Racconti  di Fausto Orazi

                                                                                                                            

 

 

 

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Reia, una cucciola che non si può non amare di Fausto Orazi

 

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Anime Nere   di Fausto Orazi

 

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Gintilla   di Fausto Orazi

 

bulletLettera ad un puledro mai nato di Fausto Orazi

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ANIME NERE

 

 

i1.gif (421 byte)l Cavaliere aveva preso una decisione importante e apparentemente felice: diventare Allevatore. Lui era cavaliere dentro il cuore, non per titoli commendatizi. Era nato con una attrazione fatale verso tutti gli equidi: cavalli, muli e asini. Fin da bambino giocava con loro e li accudiva con passione. Appena poteva montava sul loro dorso a pelo, domati o sdomi, e si lasciava portare dove volessero, con poche capacità di controllo, inebriato dal contatto fisico con la pelle e dall’energia che l’animale sprigionava con la sua andatura. Gli anni passarono vivendo con i cavalli finché il Cavaliere perse la giovinezza. La sua ultima cavalla si chiamava Stella Scarlatta, purosangue di nobili ascendenti.

Desiderò, allora, di avere un puledro e di diventare allevatore. Allevare cavalli fuori dalle strutture professionali non è facile, ma lui volle tentare ugualmente. Scelse uno stallone Hannover con ascendenze olimpiche, seguì le operazioni della fecondazione e riportò la cavalla al maneggio con gravidanza accertata. Passarono undici mesi e tre giorni di cure e di alimentazione specializzata vissuti con passione. Finalmente, puntuale e perfetta nacque Gintilla Pik. Quella mattina alle sette il groom rumeno, Gigi, lo chiamò al telefono e disse "Vieni,la cavalla ha partorito". Veloce corsa in auto con il cuore a mille e poi l’Allevatore si trovò davanti al recinto con grande lettiera di paglia predisposta per il parto. La neonata era sdraiata a terra, al suo primo riposo in vita, era già stata pulita dalla lingua della mamma, aveva poppato il primo colostro e ora riposava. Sembrava felice di essere nata. Stella era ritta su di lei, la guardava con il muso proteso a annusare la sua piccola, il primo, definitivo, riconoscimento dell’odore. L’Allevatore entrò nel recinto, abbracciò e baciò la mamma con riconoscenza, poi si chinò sulla neonata per toccarla e ammirare il suo corpo. Momento di felicità assoluta, tutto era andato per il meglio. Seguirono tre anni dedicati a far crescere la puledra e a prepararla alla sua carriera sportiva nel salto ostacoli. Il carattere di Gintilla si manifestava intenso come accade agli animali domestici cresciuti in simbiosi con l’uomo. Era curiosa, coraggiosa, prepotente, affettuosa, esuberante. Si esprimeva perfettamente, alle volte si arrabbiava, non era permalosa e non si offendeva per qualche punizione inflitta, si allontava soltanto e poi si rivolgeva verso l’Allevatore con i grandi occhi spalancati e le lunghe orecchie diritte come a chiedere "Cosa ho fatto, perché mi punisci, ti voglio bene, ho fiducia in te". Non le mancava la parola, il suo nitrito mutava di intensità e di note a seconda delle circostanze. Quello che più inteneriva l’Allevatore era il nitrito di richiamo che emetteva dal recinto ancora quando lui era lontano, voleva dire "So che sei arrivato,sbrigati a venire,ho bisogno di te". E poi quello che lanciava nel grande campo dove passava la giornata, appena la macchina si avvicinava al cancello, e lei partiva volando al galoppo verso l’uomo che stava arrivando. Aveva imparato a baciarlo, lo leccava sulla faccia, sul collo e sulla testa per ottenere la carota o lo zuccherino. Baciava tutti, bastava chiederlo: bacetto a Gigi, e lei leccava Gigi. Arrivò il momento della scuola, dell’addestramento. La mamma Stella era di nuovo gravida, l’Allevatore desiderava un altro puledro, voleva ripetere un’esperienza sofferta e difficile ma assolutamente gratificante. Intelligente e fiduciosa nell’uomo, Gintilla imparò presto a servire il cavaliere e manifestò grande disposizione alla carriera di saltatrice.

