per affrontare le paure degli adolescenti?” (imbarazzo)Fra le aspettative e i desideri emersi all’interno del gruppo i più interessanti sono stati: “Spero che attraverso questo corso io possa ampliare la mia conoscenza personale” “Spero di capire meglio me stessa per migliorare la relazione con mia figlia di 14 anni” “Arrivare alla fine del percorso con più strumenti per affrontare le paure dei miei figli” “Ampliare le mie conoscenze su questo tema specifico” Queste aspettative e questi desideri del gruppo che ho percepito come molto autentici mi hanno permesso di trasmettere ai partecipanti il messaggio che la paura è prima di tutto un sentimento, come la rabbia, l’ira, la gioia o il dolore che proviamo nella vita di tutti i giorni. Tutti noi abbiamo questi sentimenti, fanno parte della nostra vita e della natura umana; i vissuti emotivi sono assolutamente indiscutibili, sono legittimi, pieni di valori e nessuno si dovrebbe vergognare a provarli. Avere un po’ di paura è del tutto normale ed è necessario, soprattutto per i bambini poiché li aiuta a rispondere in modo corretto ai vari pericoli che potrebbero incontrare nella vita di tutti i giorni. La paura è dunque un sentimento sano ed importante perché ci informa della presenza di un pericolo, ci insegna ad affrontare l’ignoto, ci prepara ad agire e a fuggire rapidamente in situazioni di allarme. Il sentimento della paura è naturale, salvaguardia la sopravvivenza umana e contribuisce allo sviluppo umano, infatti, ogni volta che un bambino o noi stessi riusciamo a superare una nostra paura andiamo verso qualcosa di nuovo e di sconosciuto raggiungendo una crescita personale. Però prima di voler padroneggiare e controllare la paura è importante dunque riconoscerne la sua importanza: se non avessimo mai paura, mancherebbe davvero qualcosa di determinante nella nostra vita; Paola Binetti una famosa neuropsichiatra infantile che si occupa da anni di problematiche legate all’età evolutiva afferma: “Un bambino senza paure è un bambino che ha soffocato il proprio senso dell’avventura”. Una mamma del gruppo mi raccontò con tono preoccupato che suo figlio Andrea di sette anni non aveva mai manifestato segnali di disagio e non aveva mai avuto paura di niente … ma è impossibile è un suo diritto provare paura, un bambino che nega e soffoca ogni paura in realtà ha molta paura della sua stessa paura e preferisce non sentirla. Ma la sua paura prima o poi riaffiorerà, magari in forma diversa, ambigua più o meno mascherata o fuori luogo ma ritornerà a farsi sentire con forza. I bambini paurosi richiedono molto tempo e molta pazienza e forse imparano molto presto a reprimere le proprie paure, imparano a soffocarle, a viverle in silenzio probabilmente per fare star bene mamma e papà, per compiacere i genitori, per fargli piacere o per non inquietarli oltre misura. Tuttavia i bambini devono liberarsi dalle proprie paure, se non vogliamo che diventino persone adulte insicure e problematiche. Solo se i bambini avranno l’opportunità di parlare liberamente delle proprie paure, se avranno l’occasione di dialogare apertamente con i genitori dei propri timori potranno allora anche superarle attivamente con successo. E’ quindi importante trasmettere ai propri bambini la certezza che la paura fa parte della vita di tutti i giorni: che anche noi quando eravamo bambini abbiamo provato tanta paura e continuiamo ad averla anche adesso da adulti ma che può essere superata tranquillamente con serenità e coraggio. Durante il secondo incontro ho proposto al gruppo il gioco delle metafore: ho chiesto ad ogni partecipante di associare un’immagine spontanea ed immediata, una metafora sentita emotivamente al tema dell’ascolto delle proprie paure. PER ME ASCOLTARE LE PAURE E’COME AIUTARE SAZIARSI DI EMOZIONI... COME MANGIARE RICEVERE UN REGALO CONOSCERE VIVERE LE ESPERIENZE DI CHI PARLA ACQUA CHE SCORRE MANGIARE IN CONTINUAZIONE... MI SAZIA UN REGISTRATORE EMOTIVO PARTECIPARE COME LO VIVESSI IO RIVIVERE LE MIE EMOZIONI RESPIRARE VIVERE PER ME BAMBINO/ADOLESCENTE ESSERE ASCOLTATI NELLE PROPRIE PAURE ERA COME... AVERE SICUREZZA UN TUFFO IN UNA PISCINA VOLARE ROSA DIFFICILE E’ UNA COPERTA BLU (protettiva) E’ TOCCARE IL CIELO CON UN DITO UN SOLLIEVO PIACERE... ERA UN VERO PIACERE LIBERARMI DA UN PESO ARGINARE UN FIUME IN PIENA SICUREZZA
