Nirvana - I ricordi non mentono
 
I ricordi non mentono
 
Nell'introdurre la vicenda e i personaggi il film mette l'accento sulla figura di Lisa, la cui fuga tiene in scacco Jimi da quasi un anno. Lisa è contemporaneamente affascinante e antipatica: riunisce l'esotismo del raffinato accento francese all'infantilismo della ragazza incapace di vivere una relazione costruttiva e salda.

Nel finale del film Jimi deve lottare contro i tentativi dei devils di prendere possesso della sua coscienza, attraverso immagini pescate nella sua memoria e utilizzate per ricostruire dei simulacri che permettano di fermarlo nel suo percorso verso il cuore del sistema della Okosama Starr. 

Il principale di questi simulacri è quello di Lisa. Ma ciò che è interessante è il fatto che a fermare Jimi è una Lisa ambigua, la cui apparenza deriva dalle immagini accumulate nei ricordi dei giorni passati insieme, e il cui comportamento serve, senza variazioni di sorta, a irretire Jimi in una trama di sensazioni e ricordi fittizi. Gli stessi che la Lisa reale aveva usato in diversi momenti della sua convivenza con Jimi. La scena dell'incontro con Lisa seduta su un divano rosso spinge Jimi a porre le domande che non ha potuto rivorgerle all'indomani della fuga. Ma queste domande trovano solo risposte generiche, dettate più dal desiderio di Jimi di riceverle che non basate su un fondo di verità: è il sistema centrale della Okosama Starr che formula le risposte sulla base dei ricordi di Jimi, collegato mentalmente ai circuiti del computer della multinazionale. Il simulacro offre a Jimi le risposte che egli vorrebbe udire e Lisa viene associata così alla parte negativa del film. A lei si contrappone Naima, che ha incorporato e "legge" la vera memoria di Lisa, e contraddice i ricordi fittizi che il simulacro di Lisa presenta. E' nella frase di Naima che grazie alla memoria viva contraddice il racconto di comodo che emerge la doppiezza che ha caratterizzato Lisa durante la sua vita con Jimi. Tale doppiezza è consistita nel mascherare le proprie emozioni, nel mentire sulla propria felicità o infelicità per tranquillizzare Jimi, senza permettergli di condividere la propria vita interiore.
 

Naima: Mi sentivo una stronza, quando sei uscito ho preso quella mia foto e l'ho sbattuta per terra...
Lisa: Ho fatto cadere per sbaglio la mia foto...
Naima: ... poi ti ho detto che l'ho fatta cadere per sbaglio...


La differenza tra le due versioni dell'episodio non potrebbe essere più radicale, soprattutto tenendo conto del fatto che il simulacro di Lisa parla con le parole prese dai ricordi di Jimi, mentre Naima può leggere nella memoria vera di Lisa, nei suoi pensieri e nelle sue emozioni più intime.

Il personaggio di Lisa dunque si presenta come personaggio femminile ambiguo, tipico di molti film di Salvatores (da Kamikazen a Turné, a Sud), mentre Naima rappresenta, per la prima volta, un personaggio femminile nuovo, la donna compagna d'azione che mancava nella galleria dei personaggi di Salvatores, e che era soltanto abbozzata nei personaggi di Vassilissa in Mediterraneo e di Anita in Puerto Escondido.

Questa contrapposizione è molto importante perché non si limita a istituire due ambiti, uno negativo e l'altro positivo, ma cotribuisce a risolvere la vicenda stessa. Senza la presenza determinante di Naima che legge la memoria di Lisa Jimi non sarebbe infatti in grado di portare a termine il compito che si è prefisso. Nel momento in cui Jimi viene agganciato dal simulacro di Lisa Joystick chiede a Naima di staccare il collegamento per evitare guai peggiori. E' Naima che intervenendo salva la situazione perché convince Jimi dell'inutilità di una discussione con il simulacro e apre la strada alla directory nascosta del sistema.

A proposito della caratterizzazione dei personaggi va notata anche una sbavatura che riguarda la presentazione di Naima e il ruolo di Jimi nei suoi confronti. Nella sequenza del camion di Naima i dialoghi divengono familiari, quasi banali, stranamente vicini al tono di certi spot pubblicitari. Il tentativo un po' goffo è quello di mostrare una situazione di amicizia rilassata, con il tono e l'accento di un discorso intorno a uno spinello: le battute di Naima, gli sguardi troppo insistiti di Jimi a Naima, tentano di mostrare il momento magico della formazione del gruppo, ma non hanno la nitidezza e l'ironia di analoghe scene in altri film. Tra tutte spicca quella di Marrakech Express, quando nel deserto Marco e gli altri riflettono su ciò che hanno fatto nei dieci anni trascorsi da quando si sono persi di vista. L'autoironia che si trova nella scena si perde invece in Nirvana, perdendo anche una parte fondamentale del fascino tipico di molti film di Salvatores. Per lo stesso motivo Puerto Escondido se per certi versi funziona in relazione alle figure di Abatantuono e di Carpentieri, fallisce invece nel tono predicatorio di Bisio e della Golino, anticonformisti sradicati e disperati. Anche nella scena del camion in Nirvana c'è qualcosa di non risolto, qualcosa che stona e non si accorda con ciò a cui i film di Gabriele Salvatores avevano abituato.

La perdita di autoironia nuoce un po' a Nirvana, e il rischio maggiore che il film corre è quello di assumere la struttura, i ritmi ma anche i limiti di un videogioco in 35 mm. Nei confronti dello spettatore non c'è la minima presa di distanza. Il racconto procede denso e ritmato, accompagnato da musica, suoni, azioni continuamente variati. Ogni particolare, ogni dettaglio significativo viene sottolineato, anticipato dai dialoghi, mostrato dalle immagini, commentato dalla musica. La visione del film si fa densa, coinvolgendo lo spettatore in uno sforzo di attenzione che lascia poco spazio a considerazioni di tipo estetico, tecnologico, morale. Questa perdita di autoironia sul piano della costruzione viene compensata proprio dalle sequenze del videogioco. E' Abatantuono, con la carica di umanità che presta al personaggio di Solo, a rendere vivo il film. Il suo desiderio di ribellione controbilancia il perdersi di Jimi, il suo viaggio malinconico sulle tracce di un fantasma. 

 
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