avventure |
I nostri amici - Un fax di storie |
1) IL
CONCORSO PER LA PIÙ STRANA INVENZIONE
2) UN
INVITO A PRANZO
3) UNA
VISITA ALLO ZOO
4) I
NOSTRI EROI IN AFRICA
5) IL
SALE SULLA CODA
6) IN
CERCA DI FUNGHI
7) UNO
SPETTACOLO TEATRALE
8) ARRIVANO
I POMPIERI
9)
IL TESORO IN FONDO AL LAGO
10)
L'ORCHIDEA GIALLO-BLU
settembre 1998
Il concorso per la più strana invenzione
Il
nostro amico Willie E. Coyote, famoso scienziato pazzo ed
ingegnere fantasmargiatico (ma che vorrà dire?) ha partecipato ad
un concorso per la più strana invenzione. E sai che ti dico? Che
ha vinto il primo premio, ben 10 milioni di EURO (sai cosa sono gli EURO?).
Ecco di cosa si tratta. E’ un’invenzione
che permette di aprire una porta senza avere la chiave, anche quando la
porta è chiusa dall’interno con un paletto. Ci voleva un genio come
Willie E. Coyote per riuscire in una cosa così difficile, impossibile
anche per dei ladri matricolati (perché mai i ladri devono essere
matricolati?) come i nostri nemici della Banda Bassotti.
Ecco l’invenzione di Willie. E’ una spiegazione un po’ complicata, ma se Petrus sta bene attento sono sicuro che capirà.
Si prende anzitutto un palo alto come la casa. La cosa più semplice è prendere un palo della luce. Si scava poi un buco nel giardino a 10 passi dalla porta di casa che si deve aprire. Si pianta il palo nella buca ben dritto. Poi si sale in cima al palo portandosi dietro una lunga corda arrotolata come fanno i cowboy con un lazo in cima. Si lancia il lazo fino a prendere il camino sul tetto di casa. Si lega allora la corda ben tesa alla cima del palo. Si unge ora la corda con della marmellata molto profumata per cui vanno matti i piccioni. Si scende poi dal palo. I piccioni attratti dal profumo della marmellata arrivano in tanti e si posano sulla corda tesa. Per il peso di così tanti piccioni la corda si flette ed il palo comincia ad inclinarsi fino ad andare a toccare il tetto della casa.
A questo punto ci si arrampica sul palo e si sale sul tetto. Si prende una tegola dal tetto e la si butta giù per terra. Si scende poi dal tetto sempre servendosi del palo. La tegola si sarà rotta in tanti pezzi. Si prendono ora solo tre dei pezzi della tegola, quelli più grandi. Si lavano bene in acqua corrente e si prende poi una bilancia. Si pesano uno per uno i tre pezzi di tegola e si sceglie poi quello che pesa meno del più pesante, ma più del più leggero. Diciamo che si prende il pezzo medio. Adesso si prende uno spago e si lega il pezzo così scelto della tegola rotta. Si va ora sotto la pianta di mele che c’è nel giardino (lo sapevate che c’era una pianta di mele?) che è carica di mele mature. Poiché i rami sono alti si prende lo spago e lo si fa roteare con il pezzo di tegola legato in cima allo spago poi lo si lancia in modo che lo spago, grazie al peso del pezzetto di tegola, riesca ad avvolgersi attorno alla cima del ramo. Si tira ora lo spago e si abbassa il ramo. Si afferra il ramo con la mano sinistra (mi raccomando non usare la mano destra altrimenti l’invenzione non funziona più) e si coglie con la mano destra la mela più bella. Si lascia ora andare il ramo e si va alla porta di casa. Qui con l’indice della mano sinistra (con la destra si regge la mela) si suona il campanello. Da dentro si sente una voce che fa: “Chi è?” E voi dovete rispondere: “Sono io. Ti ho portato una mela.”
Ecco che allora la porta si apre.
Avete visto come è difficile aprire una porta senza chiave chiusa di dentro con un paletto? Solo quel geniaccio di Willie E. Coyote ci è riuscito. Bravo!
Per pasqua Bugs Bunny ha deciso di invitare a pranzo tutti i suoi amici. La cuoca è Lola, l’amica di Bugs Bunny. Tutti accettano con entusiasmo l’invito. Soltanto Silvestro, il gatto maldestro, ha qualche sospetto. “Non sarà poi uno scherzo? A Pasqua io sono abituato a fare un grande pranzo e non vorrei…” Ma tutti gli amici lo convincono che sarà un grande pranzo, che Bugs Bunny è una persona seria di cui ci si può fidare. Così anche Silvestro decide di accettare l’invito. Naturalmente ci saranno anche Tom e Jerry, anche Speedy Gonzales, anche Willie E. Coyote e MImì, detto Bi-bip, e gli altri del giro. Petrus per Pasqua ha un altro impegno. Peccato… Si farà poi raccontare dagli amici come è andato il pranzo.
Il giorno prima di Pasqua Silvestro
vede passare un camion carico di carote. Era così carico che ne
perdeva ogni tanto una. Il camion sembrava diretto proprio a casa di Bugs
Bunny. “Vuoi vedere che ci farà mangiare solo delle carote?” pensa
Silvestro. Terrorizzato all’idea – a lui le carote non piacciono – telefona
a Speedy Gonzales. Speedy telefona a Willie E. Coyote che per rassicurare
tutti telefona a Bugs Bunny. “Bugs – gli dice – non ci farai mica mangiare
delle carote, vero?” “Ma no, ma no, cosa ti salta in mente. Sarà
un grande menù. Un menù sorpresa, vedrai. E niente carote.”
I nostri amici sono rassicurati.
Finalmente arriva il giorno di Pasqua. Tutti vestiti a festa si recano a casa di Bugs Bunny. Lola era ancora in cucina. Bugs Bunny li riceve sotto un albero davanti a casa, dove aveva preparato un grande tavolo. Per prima cosa offre un aperitivo. Un liquido colore giallastro. “Che cos’è? – chiede Silvestro il sospettoso. Sarà mica succo di carote?” “Ma cosa dici – fa Bugs Bunny – è un aperitivo di mia invenzione che si chiama Rugiada di Primavera. Assaggia, assaggia. Senti che buono.” Silvestro e gli altri bevono. E’ buono. Però ha il profumo delle carote… “Niente carote – assicura Bugs – è profumo di certe bacche di bosco che ho trovato e che ho mescolato a champagne francese.” Silvestro non è molto convinto, ma beve lo stesso.
“Pronto in tavola”, fa Lola. Il primo piatto sembra una polpetta strana. Ha il colore carotoso giallo-rosa delle carote. “Che cos’è?”, domanda Speedy Gonzales prevenendo Silvestro che guarda con sospetto la polpetta. “E’ un antipasto di caviale rosa del Baltico. Una rarità,” assicura Bugs Bunny. “Assaggiate quanto è buono.” Tutti mangiano. Non è male. E’ un po’ dolciastro. E poi, e poi sa un po’ di carota. Willie E. Coyote dice che forse sarà che il caviale ha mangiato delle carote nel mar Baltico. “Questo non posso escluderlo – dice Bugs Bunny – ma io l’ho comprato come caviale.”
Finalmente arriva il primo piatto.
Sono degli agnolotti in salsa giallo-rsa. Il ripieno è anche color
giallo-rosa. “Che ripieno è?”, domanda Jerry. “La salsa è
fatta con ingredienti segreti. Il ripieno è fatto con un animale
che viene dall’Australia e si chiama cangurolis carotinidis” Così
almeno afferma Lola. Silvestro assaggia sempre un po’ sospettoso. Speedy
Gonzales gli batte la mano sulla spalla: “Vai tranquillo, Silvestro. Il
colore non conta. Quello che conta è la sostanza. Mangia dunque.”