PER ME BAMBINO/ADOLESCENTE NON ESSERE ASCOLTATO NELLE MIE PAURE ERA COME... UN’ANGOSCIA UN URLO ESSERE PRIGIONIERA IN UNA GABBIA D’ORO NERO NON ESSERE CAPITO UNO SCHIAFFO E’ COME IL BUIO DELLA NOTTE E’ COME ESSERE SOLI SENZA UNA GUIDA E’ COME PORTARE UNA MONTAGNA SULLE SPALLE ESSERE SOLI IN UNA NOTTE NERA ESSERE SENZA UNA BUSSOLA SOLITUDINE
PER ME GENITORE, INSEGNANTE, ADULTO ASCOLTARE EL PAURE DI UN BAMBINO O DI UN ADOLESCENTE E’COME... UN DOVERE E’ COME FERMARE UN TRENO IN CORSA METTERSI IN DISCUSSIONE BERE UNA COCA-COLA FRIZZANTE NON RIUSCIRE A CAPIRE I BISOGNI DELL’ALTRO RIPROVARE INSIEME LE STESSE EMOZIONI UN’ACROBATA SU DI UN FILO SCINDERMI INSIEME A LUI (IL MASSIMO!) UN’OPPORTUNITA’ PER AIUTARLO TORNARE INDIETRO NEL TEMPO...
Giro di vissuti emotivi finale relativo all’attivazione emotiva proposta: “Qual è l’emozione piu’ intensa che hai sperimentato nel corso del gioco”; “Qual e’ la metafora che vi ha colpito maggiormente a livello emotivo?” Angoscia per il mio mancato ascolto legato alla mia infanzia Angoscia nel non sentirmi ascoltata e fatica ad ascoltare Dolore, perché ho vissuto tanti episodi di mancato ascolto Tristezza, perché mi riattiva ricordi dolorosi del mio passato Piacere, un piacere estetico nell’ascoltare la coralità delle metafore Risentimento, per la bambina che sono stata e per i miei genitori Rabbia, verso il mondo degli adulti che non sa ascoltare.... Fatica ad ascoltare.... e piacevolezza nel sentirsi ascoltati in modo vero ed autentico Da questo gioco emotivo e da queste comunicazioni molto autentiche abbiamo imparato tutti come sia molto complesso ascoltare le comunicazioni di paura e di disagio espresse dai bambini, è molto faticoso identificarsi con il bambino o con l’adolescente che esprime paura. Quando ci troviamo di fronte a un bambino o a un adolescente che manifesta le sue paure spesso noi preferiamo scappare via, fornire consolazioni, dare soluzioni, distrarre, formulare spiegazioni razionali. Abbiamo fretta di dare soluzioni, di fare, di AGIRE senza invece ACCOGLIERE emotivamente le paure comunicate, saltiamo la fase fondamentale della condivisione emotiva perché per noi sarebbe troppo doloroso avvicinarsi alla vera paura manifestata dall’altro perché spesso ci riattiva tutte le nostre paure e debolezze. E’ importante trovare il tempo per ascoltare, dobbiamo prenderci il tempo e lo spazio mentale per ascoltare e condividere l’emozione che il bambino ci trasmette, potrebbe essere anche solo un “Sento proprio che hai tanta paura, ti vedo che stai male”, basterebbe solo questo intervento per sciogliere la sua paura. Un bambino o un adolescente parleranno delle loro paure solo se troveranno di fronte un adulto che è disponibile ad ascoltare non solo con le orecchie ma soprattutto con il cuore. Il terzo incontro ho proposto al gruppo il gioco dei bigliettini anonimi chiedendo ai partecipanti di riflettere su tre consegne specifiche e di scrivere su di un foglio le loro comunicazioni: “Io da bambino/a non mi sono sentita ascoltata nelle mie paure da ..... quando.....” “Io adesso come genitore a casa non mi sento ascoltata da .... quando....” “Io non ascolto le paure di .. (nome).... quando...” I bigliettini più significativi che hanno colpito emotivamente maggiormente il gruppo sono stati: “Io da bambino/a non mi sono sentita ascoltata nelle mie paure da ..... quando.....”: “Da mia madre, perché quando è nato il mio fratellino lei lo prendeva sempre in braccio ed io dovevo accontentarmi della nonna... per tanti anni ho avuto paura di non essere amata da lei!” “L’adolescenza è stata per me un periodo molto difficile: più che non ascoltata direi evitata se toccavo l’argomento del sesso... perciò sono cresciuta con una forte paura verso i ragazzi.... quindi non ascoltata dai miei genitori riguardo a questo problema” “Non riesco a ricordare episodi di mancato ascolto delle mie paure... non capisco il perché?” “Io da bambina non sono stata ascoltata nelle mie paure da mia madre nel periodo della scuola elementare” “Io da adolescente non mi sono sentita ascoltata da mio padre quando è venuta a mancare mia madre.... avevo tanta paura di perdere anche lui!” “Non sono stata ascoltata da mio padre quando ho avuto dei problemi e delle paure per me importanti il primo anno di superiori”