Ma quella carriera quel sogno e quello del nuovo puledro si dissolsero all’improvviso. Arrivarono le anime nere. Quattro uomini nella notte, ben informati, accostarono il camion alla rete della proprietà, con un colpo di cesoia tagliarono la catena che chiudeva il cancello e si avviarono ai box ove erano custoditi i cavalli, quieti e tranquilli nel loro riposo. Ne presero cinque conducendoli alla pedana del camion sul quale furono costretti a salire con la violenza, rinchiusi e portati via per destinazione ignota: macello, fiere paesane, commercianti? Mai si saprà. Il mistero della loro fine e delle loro sofferenze è l’angoscia più grave che colpisce il cuore dell’Allevatore. Si rende conto che il destino si compiace di ferire l’uomo nei suoi affetti più cari, nei sogni più belli. Ma non comprende per quale motivo debbano essere chiamate a pagare anche le sue cavalle. E questo pensiero gli toglie la forza di vivere. Intanto le anime nere si godono il denaro guadagnato con il furto. Anche loro devono campare. Che importa se la propria vita si giova delle sofferenze altrui. Non hanno inventato loro questo meccanismo del creato.

 

Fausto Orazi

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Gintilla

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"o1.gif (617 byte)sservate bene la foto di questa puledra di quattordici mesi, Gintilla Pik, s.i. selezionata, da madre psi e padre hannover, rapita da criminali detti uomini, nel settembre dello scorso anno.

Scorrete la vista sulla folta criniera, sull'ampiezza del petto, sul portamento del collo e della testa dal nobile profilo, sulle orecchie attente e diritte a percepire i rumori dello spazio circostante, i rumori del mondo, tanto pericoloso per gli esseri viventi, specie se animali.

Ora concentrate l'attenzione sull'occhio destro, quello visibile, e pensate a immaginare il significato di quello sguardo, il pensiero che in quel momento attraversava la mente della puledra. Quello che vedo io è infinita dignità e poi la consapevolezza rassegnata di vivere in un tragico mondo.

Ora vi dico quello che vale, per diverse categoria di uomini, questa puledra:

-Per il legislatore: una cosa, un bene materiale come una scatola di caramelle.

-Per i teologi gesuiti: un essere vivente privo di dignità e quindi soggetto a qualsiasi volere dell'uomo.

-Per la Bibbia, Genesi: cibo per gli uomini purché completamente dissanguata lentamente (ancora oggi per ebrei e musulmani).

-Per le numerose bande di ladri di cavalli: un milione di lire, meno di una videocamera.

-Per i mangiatori di carne equina: un buon piatto di "vannino".

-Per alcune mamme: una buona fettina in sostituzione della vitella, oramai a rischio.

-Per la magistratura e le forze dell'ordine in caso di sottrazione: una pratica in più.

QUELLO CHE VALE PER IL SOTTOSCRITTO ALLEVATORE E' DIVERSO: VALE LA MIA VITA, LE MIE SPERANZE,  I MIEI SOGNI, LA MIA DEDIZIONE, IL MIO AMORE.

Fausto Orazi

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LETTERA A UN PULEDRO MAI NATO



