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12 Febbario 1999
Dopo le abbondanti nevicate dei giorni scorsi, il rischio di valanghe è salito su
tutte le nostre montagne - Alpi e Appennino - e, nella scala di pericolo in uso, da 0 a 5,
si attesta intorno al valore 4, uguale a "forte", per molte località. Abbiamo
seguito in televisione i fatti drammatici di Chamonix, e abbiamo saputo che uno sciatore,
durante una gita organizzata con Eliski in Val d'Aosta, è stato travolto, ma subito
salvato, grazie alla prontezza dei soccorsi, tra l'altro con l'uso di cani addestrati. La
televisione, però, non soltanto ci informa, ma ci educa anche. Così, a conclusione di
questi drammatici collegamenti, il giornalista intervista una guida alpina per avere
consigli su cosa fare per evitare che tali tragici incidenti si ripetano. La risposta è
stata, in pillole come la comunicazione televisiva esige, la seguente. Primo, consultare
le guide locali che conoscono lo stato del manto nevoso. Secondo, evitare i fuoripista. In
altre occasioni, altri hanno aggiunto: terzo, evitare di andare in montagna.
Dietro l'apparente buonsenso di questi precetti si cela una cultura paternalistica e
diseducativa. Non una parola sul fatto che ciascun frequentatore della montagna debba
responsabilmente imparare a conoscere e valutare le situazioni di pericolo. Apprendimento
rispetto al quale l'assunzione di informazioni è un elemento sempre e di nuovo
necessario, ma mai sufficiente. Ovviamente si tace sul fatto che anche le piste sono
esposte al rischio di valanghe, con l'aggravante che i frequentatori degli impianti non
hanno quasi mai sufficiente percezione dell'ambiente in cui si muovono. La memoria, poi,
per un meccanismo ben noto agli psicologi - e che ha la funzione biologica di subordinare
la vita del singolo agli interessi della specie, che si avvantaggia delle imprese
rischiose - ci porta a sottostimare il numero dei casi storici in cui si sono dati eventi
negativi. Che "a memoria d'uomo" non siano mai successi incidenti in un dato
luogo significa poco, se si sa come funziona la memoria dell'uomo. Quanti di noi si
ricordano il terribile incidente di Courmayeur avvenuto qualche anno fa, proprio sulle
piste?
Contro questa logica che tende a fare dello sciatore un consumatore incosciente e
dipendente - dalla pubblicità, dalle strutture, nonché dagli accompagnatori stessi - si
è fatto troppo poco, se sono ancora possibili trasmissioni come quelle dei giorni scorsi.
Nessun rischio è accettabile se non è assunto consapevolmente e volontariamente. Occorre
saper valutare, il che significa anche saper rinunciare, senza subire la pressione al
comportamento conformista - andare solo perché tutti i compagni decidono di partire. Ma,
evidentemente, questo significa educazione, e l'educazione è un'impresa lenta e costosa.
Così, nonostante la presenza in Italia di molte associazioni di frequentatori della
montagna, la cultura della montagna resta un patrimonio di pochi. Molti, troppi, sono
disposti a spendere i propri soldi ed il proprio tempo, ma hanno rinunciato "a
servirsi del proprio intelletto senza la guida di un altro".
Se nevica, allora, restate a casa.
Rosaria Grazia Domenella |
27 Febbraio 1999
Va sempre tutto bene finché se ne parla, il problema é che non si fa altro che
parlare e non si fa mai niente di pratico; cose che invece in altri paesi vengono fatte
regolarmente senza tanto complicarsi l'esistenza. E parlo di maggiore informazione da
parte di enti e società, corsi di formazione non per specialisti, ma per la gente comune
e funzionano anche bene.
Fulvio Mariani |
1 Marzo 1999
I numerosi incidenti provocati dalla caduta di valanghe durante l'inverno in corso
comporteranno probabilmente una, speriamo benefica, accelerazione al completamento ed alla
migliore integrazione della rete di monitoraggio presente sul nostro territorio e
certamente ad un uso più estensivo dei sistemi di distacco artificiale. A questo punto,
passato il clamore della cronaca, vanno attivate politiche ed iniziative efficaci ed
eticamente corrette:
- fornendo ai cittadini, ed ancor più ai visitatori spesso ignari delle realtà locali,
una informazione precisa, corretta ed equidistante circa le situazioni di rischio e
fornendo nel contempo gli strumenti interpretativi necessari, permettendo così ad ognuno
una valutazione personale;
- sanando le situazioni di rischio insostenibile (piste, impianti, edifici e strade
particolarmente esposti), con la loro chiusura, protezione o abbattimento;
- vigilando affinché l'utilizzo dei sistemi di previsione, arginamento e controllo dei
fenomeni valanghivi non vengano usati, cedendo agli interessi particolari ed alimentando
un circolo vizioso, per estendere le aree fabbricabili o comunque interessate da impianti
o piste.
In sintesi: sì alla promozione di tutte le strategie necessarie che possano portare ad
una assunzione consapevole del rischio da parte della popolazione, sì ad un monitoraggio
completo ed efficiente del territorio e a tutte le iniziative di ripristino ambientale,
sì ai sistemi di distacco artificiale delle valanghe e comunque ai sistemi di controllo
delle stesse ma solo in senso conservativo e non come sistema per colonizzare aree ad alto
rischio.
Sergio Azzarello |
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