Silvestro mangia, ma poi sbotta: “Ma sa di carota!” “Ma sei proprio fissato
con le carote, oggi Silvestro”, gli fa Bugs Bunny. “Ti ho detto che è
cangurolis carotinidis dell’Australia. Mi è costato un occhio. L’ho
fatto venire in aereo da laggiù.”
“Sarà - dice Silvestro in
un orecchio al suo amico Willie E. Coyote – ma sa terribilmente di carota.”
A questo punto Bugs Bunny si alza
in piedi e dice: “Adesso arriva il piatto principale. E’ arrosto di cacciatore.
Un cacciatore che era venuto per prendere conigli selvatici e invece, è
finito lui in padella. Un brindisi all’arrosto del cacciatore.” Tutti in
coro fanno “Hip, hip, Hurrah!” Lola arriva con un grande piatto con sopra
un rotolo grande di colore giallastro. Il profumo é di carota… Poi
taglia le fette. Il profumo di carota si espande sempre più… “Ma
come mai profuma di carote? Forse il cacciatore andava a caccia di carote
invece che di conigli selvatici?”, chiede Jerry. “No, no – dice Bugs Bunny
– purtroppo qui il profumo di carote c’è dappertutto. Ma questo
è vero arrosto di cacciatore.”
Silvestro assaggia. Accidenti, sa
proprio di carote. Sembra un polpettone di carote. Silvestro fa finta di
mangiare, ma butta il suo pezzo di polpettone sotto la tavola. Bugs Bunny,
vede il piatto vuoto. “Ne vuoi ancora Silvestro? Buono è?” Silvestro
dice: “Buono è buono. Ma ora basta. Sai ieri sera ho mangiato tre
topi grossi come lepri e oggi non ho tanta fame.”
Finalmente arriva il dolce con gelato. “Torta speciale fatta secondo una ricetta segreta di mia nonna”, dice Lola. La torta ed il gelato sono di colore giallo carota. Il profumo è di carota… “Non ci sarebbe una mela”, dice Silvestro. “Ho fatto un fioretto di non mangiare dolci.” “No - dice Bugs Bunny - Non abbiamo mele. Ma se vuoi c’è una bella carota..” A sentire la parola carota a Silvestro viene un conato di vomito. “No, no. Grazie lo stesso. Vado a fare un giro per il bosco.”
Silvestro gira dietro la casa di
Bugs Bunny. E cosa vede? Vede il camion che aveva visto passare il giorno
prima carico di carote. Ora il camion è vuoto. Il camionista è
intento a caricare bucce di carota sul camion, tante bucce di carota…
Silvestro si avvicina e chiede.
“Buon uomo, come mai tante bucce di carote?” Il buon uomo lo guarda: “Ma
non sai? Bugs Bunny ha fatto un grande pranzo per gli amici. Tutto a base
di carote, solo carote. Un camion di carote.”
A questo punto Silvestro si sente
male e… sviene. Tutte quelle carote, il caviale del Baltico erano
carote… gli agnolotti… carote… l’arrosto del cacciatore.. carote… il vino
.. succo di carote…
C’è voluta una buona ora
per riuscire a fare rinvenire il povero Silvestro.
Mi sembra che i nostri amici si siano
riposati anche troppo. Sono parecchi giorni che non sento più parlare
di loro, né ho ricevuto telefonate o fax. Così ho deciso
di tirare loro un poco le orecchie. Cosa fanno, dormono? Dove sono andati
a finire?
Ho provato a telefonare a Silvestro
e mi ha risposto Tweety, l’unico sveglio in casa. Le sai le novità
che mi ha raccontato Tweety? Che sono andati ad Amburgo a visitare il più
grande zoo del mondo.
Dov’è Amburgo? In Germania,
sul mare del Nord, alla foce di un grande fiume che si chiama Elba. Il
fiume è un grande porto con tante navi che vanno e vengono... Ma
non sono andati a vedere il fiume e le navi. No, i nostri amici sono andati
a visitare lo zoo. Ed il bello è che non sono ancora tornati. Pare
che siano avvenuti fatti strani. Ne hanno parlato anche i giornali. Non
l’hai letti? Ma procediamo con ordine con il racconto dei fatti
Veramente Silvestro non ci voleva andare. “Nello zoo ci sono degli animali in gabbia – ha detto Silvestro – io sono un animale e non vorrei che mi mettessero in gabbia.” ”Ma stai tranquillo – l’ha rassicurato Petrus – nello zoo ci sono animali che non si trovano dappertutto. Ci sono leoni, tigri, giraffe, elefanti, scimmie. Mica ci sono gatti, topi o cani. Di quelli ce ne sono anche troppo in giro. Mica li dobbiamo mettere allo zoo per andarli a vedere. Non ci sono né galline, né galli, né cavalli, né mucche. Ci sono animali selvatici che vivono nelle foreste. Li hanno catturati e messi allo zoo perché i ragazzi possano vedere da vicino come sono fatti. Se no, come faresti tu, povero e pauroso gatterello a vedere un leone? Andresti nella savana in Africa? O per vedere una tigre andresti nella giungla in India?”
A questo punto Silvestro, Tom, Jerry, Speedy furono convinti. Ma Willie E. Coyote non lo era tanto. “E i coyote? I coyote non sono animali che si trovano dappertutto. Quindi magari se mi vedono mi prendono e mi mettono in gabbia per fare vedere ai bambini come sono fatti i coyote.” Petrus cercò di convincerlo che nessuno lo avrebbe toccato, che c’era lui Petrus a proteggerlo. Ma non c’è stato niente da fare. Così Coyote se n’è stato a casa. Anzi, no. E andato nel deserto per cercare finalmente di prendere lo struzzo corridore detto Bi-bip.
Ad Amburgo sono andati con l’aereo di Petrus che per l’occasione si era trasformato in un idrovolante ed era atterrato sul grande fiume Elba, vicino ad una nave passeggeri. Qui c’è stato un primo inconveniente. Dalla nave si affacciarono dagli oblò dei topi lontani parenti di Jerry e che conoscevano bene anche Speedy Gonzales. Quando hanno saputo che i nostri amici andavano allo zoo, hanno voluto andare anche loro. Petrus non era tanto d’accordo perché sarebbe aumentata la confusione. Ma Jerry insistette tanto… Petrus si raccomandò che non facessero troppo chiasso, perché se no gli animali feroci in gabbia si infastidiscono, si mettono ad urlare ciascuno nella loro lingua, intervengono i custodi del museo ed allora… allora sono guai.
Ottenuto assicurazione da tutti, Petrus è andato al botteghino dello zoo per pagare i biglietti d’entrata. “Un bambino, due gatti, dieci topi, un canarino, un coyote… Ah, no. Il coyote no, lui è rimasto a casa.” Il bigliettaio si fece ripetere bene, perché era la prima volta che dei topi e dei gatti andavano a visitare lo zoo. Non sapeva quanto doveva fargli pagare, perché c’erano biglietti solo per adulti e per bambini. Così chiamò il direttore dello zoo. Petrus dovette spiegargli che erano tutti suoi amici, che era stato lui ad insistere perché lo accompagnassero a visitare lo zoo. Poveri gatti e topi. Perché non dovrebbero anche loro avere il diritto di vedere come è fatto un leone o una tigre od un elefante? Il direttore si lasciò convincere, ma raccomandò, per carità, che i gatti stessero lontani dalle gabbie delle tigri che sono una specie di gattoni, ma non amano vedere dei loro simili piccoli piccoli. I topi poi devono stare lontano dalle gabbie delle scimmie, che se no si agitano perché dicono che sono i topi che attaccano loro i pidocchi. E’ per questo che le scimmie sono sempre lì a spidocchiarsi. Se vedono un topo allora diventano furiose... Jerry a questo punto insorse contro il direttore, disse che erano tutte fandonie, che lui di pidocchi non ne aveva, che si lavava ogni mattina, che faceva la doccia una volta alla settimana, anzi, nò, due volte.. e chi aveva messo in giro queste bugie meritava la prigione.. Insomma per poco il direttore non si arrabbia davvero e li caccia tutti fuori.