“Io adesso come genitore a casa non mi sento ascoltata da .... quando....” “Da mio marito quando gli esprimo le mie paure e lui cerca di farmi vedere che razionalmente non c’è niente di cui io debba avere paura...” “Io adesso non mi sento capita e ascoltata dai miei figli e da mio marito sulle mie paure che sono tante: ho paura dei cani, dell’ascensore, del buio ecc........ “Da mia madre che non capisce i problemi e i bisogni di suo figlio ormai adulto!” “Io da adolescente non mi sono sentita ascoltata da mio padre quando è venuta a mancare mia madre.... avevo tanta paura di perdere anche lui!” “Io adulto non mi sento ascoltato da mio marito quando parlo dei miei problemi giornalieri o delle difficoltà famigliari” “Non mi sento ascoltata da mia figlia quando le do un consiglio da lei non condiviso”
“Io non ascolto le paure di .. (nome).... quando...” “Io non ascolto le paure di mia cognata quando si lagna e si lamenta di tutti i suoi problemi che poi sono simili ai miei, senza per altro poi cercare di risolverli... ad esempio al telefono continuo a dire dei sì di circostanza quando lei si lamenta del lavoro, dei figli, di come vanno a scuola” “Io non ascolto quando sono in famiglia... non sempre ho voglia di ascoltare mio marito e i miei figli... soprattutto il bambino di undici anni che è pieno di paure... le stesse paure che avevo io alla sua età e che vivo tuttora.... ad esempio la paura dei ladri in casa, la paura di stare da sola in casa, la paura di essere cieco ecc...” “Io non ascolto mia madre quando mi tratta da adolescente” “Io non ascolto le persone in generale quando cercano di darmi consigli e aspettarsi che io li segua o li metta subito in atto prima di pensare se siano giusti o sbagliati” “Io cerco di non ascoltare me stessa quando le paure del quotidiano si fanno pressanti!” Dal gioco dei bigliettini anonimi le riflessioni che sono emerse da un’analisi attenta del gruppo si sono focalizzate sulla fatica di noi adulti a ricordare un episodio infantile di mancato ascolto delle nostre paure per delle nostre difficoltà a prendere contatto con il nostro mondo emotivo Probabilmente se noi adulti riuscissimo a prendere contatto con il bambino o con l’adolescente che è dentro di noi e con le nostre antiche paure allora potremmo riconoscere e capire veramente le paure dei nostri figli. Abbiamo riflettuto anche sul tema che alcune paure sono apprese per imitazione dalle figure di riferimento significative per l’adolescente: molte madri, infatti, pur in modo inconsapevole, trasmettono le loro ansie ai figli. Essi allora incominceranno a temere i ladri, i temporali, l’aereo, il dentista, gli aghi allo stesso modo della madre e a imitazione del suo comportamento. E’ importante dunque non trasferire le nostre angosce sui nostri figli, non intimorirli oltre misura e soprattutto alle sue paure naturali e reali è opportuno non aggiungere anche le nostre preoccupazioni. Un’altra riflessione importante che è circolata all’interno del gruppo è stata quella di riconoscere e legittimare le nostre difficoltà soggettive ad ascoltare, i nostri limiti oggettivi di ascoltatore: spesso la stanchezza dopo una giornata intensa di lavoro, la fretta, le nostre preoccupazioni personali, i nostri pregiudizi, la scarsità di tempo, la presenza in se stessi di problemi, ci impediscono e ostacolano il vero ascolto. L’ascolto richiede tempo e molte energie mentali e spesso è importante essere consapevoli dei propri limiti legati all’ascolto, questo è un’operazione mentale fondamentale poiché riconoscerli può voler dire in qualche modo anche