Fritigerno
Verso il 370 gli ostrogoti (che già erano riusciti a darsi un abbozzo di regno) vengono attaccati dagli unni e da essi pesantemente sconfitti: il loro capo, Ermanarico, si uccide; il suo successore Vitimiro cade in battaglia.
Nel 376 i visigoti, sotto il comando di Fritigerno, incalzati a loro volta dagli unni, chiedono asilo all'impero romano. Vengono scortati ad ovest del Danubio e stanziati in Tracia. Il contingente visigoto sotto il comando di Atanarico se ne distacca (esistevano contrasti di carattere religioso e ideologico tra i due gruppi), e, anzichè attraversare il fiume, si dirige verso nord, a costituire insediamenti nei Carpazi e in Transilvania.
Per quanto riguarda gli ostrogoti, sono ora al comando Alateo (goto) e Safrax (Alano). Essi guidano una parte della popolazione (assieme ad alani, eruli, rugi, taifali, sciri) ad ovest del Dnestr e del Danubio, per unirsi con i visigototi di Fritigerno, mentre la maggior parte rimane, costretta dal protettorato unno.
L'asilo offerto da Costantinopoli (capitale d'oriente), presupponeva che i barbari ospitati contribuissero alla difesa della regione, e che l'impero da parte sua fornisse i loro gli indispensabili mezzi di sussistenza. Massimino e Lupicino, funzionari senza scrupoli, vollero invece approfittare della loro condizione rifornendoli con cibo scadente, spogliandoli di tutto, vendendoli come schiavi: seminando il vento da cui sarebbe nata, di lì a poco, la tempesta.
A Marcianopoli, Lupicino offre un banchetto a Fritigerno. Fuori, i visigoti, accampati alla meno peggio, rumoreggiano per poter entrare in città e rifocillarsi. I soldati romani, si innervosiscono e massacrano la scorta che aveva accompagnato il capo goto. Fritigerno riesce a guadagnare l'uscita dalla città, e guida i suoi alla devastazione e al saccheggio della regione.
Sconfitti i romani nelle vicinanze di Tomi, imperversano incontrastati, ingrossandosi le loro fila con gli operai delle miniere d'oro imperiali, e con coloro che solo poco prima erano stati sottratti e resi schiavi. Solo le città fortificate riescono a resistere.
L'imperatore Valente organizza un esercito e muove contro di loro con l'intento di riportare l'ordine in modo definitivo, ma affrontata la coalizione nemica nei pressi di Adrianopoli (Edirne, in Turchia), perde la battaglia e la vita (9 agosto 378).
Sull'onda del successo, i visigoti tentano l'assalto di Costantinopoli, ma sono duramente contrastati dalle truppe romane qui stanziate, rinforzate da contingenti saraceni, e costretti a desistere . Essendo ormai la Tracia completamente depredata, ripiegano bruscamente a nord, per proseguire la loro opera di saccheggio ai danni della Pannonia, ove vengono stanziati nel 380 da Graziano con un trattato provvisorio.
Una vera e propria pace verrà conclusa solo nel 382 con Teodosio, che concederà loro di stabilirsi come foederati nella Mesia Inferiore. Le trattative sono condotte dal magister militum Saturnino, e portano ad una nazione gota all'interno dei confini dell'impero; con proprie leggi, ma sotto il controllo dell'amministarzione romana. Tuttavia solo dieci anni dopo, i Visigoti, sotto il nuovo capo Alarico, romperanno il foedus e devasteranno nuovamente la regione.