Insomma, Petrus ha dovuto sudare un bel po’ per riuscire finalmente a varcare il cancello dello zoo. Per assicurarsi che tutti fossero tranquilli Petrus comprò delle noccioline e del pop corn per tutti. Per lui si prese un gelatone di fragola e limone.
Ecco che Petrus in testa al piccolo corteo si addentra nei viali dello zoo. Passando davanti ai laghi con le foche, nessun problema. Anche le gabbie degli uccelli - aquile, corvi reali, sparvieri, galli cedrone, pappagalli di tutti i colori – non produssero problemi speciali per la comitiva. Solo Tweety, al vedere tanti begli uccelli che dovevano rimanere chiusi in gabbie, sia pur grandi, venne preso dalla tristezza ed una lagrima gli spuntò sugli occhi ed andò a scivolare proprio sul suo giallo becco. Ma poi si mise a ridere quando vide che anche i serpenti, che di solito vanno a caccia di uova di uccelli, erano chiusi in gabbia. Tutto bene quindi. Anche se Silvestro si mise a fare le boccacce all’orso bianco (tanto era distante da lui e giù nella fossa dei ghiacci) non successe niente. L’orso non lo degnò neanche di uno sguardo.
Poi davanti alla gabbia delle tigri Silvestro e Tom si gonfiarono tutti dall’orgoglio di essere parenti sia pure alla lontana di così bei gattoni a strisce gialle e nere. Per fortuna le tigri dormivano. Silvestro aprì la bocca facendola più grande che poté, fece la faccia cattiva ed emise un grande… ruggito? No, no, si trattò di un miagolio più stridente del solito. Risultato: tutti scoppiarono a ridere. Per fortuna le tigri non videro il loro lontano parente perché dormivano, ed il ruggito … del gatto non riuscì neanche a svegliarle.
Il guaio avvenne dopo, quando i nostri passarono davanti alla gabbia delle scimmie. Il direttore dello zoo l’aveva detto: tenete lontano i topi dalle gabbie delle scimmie. Invece no, sia Jerry, che Speedy che gli altri topaccioni della nave, si avvicinarono alla rete. Le scimmie che non dormono mai, quando li videro, tanti topi tutti assieme, si misero a saltare da un ramo all’altro, a fare le boccaccie, a tirare fuori la lingua, a mostrare il sedere tutto rosso ai visitatori. Si grattavano e spulciavano più del solito, si giravano verso i topi e tiravano fuori la lingua, e ridevano per schernirli… Ah, ah, aaahhh.
I topi sono pazienti, bravi, tranquilli. Così almeno afferma Jerry. Tom da bravo gatto non è proprio di quel parere, anzi. Lui dice che sono degli animali impiccioni, che disturbano, che attaccano briga. Non so chi abbia ragione. Però in quell’occasione, a vedere come le scimmie cercavano di prenderli in giro - quasi dicessero: “Eccoli, sono arrivati i topi pieni di pidocchi” – i nostri topi la pazienza, anche se ne avessero avuta, la persero.
Passarono attraverso le maglie della
rete e si misero a saltare addosso alle scimmie. Queste saltavano da un
ramo all’altro, urlavano, schiamazzavano, ridevano, sputavano, si spidocchiavano,
cercavano di non farsi toccare dai topi, come se questi fossero la peste.
A tutto quell’urlare, quel subbuglio,
le tigri si svegliarono dal loro sonno profondo, videro che c’erano dei
gatti allo zoo. Si alzarono sulle zampe posteriori, spalancarono l’enorme
bocca, le fauci con i dentoni aguzzi e ruggirono, ruggirono.
I leoni, che anche loro dormivano,
svegliati di soprassalto si misero anche loro a ruggire.
Gli elefanti si mossero e si misero
a barrire, le giraffe torcevano il collo più che potevano per vedere
che cosa stesse succedendo.
Un rinoceronte che non era mai stato
veramente tranquillo prese la rincorsa e con il suo grosso corno sfondò
la rete.
Tutti i visitatori dello zoo si
misero a scappare aumentando il caos.
Gli elefanti a loro volta dettero
un calcio alla staccionata e fuggirono.
Il povero guardiano dei leoni aveva
appena aperto lo sportello della gabbia per dare loro da mangiare e scappò
via. Così anche i leoni uscirono dalla gabbia e si misero a correre
per i viali dello zoo.
Il povero direttore, giallo dalla
paura, uscì dal suo ufficio con le mani nei capelli.
Dopo un po’ arrivò la polizia,
la squadra antincendio, i militari del reggimento corazzato con i carri
armati, i pompieri, i carabinieri, le guardie di finanza, la banda Bassotti
che sperava di approfittare della confusione per rubare la cassa del botteghino
che vendeva i biglietti dello zoo.
Pare ci sia voluto una settimana
per riprendere tutti gli animali e rimetterli in gabbia.
E Petrus ed i nostri amici? Per
paura che il direttore dello zoo li indicasse alla polizia come i colpevoli
del guazzabuglio, si nascosero nella gabbia dei leoni. Tanto i leoni erano
scappati. Poi di notte, quatti quatti se ne uscirono senza essere visti
dallo zoo. Erano un po’ tutti spaventati. Petrus era soprattutto arrabbiato
con i topi della nave. Così si accomiatarono. Ognuno per la propria
strada.
Petrus con gli amici riprese il suo aereo e partirono per le isole dei mari del sud. Un po’ di pace e tranquillità finalmente. Tutti sdraiati al sole. E speriamo che non ci siano scimmie in cima alle palme di cocco, se no…
Speedy Gonzales con Mimì detto Bi-bip, Willie Coyote e Gatto Silvestro, ma anche con Jerry e Tom che erano venuti a trovarli per il week-end, pensarono di andare in Africa. Forse per vedere da vicino i leoni che avevano imparato a conoscere allo zoo. Tuttavia non avevano i soldi per comperare i biglietti di aereo. Allora andarono in banca a prelevare i soldi dal libretto del Carletto un amico di Petrus. Veramente Carletto non era molto d’accordo che prendessero i suoi soldi. Però per la grande amicizia che li legava acconsentì, ma disse che al ritorno gli dovevano in cambio portare dieci pellicce di leoni africani.
I nostri sei amici partirono di domenica per l’Africa. Arrivarono all’aeroporto di Unganoiota in mezzo alla foresta del Congo. Quando scesero dall’aereo faceva così caldo che Speedy si mise il suo sombrero per avere un po' d’ombra. Silvestro anche lui voleva un cappello, ma non ne avevano portati altri. Allora decisero di tagliare una grande foglia di palma e di fare dei cappelli. All’ombra delle foglie di palma si inoltrarono nella foresta.
Appena entrati sentirono un ululato, no, era un ruggito...rohrruuhruuh. Il coraggiosissimo Silvestro a quel ruggito pensò coraggiosamente di scappare. Purtroppo sbagliò direzione e finì proprio là dove stava il leone. Costui, cioè il leone, era di buon umore. Per fortuna, se no povero Silvestro.. Il leone ne avrebbe fatto un solo o forse magari due bocconi.
In quel momento arriva... chi arriva
di corsa? Speedy Gonzales, proprio il nostro velocissimo topo. Tira fuori
di tasca un mazzo di carte e dice al leone: “Tu che sei capace di ruggire
forte, sei anche capace di giocare a briscola?” Il leone fa una risatina:
“Oh, oh! Io sono il più forte giocatore di briscola dell’Africa.”
Allora facciamoci una partita. “Va
bene dice il leone, ma se vinco io, voglio mangiarmi questo gattuccio.”
Silvestro al sentire le parole del
leone, gli viene la tremarella alla gambe e balbetta: “Ma cosa c’entro
io se perde a carte Speedy? Mangiati Speedy se è lui che perde.”