superarli. La paura dei bambini spesso non risiede tanto nell’intensità della situazione di pericolo quanto nel sentirsi solo ad affrontarla e questo pone la relazione con i propri genitori fondamentale per il superamento delle paure. La vera paura non sta tanto nell’intensità della situazione di pericolo che sperimenta il bambino, quanto nella consapevolezza che è lasciato solo a farvi fronte, perché magari la sua figura di riferimento in quel momento non è disponibile. I bambini, infatti, nel momento della paura non sono preoccupati tanto dall’oggetto in se stesso fonte di paura ma solo dalla vicinanza dei genitori, infatti, si domandano: dov’è mia madre, cosa sta facendo mio padre, posso correre da loro, possono venirmi in aiuto. La paura incomincia ad attenuarsi quando una delle persone di riferimento affianca il bambino, lo prende in braccio, gli prende la mano, gli racconta una fiaba o lo accompagna nel delicato passaggio dalla veglia al sonno. La via dunque per aiutare nostro figlio a superare uno stato d’ansia non è certo quella di minimizzare o peggio ancora, di deridere, banalizzare i suoi timori, ma quella di creargli intorno un’atmosfera di serenità e di sicurezza. Commenti da parte del mondo adulto che ridicolizzano le paure dei bambini del tipo “Non essere sciocco non devi avere assolutamente paura!” sono frasi che fanno stare molto male nostro figlio, che si sentirà solo giudicato, valutato negativamente senza la possibilità di essere compreso veramente nelle sue paure. Il genitore dovrebbe dimostrare molta sensibilità emotiva verso le paure dei bambini e una grande capacità di identificazione con le sue paure, dovrebbe riuscire ad accompagnarlo del difficile cammino della sua paura trasmettendogli dei messaggi di sostegno: “Sono qui, ti guardo e non ti lascio solo con la tua paura”. In realtà, la difficoltà ad ascoltare le paure dei nostri figli non deriva da una nostra colpa ma probabilmente perché nella nostra infanzia le nostre angosce e paure non sono state ascoltare veramente dai nostri genitori e proprio da questo mancato ascolto legato al nostro passato nascono tutte le nostre difficoltà a condividere emotivamente le paure dei nostri figli nel presente. Durante il quarto incontro ho proposto al gruppo di scrivere tre consegne emotivamente significative su di un foglio, invitando i partecipanti a riflettere e a completare gli stimoli che avevo dettato: “Io da bambino/a o da adolescente ho avuto paura quando....” “Io come adulto ho paura quando...” “Io non ho paura quando” (“provate a pensare a tutti i gesti e agli atteggiamenti di persone che vi fanno sentire veramente ascoltate nelle vostre paure... quali sono i comportamenti e gli atteggiamenti altrui che vi fanno sentire veramente ascoltate?”) “Io da bambino/a o da adolescente ho avuto paura quando....” Di notte mio padre sfondò le finestre della mia cameretta e con una pistola urlava che voleva uccidere tutti! A cinque anni è morta la mia mamma, essendo nata da lei, pensavo di morire con lei... Io da adolescente ho avuto paura di non essere all’altezza degli altri... con i compagni di scuola... quando ho intrapreso le scuole superiori che non erano adatte alle mie aspettative.... Da bambina vidi babbo che durante una litigata con mamma le mise le mani al collo... io urlavo... ed ho finito con il mordermi una mano...era l’unico mezzo che sono riuscita a trovare per richiamare la sua attenzione... Io da bambina ho avuto tanta paura quando mi mamma è stata molto male e pensavo che stesse per morire Io da bambina ho avuto tanta paura quando mi sono accorta di non essere più bambina… avevo paura di crescere Io da adolescente ho avuto paura quando sono rimasta con la macchina, senza benzina, al buio… Io da bambina ho avuto paura quando sono andata per la prima volta a scuola …. Quando ho visto i miei genitori che non si occupavano di me e mi sono sentita sola Ho avuto paura quando i miei fratelli si divertivano a raccontarmi che ero stato abbandonato dai miei genitori e che mi avevano trovato loro dentro una scatola · Io da