Yukhali, oggi 23 maggio 2001 saresti dovuto venire al mondo. Mamma Stella,tua sorella Gintilla e io ti ti avremmo accolto con amore. Tu ci avresti ripagati con la gioia che i puledri neonati sanno dare. Ma tutto ci è stato negato. Voi tre cavalli non ci siete più. Solo io sono rimasto vivo,anche se non vivo che del vostro ricordo.
Anime nere, gente comune ,hanno rapito tua madre che ti cresceva in seno e tua sorella. Le hanno caricate di forza sul camion,legate strette e trasportate verso un macello clandestino,verso il sud della penisola,probabilmente.
Per quelle anime nere eravate soltanto bestiame da carne -questo siete anche per la legge e per la gente- ma per me eravate e siete la vita. Mai smetterò di cercarvi e mai vi vorrò credere morti.
Tu,Yukhali, avresti compreso il significato dell'amore che mamma e io ti avremmo dato. Avresti drizzato le tue mobili orecchie solo a sentire il rumore della mia macchina, avresti preso il galoppo veloce, nell'elegante scioltezza delle tue quattro gambe, per volare da me,nitrendo altissimo nel tuo saluto, e mi saresti venuto addosso in un turbinio di polvere per baciare con la lingua il mio volto, e poi ficcare il musetto nella tasca della mia sahariana alla ricerca degli zuccherini. Esattamente come faceva tua sorella Gintilla da neonata e da puledra.
Tu,Yukhali, avresti compreso il mondo dove saresti dovuto nascere, e avresti imparato a conoscere altri uomini oltre a me. Qualcuno ti avrebbe amato, altri non ti avrebbero dedicato particolare attenzione. Non avresti mai potuto comprendere che gli uomini sono animali come saresti dovuto essere tu. Soltanto un po' più particolari, direi più complicati e più difficili da comprendere. Soltanto qualche circonvoluzione di materia grigia in più. Proprio quella che fa la differenza. Gli animali sono tutti eguali nei loro sentimenti e capacità fondamentali, l'uomo ha qualche caratteristica diversa che lo fa sentire, forse non a torto, superiore al resto del creato. Ma di questa superiorità, tutta da discutere, abusa. L'abuso peggiore credo sia nel considerare la natura e voi animali come semplici cose da utilizzare per i propri benefici. Ma non è il solo. L'uomo abusa degli altri uomini per cose che non ti sto a raccontare. Cose tremende che voi, altri animali, non potreste mai comprendere talmente sono distanti da uno spirito puro come il vostro.
Tu, Yukhali, saresti entrato nella mia vita,avresti potuto darle un senso che ora non può avere. Questo accade a molti uomini che amano gli animali e che di loro si riempiono l'esistenza, trascurando, a volte, i loro simili. Si tratta di uomini che hanno la capacità di capire la vostra purezza e desiderano immergersi nella parte migliore della natura, forse per sfuggire a se stessi o per non riconoscersi negli assiomi del debole pensiero opportunistico del quale sono intrisi.
Forse non puoi capirmi ,Yukhali, certo non il senso delle parole complicate -tu avresti potuto esprimerti solo con il nitrito nella sua vasta gamma di toni che pochi riescono a decifrare ma che tutto sanno dire, tutto quello che conta - ma tutto hai pure dovuto comprendere con la tua vita mancata.

Fausto Orazi

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La mamma e la sorella di Yukaly, rapite da macellai assassini

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REIA, UNA CUCCIOLA CHE NON SI PUO’ NON AMARE