Ma risponde il leone: “Cosa vuoi
che me ne faccia di mangiare un piccolo topo. Le sue ossa sono così
piccole che finirebbero per rimanermi tutte in mezzo ai denti. Mi ci vorrebbe
allora un sacco di stuzzicadenti per pulirli. Se invece mi mangio un bel
gattone, non rischio di fare indigestione come se mangiassi un coyote,
e non mi vanno le ossa nei denti.”
Silvestro non sa cosa replicare ed i due si mettono, il leone e Speedy, a giocare a carte. Chi vincerà la partita? Scommettiamo che vince Speedy? Alla fine contano i punti e il leone ha fatto solo 38 punti. Quindi Speedy ne ha fatto 82 (120 meno 38 quanto fa?) ed ha vinto. Silvestro tira un respiro di sollievo. Anche Tom e Jerry tirano un sospiro. Non sia mai che, se avesse vinto lui, dopo aver mangiato Silvestro al leone fosse venuta voglia di fare un pasto completo...
Dice ora Mimì, l’uccello struzzo, detto Bi-bip al leone: “Adesso che tu hai perso a carte ti voglio sfidare a fare una corsa con me. Se riuscirai a prendermi mi potrai mangiare. Ma se invece non mi prenderai, allora ci devi dare la tua pelliccia, perché abbiamo promesso al nostro amico Carletto che gli avremmo portato dall’Africa una bella pelliccia di Leone.” “Anzi, no - dice Silvestro - glie ne abbiamo promesse dieci. Allora chiama altri nove dei tuoi amici leoni e insieme correte dietro ai miei amici Speedy e Mimì. Se non riuscirete a prenderli ci date le vostre pellicce.”
Il leone si mette a ridere e già si lecca i baffi perché è sicuro di prendere i due piccoli animali. Chiama allora con un ruggito possente i suoi amici leoni e dice: “Leoncelli, qui c’è da fare una bella mangiatina, perché questi due pollastrelli ci hanno sfidato a rincorrerli e a prenderli. Un gioco da ragazzi.”
Ecco che inizia la corsa. Tom e Jerry
non sono tanto sicuri del risultato e per prudenza si arrampicano su un
albero. Da lassù poi si vede meglio...
I dieci leoni corrono come matti,
ma Speedy e Mimì sono più veloci. Arrivati al traguardo i
leoni devono togliersi la pelliccia, come pattuito. Dopodiché, tutti
vergognosi se ne vanno in mutande, senza più la loro bella pelliccia,
a nascondersi nel foresta.
I nostri sei amici, tornano quindi a casa e Carletto ha ottenuto le dieci pellicce che gli avevano promesso.
Un giorno Silvestro, il nostro simpatico
amico gatto, si lamenta con Speedy Gonzales (il topo più veloce
del mondo), perché non riesce mai a prendere l’uccellino Tweety.
Speedy, a sentire le lamentele di
Silvestro gli dice: “Hai provato con il sale?” “Come sarebbe con il sale?’
– dice Silvestro – Ho provato con tutti i mezzi, ma con il sale… Il sale
lo userei dopo che ho cucinato Tweety. Ma prima lo devo prendere.”
“E no, qui sta l’errore – dice Speedy
– Secondo un mio vecchio zio messicano, che la sapeva lunga su come catturare
gli uccellini, il sale va usato prima per prendere l’uccellino e non dopo
per mangiarlo. Si deve mettere il sale sulla coda, hai capito? Se riesci
a mettergli il sale sulla coda, allora è cosa fatta. Messo il sale
sulla coda, l’uccellino, per quanto svelto sia a scappare, a volare via,
non ce la fa più. Lo prendi per forza, e subito. L’ importante
è riuscire a mettergli il sale sulla coda. Facile, no?”
Silvestro guarda perplesso l’amico
Speedy. “Tu mi prendi in giro. Come faccio a mettere il sale sulla coda
di un cardellino giallo e svelto come Tweety? Mica lui sta lì fermo
ad aspettare. Lui vola subito via. E’ tutta la vita che cerco di mettergli
le mani addosso. Ma non c’è niente da fare.” “E tu prova con il
sale.” Poi Speedy se ne va via.
Silvestro quella notte non riesce
a dormire: “Che abbia ragione Speedy? Lui, Silvestro, con il sale non ha
mai provato. Domani vuol provare. “Certo se riesco a mettergli il sale
sulla coda… Zam, lo becco subito.”
Alla mattina Silvestro si alza più
presto del solito. Tweety è su in alto che ancora dorme nella sua
gabbia sempre aperta. Almeno sembra che dorma. Ma Tweety dorme con
un occhio solo. Non appena Silvestro cerca di avvicinarsi alla gabbia lui
si sveglia e scappa via, vola in alto dove Silvestro non può arrivare.
Ma vediamo un po’ stamattina con
il sale se riuscirà ancora a scappare!
Silvestro va in cucina e prende un
pizzico di sale dal salino. Con la zampa sinistra in alto chiusa per tenere
il sale, piano piano con la destra Silvestro prende una sedia. Vi sale
sopra. Tweety dorme ancora. Forse è la volta buona. Ma Silvestro
ha messo la sedia troppo indietro. Si sporge avanti, con la zampa sinistra
cerca di entrare nella gabbia, di mettere il sale sulla coda di Tweety,
ma… patapunfete… la sedia si sposta e lui... Silvestro è
lungo disteso per terra. Tweety lo guarda dalla gabbia e ride… Ride e ride:
“Ah, ah, ah. Con il sale voleva prendermi, voleva mettermi il sale sulla
coda… Ha creduto alla storiella del sale sulla coda per prendere gli uccellini..
Ah, ah, ah-ah!!”
Silvestro si alza da terra ammaccato
e vergognoso per la brutta figura che ha fatto.
Nel pomeriggio va a trovare Speedy
Gonzales. “Bello scherzo che mi hai fatto. Il sale sulla coda, vero? Tweety
è ancora là che ride di me.”
“Ma che sale hai adoperato – dice
Speedy – hai usato il sale di cucina solito?” “E che sale dovevo usare
– dice Silvestro - c’è un solo sale che io sappia.”
“E no, mio caro. C’è il sale
marino e poi c’è il salgemma.” “E che cos’è il salgemma?”
“Una volta c’erano dei mari. Poi si sono prosciugati al sole ed è
rimasto il sale. Poi sono venuti i terremoti ed hanno coperto il sale con
le montagne. Così si sono formate sotto terra delle miniere di sale
che viene appunto detto salgemma. E’ sì, mio caro. Ci vuole il salgemma,
perché funzioni il fatto di mettere il sale sulla coda per prendere
gli uccelli. Anzi. Ci vuole uno speciale salgemma che si trova solo in
una vecchia miniera abbandonata in Persia. Così almeno mi diceva
il mio vecchio zio che mi ha insegnato il trucco di prendere gli uccelli
col sale sulla coda.”
“Dove hai detto che si trova questa vecchia miniera di salgemma?” chiede preoccupato Silvestro. “ La si trova vicino a Salamabad una città della Persia. Un po’ lontano da qui. Ci vorrebbe un aereo. Ma se vuoi prendere Tweety, caro mio, va fatta un po’ di fatica. Va fatto qualche sacrificio.” “E chi me lo dà un aereo per andare in Persia a… come hai detto che si chiama quella città? Sal.. sala… salameched.. “ “No, no, ho detto Salamabad. Non te lo scordare. Anzi è meglio che te lo scriva il nome. Per l’aereo puoi chiedere a Petrus. Lui è sempre pronto ad aiutare gli amici.”
Così Silvestro si rivolge a Petrus che volentieri gli presta l’aereo. Sull’aereo arriva un fax da Speedy. “Mi sono dimenticato di dirti che devi chiedere della vecchia miniera di Alì Babà e dei 40 ladroni. In fondo ad un vecchio tunnel ci dovrebbero essere ancora dei sacchi di salgemma. Prendine uno e caricatelo sulle spalle. Buona fortuna. Firmato, Speedy Gonzales.”