bambina o adolescente ho avuto paura quando ho dovuto affrontare delle persone adulte che non mi ispiravano fiducia e con cui dovevo stare attenta a come mi comportavo. · io da bambina ho avuto paura quando non ero capita dai miei genitori. Perché mi facevano sentire una nullità e questo turbava molto il mio equilibrio. Io da adolescente ho avuto paura quando mio fratello ha iniziato ad andare via per mesi (per lavoro) e non condividevo più con lui la quotidianità. Non mi bastava il telefono o sentirlo avevo bisogno di vederlo “Io come adulto ho paura quando...” · Qualcuno a me caro si ammala... inizio a temere il peggio! · ....quando guardo i miei figli. Temo sempre che facciano delle cose sbagliate e che non abbiano il coraggio di affrontarle da soli. Vorrei essere il loro bastone della saggezza: ma non essendo possibile li guardo crescere e gli sto vicino” · Temo di perdere qualcuno.... · Ho molte paure legate a mia figlia, al mondo... per come vanno le cose, paure legate alla mancanza di valori che si è venuta a creare. · ...quando mi trovo di fronte ad una persona famigliare che soffre ed io non posso fare niente per aiutarlo · come adulto ho paura quando non riesco ad aiutare mia figlia in alcuni suoi problemi · io come adulto ho paura quando cammino in una strada solitaria e buia · io come adulto ho paura quando penso a qualcosa di brutto che potrebbe capitare a mio figlio · Io come adulto ho paura quando mia figlia maggiore esce la sera dopo cena. Perché ci sono degli elementi tra i giovani veramente particolari e poi ho paura degli incidenti stradali. · Io come adulto ho paura quando devo affrontare persone o situazioni nuove e non so come comportarmi · Io come adulta ho paura quando non riesco ad avere il controllo della situazione, non riesco in certi momenti a capire che è importante solo l’ascolto vorrei agire e sento che mi sfugge di mano la situazione!
“Io non ho paura quando” · Sono di fronte al mare · Sono stretta in un abbraccio · Io non ho paura quando la sera mi ritrovo abbracciata a mio marito. Nelle sue braccia mi sento sicura... protetta da tutto, perché so che in qualsiasi momento mi è vicino, pronto a sostenermi in caso di caduta! · Quando sono invitata a rilassarmi con una voce calda... magari con un massaggio dopo di che riesco a tirare fuori tutto abbassando ogni barriera · Io non ho paura anche se sono ormai adulta, mia madre mi guarda negli occhi e mi dice, come faceva quando ero bambina: non ti preoccupare... andrà tutto bene! E mi abbraccia. · Mio marito mi sa ascoltare senza giudicare. Mi sa capire quando è il momento di intervenire e io mi senta capita e ascoltata… questo mi da tanta sicurezza anche su altre persone. · .... quando qualcuno mi dà una bella pacca sulla spalla” · io non ho paura quando mi sento rassicurata da mio marito · io non ho paura quando sento l’appoggio dei miei famigliari e degli amici nell’affrontare varie difficoltà quindi quando ho la certezza che esiste una condivisione · io non ho paura quando difendo un mio diritto e ritengo di essere nel giusto · io non ho paura quando so che qualunque cosa io faccio, sia giusta sia sbagliata, non sono giudicata ma aiutata con affetto e comprensione · io non ho paura quando posso parlare di ciò che mi preoccupa con la mia amica Francesca: non mi offre delle soluzioni ma mi ascolta e mi parla a sua volta di sé Dall’elaborazione del gioco e dalla discussione all’interno del gruppo è emersa tutta la difficoltà e la fatica degli adulti ad ascoltare emotivamente le paure dei propri figli; è sembrato ancora più complesso ascoltare le paure degli adolescenti, paure che gli adolescenti vivono con grande intensità e forza in un momento della loro vita di intensa vulnerabilità emotiva. Infatti, durante l’intero ciclo del laboratorio abbiamo parlato dell’adolescenza usando una metafora: “L’adolescenza è una crisi fatta di 1000 crisi”, è un periodo di crisi per eccessi, di intensi squilibri sia dal punto di vista fisico sia da quello emotivo ma anche un momento evolutivo di grandi opportunità in cui all’adolescente