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"Accelera che perdiamo la nave" sollecitò la signora M. al marito ing. F. . "Non ti preoccupare, sono sempre in ritardo". Non si sbagliava. Arrivarono in banchina prima dell’orario di partenza, ma del traghetto nessuna traccia. L’attesa si prolungò per un paio di ore, sotto la insopportabile calura di luglio. La coppia, oramai giovane solo di spirito, era diretta all’isola antica e incantata, dove da molti anni trascorreva le vacanze. Su quell’isola avevano anche portato la loro cavalla Stella Scarlatta qualche anno prima, ma ora Stella e la figlia Gintilla non c’erano più, erano state rapite per farne bistecche, come accade frequentemente. L’anima dei coniugi era rimasta sconvolta, ma le vacanze si dovevano pur fare, anche se mancava la serenità di un tempo. Sbarcarono che era notte e si immersero nel paesaggio raro, capace di suscitare sensazioni primordiali. "Scusi, via Carducci?" chiese l’ingegnere a un passante nella strada buia del paesino di mare. "E’ questa" rispose l’uomo, "Ma voi siete i signori O. ?". Avevano incontrato il padrone della casa per le vacanze. Mentre scaricavano i bagagli avvertirono un’ombra che scorreva veloce dal giardino e, subito dopo, un movimento frenetico fra le loro gambe quasi un inciampo che impediva di camminare. Quello fu il saluto di Reia, cucciola pitbull di due mesi. Fu amore a prima vista, la neonata si installò a casa loro, trascurando i padroni. Forse intuiva che aveva trovato un affetto diverso. Le piaceva andare nel bagno, prendere in bocca una scarpa e portarsela nel giardino per mordicchiarla a piacere. La scarpa era più grande di lei, le faceva da riparo mentre passava sotto i loro occhi con le orecchie abbassate, trotterellando piano per non farsene accorgere. La sera aspettava che la signora M. andasse a letto e poi si sdraiava sul tappetino accanto. Si addormentava, russava e sognava. Si capiva bene osservando il sonno inquieto. Li aspettava al ritorno dal mare, li festeggiava con calore e si infilava in casa partecipando al loro pomeriggio come una figlia affettuosa e birbante. Arrivò il momento del distacco e fu traumatico anche per la cucciola. Per giorni, raccontò la padrona, Reia era rimasta davanti la porta in attesa dei suoi amici, aveva rifiutato anche il cibo. "E’ difficile sopportare la sua assenza" commentavano l’ingegnere e la consorte pensando a Reia, "A Natale andiamo a trovarla". Tornarono nell’isola di sogno trasformata dall’inverno, bella come sempre ma quasi deserta. Il mare, con le isole svettanti, appariva severo, quasi minaccioso, privato della presenza dei vacanzieri estivi e delle loro schiumanti imbarcazioni. Natura primordiale, masse geologiche senza alito di vita umana. Trovarono Reia cresciuta e pimpante, non li aveva dimenticati, anzi, sembrava fosse passato un giorno dalla loro partenza. Li festeggiò con grandi balzi e leccate sul viso, si installò subito in casa riprendendo le buone abitudini. Si infilava in macchina appena aprivano lo sportello, li seguiva dappertutto e correva sulla spiaggia e nella macchia mediterranea, sempre pronta a tornare al primo richiamo. Fu reciproca felicità, qualcosa di raro, sembrava ai coniugi, una figlia da amare, come era stata Gintilla. Ma durò poco. "I cani devono fare i cani" sentenziò la padrona, "Non devono stare in casa, ma fuori, e legati se occorre". Reia fu loro tolta, rinchiusa in terrazza o legata corta vicino la cuccia in giardino. Mugolava disperata quando poteva vederli, chiedeva aiuto, affetto, comprensione. L’ingegnere e la signora M. pativano con lei e chiesero di acquistarla e di portarla con loro. Ma fu inutile. Alla fine dovettero cedere e capire che quelli erano i costumi dell’isola meravigliosa verso gli animali, e nemmeno fra i peggiori. Tornarono alla grande città prima del tempo stabilito. Stavano cercando un cucciolo da adottare quando arrivò una telefonata dal paesino di mare: era la proprietaria di Reia. "Ho portato la piccola nella mia casa di città senza giardino e ho dovuto rinchiuderla sul terrazzino giorno e notte. Mi è anche difficile portarla a spasso, tira troppo sul guinzaglio. Ho notato che si era depressa e stava sempre sdraiata e immobile. Io le voglio bene come voi, ma non posso curarla. Se tornate a luglio per il mare, ve la regalo, con voi starà meglio, credo". La signora M. pianse di commozione alla fine della telefonata e l’ingegnere inviò subito la caparra e prenotò il traghetto con biglietto di ritorno per animale domestico. Dopo la perdita delle amate cavalle, un nuovo animale da curare! Ora attendono impazienti che arrivi luglio. Ma non sono sereni: e se l’isolana non mantenesse la promessa?

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