Silvestro arriva a Salamabad con l’aereo gentilmente messo a disposizione da Petrus.. Chiede della vecchia miniera dei 40 ladroni e di Alì Babà. Ci va, ma trova che la miniera è chiusa da una porta. Come si fa ad entrare? Per fortuna passa di là un vecchio contadino che gli dice: “Se mi dai 40 dollari ti dico come si fa ad aprire la porta.” Silvestro borbotta che 40 dollari sono un po’ tanto. “No, non mi pare. Ci vuole un dollaro per ognuno dei quaranta ladroni. E non ti chiedo nulla per Alì Babà.” Silvestro brontolando tira fuori dal portafoglio i soldi. “Devi dire Apriti Sesamo. Vedrai che funziona.“ Ed infatti la formula magica funziona. La porta si apre.
Silvestro un po’ preoccupato e con una candela in mano entra nel cunicolo della galleria. Buio pesto. Inoltre si sentono strane voci. Che siano i 40 ladroni? Ma forse è solo il vento. Dalla paura Silvestro se la fa quasi addosso. Per fortuna in fondo al cunicolo vede dei sacchi. Ne apre uno, Con un dito assaggia il contenuto. Sì, sa proprio di sale. Se lo carica sulle spalle e via di corsa a raggiungere l’aereo. Qui Silvestro accelera al massimo. Non vede l’ora di arrivare a casa e provare se funziona il trucco del sale sulla coda.
Quando scende dall’aereo si mette il sacco in spalla come aveva detto Speedy. Purtroppo in quel momento si vede un lampo e si sente un terribile tuono. Si mette a piovere a sgarganella (si dice a sgarganella o a catinelle? Ma!). Silvestro si bagna tutto. Ma soprattutto è il sale che si bagna e si scioglie. Si scioglie tutto addosso sul povero Silvestro che quando arriva a casa è tutto impiastricciato di sale e nel sacco non ce n’è quasi più. In casa Silvestro si asciuga davanti al camino. Ma non l’avesse mai fatto. Tutto il sale gli si asciuga addosso e Silvestro non riesce più a muoversi. Sembra un istrice con i suoi peli tutti ritti per il sale.
Tweety lo vede e scende giù. Lo guarda da vicino e scoppia a ridere. “Eccolo, guarda con il sale cosa ha combinato. Non si può più neanche muovere. Adesso te lo metto io il sale, ma non sulla coda. Te lo metto in bocca. Ecco.” Ed infatti Tweety con il becco toglie un bel pezzo di sale dal sacco aperto e lo infila in bocca di Silvestro che non riesce a muoversi tutto incollato com’è per il sale nei peli della sua pelliccia.
Finalmente Silvestro riesce ad entrare nella doccia e dopo mezz’ora è riuscito a togliersi tutto il sale di dosso. Tweety lo guarda dall’alto della sua gabbia ed ogni tanto si mette a ridere, a ridere.. e dice: “Il sale sulla coda…ah, ah, il sale sulla coda… ah, ah!”
Silvestro stanco va a letto. Ma la
mattina la prima cosa che fa cerca di raccogliere un po’ del salgemma rimasto
nel sacco. Ne è rimasto solo per una volta. Un pizzico di salgemma.
Ma dovrebbe bastare. Silvestro stavolta prende una scala e sale verso la
gabbia con il salgemma in mano. Tweety lo guarda divertito e lo aspetta
senza paura. E’ sicuro che Silvestro cadrà dalla scala come al solito.
Invece no, Silvestro è ormai sulla scala vicinissimo alla gabbia.
Ha già la mano sulla porta della gabbia e sta per mettere il sale
sulla coda.. Ma Tweety è furbo e gli mostra sempre la testa. Silvestro
cerca di infilare la zampa dietro a Tweety nella gabbia per arrivare alla
coda.
A questo punto entra nella stanza
la padrona di casa. “Cosa fai lassù stupido gatto? Sempre a molestare
il mio caro canarinoTweety. Adesso ti faccio vedere io!”
Da una pedata alla scala che
cade giù assieme al prode Silvestro. Stavolta Silvestro si fa male
davvero e deve stare ingessato a due zampe per un mese. Speedy va a trovarlo.
“La tua idea del sale, anzi del salgemma! Una bella fatica per nulla. Bel
consiglio davvero che mi ha idato. Bell’amico che sei”, si lamenta Silvestro.
Speedy Gonzales risponde che il
consiglio è buono. Ma non può funzionare al primo colpo.
Occorre tentare ancora, ancora. Poi finalmente quando Silvestro sarà
riuscito a mettere il sale sulla coda…
Silvestro è ancora oggi là
che tenta invano di mettere il sale, sulla coda di Tweety ma non c’è
ancora riuscito. Forse perché tenta con il sale da cucina. Infatti
non ha più avuto voglia di tornare a Salamabad a prendere un altro
sacco di salgemma.
Ma forse un giorno ci riuscirà.
Chissà?
Petrus qualche giorno fa ha avuto l’idea di invitare tutti nella sua casa di montagna. Mi pare che si trovi in un paese che si chiama Làtitengo, o forse, no, forse è Quititengo. Insomma o qui o là, ci sono andati tutti. La casa è vicina a dei boschi in cui ci sono tanti funghi. Petrus propone a tutti di andare nel bosco a coglierne per poi fare un buon risotto con funghi.
Tutti furono entusiasti dell’idea.
Tranne… Immagina chi… Silvestro dice che l’aria di montagna è leggera
e gli ha fatto venire sonno. Vadano pure loro a prendere i funghi che lui
mangerà volentieri il risotto. Petrus allora s’arrabbia. “Se è
per quello, tu dormi sempre sia in città che in campagna, sia che
ci sia l’aria leggera che quella grossa, sia che piova o che ci sia il
sole. Meno chiacchiere. Sveglia dormiglione che si va nel bosco per funghi.”
Allora Silvestro dice – e questa
era proprio la verità - che lui i funghi non li conosce. Sa che
ce ne sono dei buoni e dei velenosi. Ma lui non saprebbe come distinguerli.
Petrus conviene che Silvestro ha ragione, e che prima di andare a cercare funghi è bene imparare a distinguere quelli buoni da quelli cattivi. Per fortuna nella casa di Petrus in montagna c’è un famoso libro del famoso abate Bresàdola che conosceva più di 1000 tipi di funghi di cui ben 150 buoni da mangiare. Così il primo giorno viene passato a guardare il libro. Ci sono dei disegni di funghi buoni e di funghi cattivi. Petrus propone che si cominci da un tipo di fungo che è facile riconoscere: la famigliola buona. C’è anche la famigliola cattiva, ma la si riconosce subito: quella buona ha un anello sul gambo, mentre quella cattiva non ce l’ha. Chiaro a tutti: con l’anello è buono, senza anello è cattivo.
Dopo un giorno passato a sfogliare il libro dell’abate Bresàdola, Silvestro è più stanco di prima. Vorrebbe proprio stare a casa a riposare. Ma Petrus lo spinge fuori con tutti gli altri. “Lazzarone, al lavoro. Ognuno va per conto suo e stasera vediamo chi ne ha raccolto di più. Anello, buona. Senza anello, cattiva la famigliola. D’accordo Silvestro?”
Silvestro risponde con uno sbadiglio. Quando è solo nel bosco Silvestro cerca di ripetere la lezione: con l’anello, senza l’anello. Mia zia quando si è sposata le hanno regalato l’anello. Ma poi l’ha perso. L’anello è buono o no. Io non ce l’ho l’anello e mica sono velenoso. La padrona ha un grosso anello al dito e mi dà sempre dei calci. La padrona ha l’anello ed è cattiva. Quindi i funghi con l’anello sono cattivi. Ma no, sono buoni. Ma no, sono cattivi…”
Povero Silvestro. Dopo un po’ ha
le idee più confuse di prima. Ci vuole l’anello oppure no? Vede
un bel gruppo di funghi. Sembra proprio una famigliola. Ma ha l’anello.