si aprono nuovi orizzonti conoscitivi. L’adolescente va verso l’indipendenza, è proteso verso la propria autonomia sganciata dalle figure genitoriali e soprattutto è alla conquista della propria identità personale. L’adolescente abbandona l’identità certa di bambino e cammina verso la nuova identità di adulto, abbandona le certezze dell’essere bambino e va verso qualcosa di nuovo, di ancora sconosciuto. In questo periodo di intensa instabilità psicologica del giovane i genitori sono in crisi, spiazzati, disorientati dai cambiamenti fisici ed emotivi del proprio figlio, spaventati da questa nuova persona che si trovano di fronte e che non sanno più trattare come una volta. Nascono allora le paure dei genitori e i timori più frequenti che ho incontrato in questo gruppo e che ci siamo raccontati lungo il nostro viaggio sono stati: la paura di non essere all’altezza delle aspettative dei figli, il timore di deludere i propri figli, la paura di non sentirsi un bravo genitore o un genitore equilibrato. Ed ancora la paura del giudizio da parte dei figli ma anche il timore di essere colpevolizzati dai parenti, dalla famiglia d’origine, dalle suocere o dagli amici significativi; questi genitori in modo intenso hanno vissuto la paura di vedere il proprio figlio crescere e collegata ad essa l’ansia di non poter più controllare sempre e ovunque il bambino che si conosceva in passato. Altre intense paure sperimentate da questo gruppo di genitori sono state: le paure legate al futuro (Troverà la persona giusta? Troverà il lavoro giusto che lo realizzi? Troverà gli amici giusti?) e tutte le paure associate alla sfera sessuale (Ho paura che non usi il preservativo? Ho paura che prenda l’AIDS) … ecco tutte queste paure sono il rovescio della medaglia delle paure degli adolescenti e il laboratorio è stato proprio un tentativo per far capire ai genitori che nelle nostre paure di adulti possiamo riconoscere le paure dei nostri figli perché sono le stesse paure e se riuscissimo a riconoscerle allora potremmo trovare il modo per capire veramente le paure dei nostri figli adolescenti. Il laboratorio è stata un’occasione per aiutare questi genitori a comprendere che è fondamentale aiutare gli adolescenti nella loro faticosa conquista di un’indipendenza, non solo fisica ma anche mentale dalla famiglia d’origine e se posso aiutarmi con una metafora significativa utilizzata da un papà del gruppo che ben esemplifica l’atteggiamento mentale di questi genitori verso l’adolescente potrei dire: “Dovremmo forse cercare di tendergli una mano come per attraversare una strada molto trafficata e caotica”. Forse più di qualsiasi altra cosa bisognerebbe avere la forza e le energie sufficienti per aiutare i nostri figli adolescenti ad accettare il fatto che stanno diventando più complessi senza averne noi stessi paura e forse i genitori che hanno partecipato con tanto calore ed affetto al laboratorio sentivano in loro stessi forte il desiderio di parlare delle paure dei propri figli adolescenti per curare un po’ le loro paure di adulti. Riassumendo le varie tappe che abbiamo esplorato durante il nostro viaggio per aiutare il bambino e l’adolescente a vivere le sue paure sono state: Rispettare e riconoscere sempre le sue emozioni: è la condizione principale perché nostro figlio si fidi di noi, legittimarle sempre, dargli credito anche se la sua emozione ci pare assurda e irrazionale. Quando il bambino ha paura, ha una o parecchie ragioni per avere paura anche se lui non la conosce ancora così come non la conosciamo noi. Aiutare i nostri figli a dare un significato, un senso alle loro paure cercando di capire le cause e le ragioni di fondo che originano tali emozioni è un modo per offrire al bambino l’opportunità di esprimerle liberamente. Metterci in una posizione di ascolto, accogliere sempre tutte le emozioni che ci trasmettono: accogliere le sue paure come una ciotola che raccoglie dell’acqua e in cambio trasmettergli solo tenerezza non soluzioni per offrirgli la fiducia necessaria per affrontare da solo le sue paure. Riconoscere