Quindi com’è? Buona, velenosa? Il dubbio lo assale. Per fortuna
di lì passa uno scoiattolo. “Mi scusi, signor scoiattolo. Lei che
vive nei boschi, mi saprebbe dire se le famigliole buone hanno l’anello
o no?”
Lo scoiattolo lo guarda sorpreso:
“La mia famigliola, mio babbo, mia mamma, i miei fratelli sono tutti buoni
e non hanno l’anello.”
“Ma no, ma no. Io volevo dire dei
funghi. La famigliola è un tipo di fungo. Volevo sapere se è
quella buona che ha l’anello oppure è quella velenosa.” “Ha lei
parla dei funghi, signor gatto. Ma vede, io i funghi non li mangio. Io
mangio, nocciole, noci. E nessuna di queste ha l'anello. Arrivederci, mio
caro signore. Ho un appuntamento nel bosco e vado di fretta.”
Silvestro si gratta la pera. Ne sa
quanto prima. Veramente no. Gli sembra di potere fare un bel ragionamento
logico. Le cose buone, dice lo scoiattolo non hanno l’anello. Quindi...
Ma non tiriamo troppo in fretta
delle conclusioni logiche. Per fortuna di lì passa una volpe. “Scusi,
signora volpe. So che lei è pratica di boschi. Mi dovrebbe aiutare
a risolvere un problema. Non mi ricordo più se la famigliola buona
ha l’anello oppure no.”
“Vede caro signor gatto, io non
posso proprio aiutarla. Io non ho famiglia e non ho mai conosciuto né
il babbo né la mamma. I miei fratelli poi non li ho mai visti. Mi
scusi, ma vado di fretta.” “No, no. Non volevo dire la sua famiglia. Parlavo
dei funghi, i funghi che si chiamano famigliola.” “Ah, i funghi. Bè,
allora è tutta un’altra cosa. Però di funghi me ne intendo
poco. Io mangio soprattutto delle uova. Uova di gallina se trovo un pollaio,
uova di passere, magari di struzzo, se ci fossero struzzi nella foresta.
Ma non ci sono struzzi da queste parti. E tutte le volte che mangio le
uova non ho mai visto un anello. Se no mi si fermerebbero in gola, perché
io l’uovo lo mando giù intero, guscio e tutto. Le confesso poi che
gli anelli non mi piacciono. Un giorno un contadino mi prese mentre ero
entrato nel suo pollaio. A rubare, dice lui. A fare compagnia a quelle
povere galline che sono sempre sole, sempre chiuse nel pollaio a beccare,
dico io. Insomma, per farla breve, mi ha legato un anello alla zampa e
con una corda mi ha tenuto legata ad un palo. Per fortuna sono poi riuscita
a scappare. Guardi qui quel maledetto anello. Ho ancora la zampa scorticata.
No, no, non mi parli di anelli, mio caro amico. Non voglio più veder
anelli io. Ma mi scusi. Ho tanta fretta. Ho un appuntamento.”
“Vanno tutti di fretta in questo
bosco”, pensa il povero Silvestro mentre la volpe sparisce tra i cespugli.
Però a ben pensarci gli sembra che ora una conclusione logica si
possa trarre. In fondo anche se nessuno lo ammetterebbe, lui è molto
intelligente. Una intelligenza incompresa, ma una bella intelligenza. Eh,
eh, in quanto a logica nessuno mi frega, neanche quel canarinetto da due
soldi che si chiama Tweety. Insomma, conclusione logica. La famigliola
buona non ha anelli. Quella con anelli è la famigliola pazza, quella
velenosa.
Rincuorato da questa certezza, Silvestro
vaga per il bosco e di funghi ne trova, tanti. Qualche famigliola ha l’anello
e lui la guarda con un sorriso ironico: ”Ah, ah, tu non mi freghi. Io so
qual è quella buona e quella velenosa.” E così dicendo con
un calcio calpesta la famigliola con l’anello. A sera il cestino è
pieno di belle famigliole, di bel colore brune e tutte rigorosamente senza
anello.
Silvestro non vede l’ora di far vedere
il suo raccolto agli amici. Nessuno avrà un cestino così
pieno e bello come il suo.
Entra in casa dove gli altri sono
da un po’ già attorno al fuoco a cuocere il risotto. “Oh, eccolo
arrivato il dormiglione. Scommetto che hai passato il giorno a dormire
sotto un castano. Se aspettavamo i tuoi funghi per fare il risotto…”
Silvestro con un’aria di sfida tira
fuori da dietro dove lo teneva nascosto il cestino e lo posa trionfante
sul tavolo. “Ecco qua il tuo dormiglione. Guarda che raccolta di funghi
ho fatto. E come sono belli”.
L’urlo di Petrus a vedere tutti quei funghi velenosi lo sentirono tutti nel bosco, anche i vermi che se ne stavano rintanati a cena nei funghi buoni. E tirarono fuori il capolino dai funghi: “Chi ci disturba a quest’ora?” E guardandosi in giro vedono un povero gatto afflitto, che borbotta: “Eppure era più che logico il mio ragionamento. Buone le noci senza anello, buone le uova senza anello, quindi buoni i funghi senza anello. Ma Petrus con il suo abate - Bresaola, prosciutto, o come diamine si chiama - lui sa sempre tutto. Io ho sempre torto. Che mondo ingiusto è mai questo…”
Quella volta che Suor Chiara dell’asilo
di Petrus voleva organizzare uno spettacolo di teatro... Petrus allora
subito le dice: “Suor Chiara, posso chiamare i miei amici che sono molto
bravi a recitare. Soprattutto ad improvvisare. C’è Speedy Gonzales
che con la sua chitarra può fare da accompagnamento musicale allo
spettacolo. C’è il canarino Tweety che può volare sopra i
bambini e vedere chi fa fracasso e dargli una piccola beccata per farlo
star zitto. C’è poi Willie Coyote che è un inventore ed un
ingegnere e può senz’altro fare una grande macchina scenografica,
con sipari che si alzano e che scendono. Se si porta poi un sacco con delle
carote, credo che il coniglio Bugs Bunny e la sua amica Lola sono pronti
a fare tutto quello che vogliamo. Tom e Silvestro i miei due amici gattoni,
possono sorvegliare che non entrino topi in teatro. Salvo l’amico Jerry,
ben inteso. Poi ci sono io, Stefi e gli altri grandi. Sarah deve solo star
buona, seduta a vedere”.
Morale della favola, Petrus è
riuscito a convincere Suor Chiara. Così un bel giorno arriva tutta
la banda degli amici di Petrus.
All’asilo i bambini sono entusiasti.
Soprattutto quando vedono Willie che comincia a darsi da fare per preparare
il palcoscenico. Ha bisogno di assi, di colori, di carta, di colla. Ogni
bambino ne porta da casa e Willie comincia a picchiare con il martello,
a segare a colorare, a incollare. Petrus è un po’ preoccupato, perché
sa bene che le invenzioni di Willie Coyote sono sempre pericolose. Si spaventa
poi quando Willie lo manda a cercare dei razzi da fuochi d’artificio. “Cosa
ne vuoi fare?” “ Non ti preoccupare, quando il diavolo entrerà in
scena occorre che si senta uno scoppio e poi odore di zolfo!” “Ma mica
è previsto che ci sia il diavolo tra i personaggi!” “Ci sarà,
ci sarà – fa Willie – ho ricevuto un telegramma di Bi-bip che arriva
anche lui. Per me Bi-bip è come il diavolo. Allora lo devo ricevere
con tutti gli onori di casa.” “E per questo hai bisogno di fare fuochi
d’artificio e far scoppiare dei petardi?”
Passa di lì suor Chiara e
chiede come vanno i preparativi. Petrus non ha il coraggio di dirle
che ci saranno anche dei fuochi d’artificio. Che Dio ce la mandi buona!
Per fortuna passa di lì Bugs
Bunny e suor Chiara va con lui per fargli vedere dove può trovare
delle carote.
Dopo un bel po’ di martellate, di
incollate e di colorate, il palcoscenico è pronto. Si tratta ora
di fare le prove. Willie Coyote fa vedere che sollevando una leva si apre
un trabocchetto sul palco, dove dovrebbe cadere il diavolo, cioè
Bi-bip. Tirando un’altra leva scende dall’alto un cestello con dentro Tweety
e la sua gabbia.
Willie fa la prova. Tira la leva,
ma non scende niente. Tutto si mette a tremare. Petrus è preoccupato.
Stai a veder che ora casca tutta l’impalcatura. Ma Willie dice: “Devo fare
ancora dei lavoretti. Poi tutto funzionerà alla perfezione.” “Uhm,
sarà”, pensa Petrus che non è tanto convinto e che teme sempre
un qualche disastro quando c’è di mezzo l’inventore Willie.
Le maestre dell’asilo hanno preparato i costumi per i nostri attori. Il più buffo è Silvestro vestito con un sacco da cui spunta la coda. Per camminare deve saltare con il sacco. Ha un grosso fiocco rosso al collo che chiude il sacco. Deve fare uno spazzacamino che però, invece di pulire il camino, cerca di saltare con il sacco e prendere al volo Tweety il canarino. Ma ad ogni salto deve inciampare e cadere per terra. La parte di cadere Silvestro la fa proprio bene. Anche quando non vuole e non sta facendo le prove, Silvestro inciampa sempre nel sacco quando cammina e cade per terra. “Va proprio bene così. Bravo, Silvestro – dicono le maestre - Sei proprio bravo a cadere per terra. Chissà che risate i bambini quando ti vedranno cadere sul palco ogni volta che farai un salto.” “Tocca sempre a me fare la figura del buffone,” si lamenta Silvestro con Petrus. “Vedrai che poi se i bimbi ridono, ti daranno tante caramelle e cioccolatini.” Silvestro all’idea si lecca i suoi quattro lunghi baffi e se ne va consolato.
Bugs Bunny è vestito con un lungo abito color carota. In testa ha una cappello verde fatto come le foglie di una carota. Assomiglia proprio a una carota vera. Ma una carota che si muove, salta a destra e sinistra. A Lola che lo guarda come per dirgli: “Ma non ti senti un po’ ridicolo?” lui risponde: “Purché mi diano un sacco con delle carote da portare sul palcoscenico, per me va bene tutto.” La parte di Bugs Bunny è di fare la carota che deve venire mangiata da un coniglio, che sarebbe poi Lola. Naturalmente la carota deve scappare e non farsi mangiare, ma in compenso essere lui – così vestito da carota gigante a mangiare tante carote. E’ una parte che a Bugs Bunny piace molto. Solo che non è mai contento di come lui la recita, ed allora vuole sempre riprovare ed ogni volta deve mangiare una decina di carote. Per imparare meglio la parte, dice lui. Non sarà perché così si mangia tante carote? Suor Chiara dice: “Ora basta, la parte la sai fare bene.” Ma lui, niente. Vuole provare ancora. Ancora ci vogliono delle altre carote per provare la scena. Ormai le carote che c’erano ad Intra l’attore Bugs Bunny se l’è mangiate tutte. Hanno ordinato un camion di carote dalla Svizzera.
Tom invece deve fare proprio la sua
parte: quella di un gatto che prende un topo. E chi fa la parte del topo
è proprio Jerry, che Tom in vita sua non è mai riuscito a
prendere.
Tom è contento della parte:
finalmente riuscirà, sia pure in teatro a prenderlo quel dannato
di un Jerry. Ma durante le prove Jerry non si fa mai prendere. Ed eccoli
allora correre sempre, avanti ed indietro sul palcoscenico, nelle classi,
nel cortile. “Fermati che ti devo prendere, così vuole la parte
che dobbiamo fare in teatro”, gli urla Tom. Ma Jerry, si gira, gli tira
fuori la linguaccia e poi scappa. Anche adesso, senti come urla il povero
Tom. Anzi le urla si avvicinano. Si sente una corsa trafelata verso il
palco. Willie Coyote è un po’ preoccupato che le sue assi incollate
resistano agli urti che gli dà Tom per correre dietro a Jerry. Anzi
stavolta tutto si mette a tremare, si sente uno sparo… Aiuto, cosa
succede? Suor Chiara arriva di corsa…
Il seguito della storia ad un fax prossimo venturo. Cosa sarà mai successo? Perché qualcuno ha telefonato ai pompieri?
Erano le tre del pomeriggio e per le strade di Intra si sente la sirena imperiosa dei pompieri: “Largo, largo, che passano i pompieri. Cosa sarà successo? Ha preso fuoco qualcosa? E’ all’asilo che è successo…è all’asilo…” Tutto il paese è preoccupato e si precipitano mamme e papà a vedere cosa mai sia successo. Povero Petrus, si è messo in un bel pasticcio per colpa dei suoi sventati amici.
Ma cosa poi era successo? Ti ricorderai
che il sapientone Willie Coyote aveva realizzato una grande macchina teatrale
per muovere le scene sul palco. Veramente, se ti ricordi, quando lui aveva
cercato di spostare una leva che doveva far scendere la tela con lo scenario,
non si era mosso nulla. E Coyote tranquillo aveva detto: “Non è
niente, ora vedo di metterla a posto. Tutto funzionerà alla perfezione,
non vi preoccupate.”
Invece qualcuno avrebbe dovuto preoccuparsi
anche per via di quei fuochi d’artificio, razzi e razzetti, petardi e cose
del genere. Tutto per rappresentare il diavolo, che poi sarebbe stato interpretato
dall’eterno nemico di Coyote, cioè da Bi-bip.
Insomma, Willie era lì che stava armeggiando con la leva, quando si sentono le urla di Tom, che corre dietro a Jerry: “Hai capito che ti devi fermare, perché è previsto dalla rappresentazione teatrale che io finalmente ti afferri?” Jerry si gira e tira fuori la lingua: “Toh, prendimi se sei capace”, e si ferma proprio davanti alla famosa leva. Quando Tom sta per afferrarlo, Jerry si sposta rapidamente ed il povero Tom finisce come un salame – ma un salame in piena velocità – contro la leva… Udite, udite.. la leva che era rimasta incastrata, si libera ed il telone con lo scenario cade giù rapidamente, anzi precipitosamente, su tutti i presenti e li avvolge in un nuvolo di polvere. Ma questo è ancora niente. Un palo che teneva il tendone teso va a cadere proprio su… indovina su cosa?
Proprio così, hai indovinato. Va a finire sulla cassa in cui c’erano tutti i bei razzi, razzetti, petardi… E questi non sono così pazienti come i nostri amici. No, questi razzi e razzetti, se la prendono seriamente, si arrabbiano.. E cosa fa un razzo quando s’arrabbia? Proprio così, come pensi tu. Si mette a scoppiare, a saltare, a guizzare, a sfarfillare o a sfarfugliare… (chissà poi cosa vorrà dire?) Ed un razzo tira l’altro, e con i razzi, i razzetti si arrabbiano anche loro… ed i petardi, che fanno i petardi… naturalmente scoppiano.. e poi… Come tutti sanno, un petardo tira l’altro…
Insomma, il finimondo. Le suore accorrono disperate, i bambini scappano da tutte le parti ed urlano: ” …Il terremoto, il terremoto.. la guerra… i banditi…” Tutti a urlare, a piangere, a gridare.