solo l’emozione del bambino, mostrare solo il nostro vivo interesse senza cercare né di guarirlo dalla sua paura, né di risolvere noi il suo problema, mostrare solo empatia, vicinanza emotiva è tutto ciò di cui ha veramente bisogno. Offrire unicamente una nostra disposizione mentale di ascolto, solo così aiuteremo il bambino a scoprire qual è il suo modo unico e speciale di affrontare le paure. Una volta che nostro figlio ha potuto esprimere i suoi vissuti di paura possiamo allora parlargli delle nostre emozioni di oggi o di ieri quando anche noi eravamo bambini o adolescenti e vivevamo tormentati da tante paure. Parlare delle nostre emozioni con i propri figli, non significa perdere di autorevolezza ai loro occhi ma al contrario significa arricchire un rapporto affettivo assumendo un’immagine più umana, i nostri figli in questo modo ci sentiranno più vicini, ci vivranno come più autentici e questo li rassicura e li fa sentire meno soli. Pensare insieme in termini di desiderio: superare una paura richiede tempo e pazienza, il tempo necessario perché una paura possa essere sostituita da un desiderio ed aiutare il proprio figlio a trasformare una paura in desiderio è fondamentale. Per favorire questo delicato passaggio e’ importante aiutarlo ad entrare in contatto con le sue capacità individuali, con le sue risorse personali e con le sue emozioni sperimentate dopo aver superato con successo dei timori passati. Il passaggio dalla paura che è una previsione negativa in un desiderio positivo è possibile solo se nostro figlio si sente libero di scegliere da solo i tempi e le modalità per affrontare le sue paure, senza nessuna nostra forzatura, pressione o costrizione.
Concludo questa esperienza dicendo che la medicina adatta alla cura delle paure è rappresentata proprio dal nostro rispetto verso il bambino e dall’ascolto empatico dei suoi timori. Per questa ragione l’educazione alla paura è soprattutto educazione alla relazione e alla comunicazione affettiva e i genitori che hanno partecipato al laboratorio hanno concretamente sperimentato che allenarsi a conoscere il loro mondo emotivo è indispensabile per poter incontrare quello degli altri: dare un nome alle proprie emozioni è fondamentale per poter riconoscere e decifrare i vissuti emotivi dei propri figli. Un mio ringraziamento speciale va al “gruppo di genitori” per la loro sensibilità e per il loro costante desiderio di mettersi in discussione senza nessuna paura.
Bibliografia ragionata Daniel N. Stern, La costellazione materna, ed. Bollati Boringhieri, Torino, 1987 Gisela Preuschoff , Come capire e risolvere le paure dei bambini, ed, RED, Milano 1995 Paola Binetti, Flavia Ferrazzoli, Caterina Flora, Ho paura: che cosa spaventa i bambini, un modo per conoscere e capire le loro paure ed. Scientifiche MAGI, Milano 1999 Wanda Genero Il bambino e le paure della notte, ed. Giunti e Lisciani, Torino 1990 Isabelle Filliozat, Le emozioni dei bambini ed. Piemme, Milano 2001 Bruno Bettelheim, Un genitore quasi perfetto, ed. Feltrinelli, Milano ‘2000 Selma H. Frauberg, Gli anni magici, ed. Armando, Milano 1998 Battagliere G., Il ruolo dell’ansia in una situazione valutativa, ed. Feltrinelli, Milano 1992 Di Pietro M., La terapia razionale-emotiva nel trattamento delle paure infantili, Riv. Terapia del Comportamento, 20/21, 175-187 Di Pietro M., L’educazione razionale-emotiva, ed Erickson, Trento 1992 Fossum L., Dominare l’ansia, ed. Franco Angeli, Milano 1993 Lewis D., Mamma ho paura, ed. Franco Angeli, Milano 1993 Meazzini P. e Galeazzi A. Paure e fobie, ed Giunti, Firenze 1978 Sanavio E. La valutazione delle paure in età evolutiva: presentazione della forma dell’inventario delle paure, Terapia del Comportamento, N2, pp. 85-96 Schachter R e McCauley, Paure normali e fobie nel bambino, ed Ferro, Milano 1988 Wolpe J. E Zappone G, Origine e superamento delle paure inutili, ed. Masson. Milano 1987 Kendall P. e Di Pietro M., Terapia scolastica dell’ansia, ed Erickson, Trento 1995 Daniel Goleman, L’intelligenza emotiva, ed. Feltrinelli, Milano 2000
|