Il povero Petrus si scalmana a urlare che non è niente, che sono solo dei fuochi d’artificio, che non c’è pericolo. Ma intanto gli scoppi continuano, i razzi s’innalzano su nel cielo e, siccome era nuvolo, anzi stava per piovere, vanno a finire nelle nuvole. Qui qualcuno, forse Giove, il padrone dei fulmini, s’arrabbia anche lui. Infatti, stava facendo un pisolino sdraiato fra le comode nuvole. Erano solo le tre del pomeriggio. “Chi è che mi sveglia? Cos’è questo fracasso? Qualcuno forse vuol fare concorrenza ai miei fulmini ed ai miei tuoni?” Dio ce ne scampi dalla furia di Giove pluvio. E così comincia lui a scagliare fulmini, tuoni tremendi, acqua a catinelle ed anche grandine… Mamma mia che confusione. Per fortuna che l’acqua spegne il fuoco che stava per divampare sul teatro.
Finalmente arrivano i pompieri. E
con loro anche i vigili. I pompieri fanno un po’ di calma, sollevano il
telone da cui escono i nostri amici. Willie Coyote ha tutti ritti i suoi
scarsi peli. Sembra un istrice. Jerry punta il dito su Tom: “E’ stato lui,
sempre lui.” Tom sta per saltargli addosso, ma un vigile lo trattiene:
“Calma ragazzi. Vediamo un po’ di ristabilire l’ordine.”
Le suore sono lì che guardano
con le mani nei.. sì, sì proprio come pensi tu… le mani nella
cuffia che nasconde i capelli.
Petrus va da suor Chiara: “Non si
preoccupi, suor Chiara. Rimettiamo tutto a posto noi. Vedrà
che ritornerà tutto come prima e poi potremo riprendere il teatro.”
Suor Chiara lo guarda: ”Va bene
rimettete tutto a posto. Ma per quanto riguarda il teatro, forse è
meglio che scegliamo una compagnia teatrale più locale, fatta solo
da bambini dell’asilo. I tuoi amici sono magari abituati a lavorare in
grandi teatri, alla Scala di Milano, forse. Qui da noi sai, non ci sono
i mezzi, non ci sono le attrezzature. E poi quel tuo amico, come si chiama..
ah, si Coyote… fa macchine troppo grandi e troppo intelligenti.. no, non
sono adatte per il nostro piccolo teatro... Vai adesso, Petrus, vai a fare
un po’ di pulizia..”
Petrus ritorna dai suoi amici. Tutto
ritorna normale? No, perché, perché…ci sono i vigili che
vogliono sapere di chi è la colpa, chi devono intanto portare in
galera..
Povero Petrus. Finirà anche
in prigione con i suoi irruenti amici?
Il seguito alla prossima puntata? Ma no, non voglio lasciarti in ansia. Risolviamo subito la faccenda.
Ecco per fortuna che interviene Corrado,
il vigile amico di Petrus. “No, no. Sono tutti bravi ragazzi. E’ stato
un incidente. Nessun colpevole, nessuno in prigione.”
E così la storia finisce
col lieto fine, anche se Petrus ha ancora il batticuore.
Non so però se il Teatro alla Scala ha poi preso la compagnia dei nostri amici per fare un grande spettacolo a Milano. Forse qualche mala lingua è intervenuto e a sussurrato in un orecchio a qualcuno che forse era meglio di no… che sì erano bravi, ma erano pericolosi, troppo pericolosi. Meglio mandarli a fare uno spettacolo teatrale lontano, molto lontano. In Australia, va bene. Almeno, se scoppiano dei razzi e dei petardi laggiù non si sente il rumore fin qui.
Villa d’Adda è il paese dove era vissuto Battista, il nonno di Lucio, nonno di Petrus. Siccome era stato il nonno del nonno Lucio, Battista era il trisnonno di Petrus ed il bisnonno del papà di Petrus. Se vuoi possiamo anche dire che era il papà, del papà, del papà, del papà di Petrus. Possiamo fare una scaletta, se vuoi: Petrus da Stefano, Stefano da Lucio, Lucio da Maria Teresa (la mamma di Lucio), Maria Teresa da Battista (il papà di Maria Teresa).
Uffa, che barba con tutti questi nomi. Mica vorrai che ti dica anche chi era il nonno del nonno Battista, o il papà della mamma del nonno Battista. Se proprio insisti a voler sapere tutti i nome degli antenati di Petrus dovremo costruire un bell’albero genealogico. C’è il tuo nonno Massimo che ha costruito un bell’albero genealogico della mamma del papà del nonno…. Quando andrai a Biella a trovarlo, fatti vedere quest'albero. Guarda che non è un albero che cresce in giardino. No, è un albero che cresce sulla carta. Vedrai.
Insomma, se la smetti di fare domande su chi era il nonno del nonno di suo nonno, ti posso raccontare cosa successe quella volta che Petrus ed i suoi amici andarono a Villa d’Adda. A Villa d’Adda c’è un fiume che si chiama…. Come vuoi che si chiami, si chiamerà Adda.
Allora, i nostri amici quando arrivarono
in riva al fiume trovarono che non c’era nessun ponte. E Villa d’Adda era
al di là del fiume. “E adesso come facciamo ad attraversare? Mica
vorrai che ci andiamo a nuoto. Io non so nuotare.” Così cominciò
a lamentarsi Silvestro. “Stai tranquillo – gli dice Petrus – qui c’è
un traghetto. Anzi è un famoso traghetto inventato da un grande
scienziato ed ingegnere…” “Mica l’avrà inventato quel poco
di buono del nostro inventore Willie Coyote. Lui sa inventare aerei che
cadono, scene per teatro che scoppiano.. No, no, io non ci salgo su. Non
voglio finire in bocca ai pesci. Qui ci devono essere dei lucci giganteschi.”
Era sempre Silvestro che aveva qualcosa
da dire. “Stai tranquillo, non è stato Willie. E’ stato un vero
genio, Leonardo da Vinci. Vedi quella grossa corda d’acciaio che attraversa
il fiume? Lì sta attaccato il traghetto mentre attraversa il fiume.”
Per farla breve, dopo un po’ arriva
il barcone che fa da traghetto con su nonno Lucio: “Ben arrivati a Villa
d’Adda. Ciao, Petrus, tutto bene?” “ Sì, ma questo mio amico ha
paura che ci siano dei lucci nel fiume e che se ci casca dentro lo mangiano.”
“I lucci c’erano una volta. Adesso sono spariti. Silvestro può stare
tranquillo. E poi, perché dovrebbe cadere nel fiume?.”
” Mah, lui si caccia sempre nei
guai.”
Il fiume a Villa d’Adda è bello largo. Sembra quasi un lago. “Una volta era più stretto – dice il nonno Lucio – Poi hanno fatto una diga per una centrale elettrica e l’acqua si è alzata di dieci metri. Mio nonno Battista mi diceva che quando lui era piccolo abitava in una casa in riva al fiume dove c’era un mulino con una grande ruota mossa dalla corrente del fiume. Poi con la diga la casa è andata sotto l’acqua con mulino e tutto. Anzi, se si guarda si vede ancora la casa là sotto, coperta dall’acqua.”
Arrivati dall’altra parte del fiume,
nonno Lucio li porta un po’ più in là sulla riva: “Ecco,
guardate laggiù, si vede ancora il bianco dei muri delle case sott’acqua.”
Petrus e gli altri guardano: “Sembra quasi una nave affondata.” “Ma allora
ci sarà un tesoro là sotto, come per le navi dei pirati”,
dice Speedy Gonzales.
Nonno Lucio si mette a ridere. Poi
li porta nella vecchia cascina del nonno Battista. Siccome era venuta sera
e tutti avevano fame, nonno Lucio accende il camino e mette su il paiolo
per fare la polenta. “Mio nonno Battista faceva la polenta ogni giorno.
Qui la polenta è buona e la mangiamo con il salame.” Silvestro e
Tom si leccavano già i baffi. Solo Bugs Bunny non era molto contento:
“Ci sarebbero per caso delle carote?” Lui le carote se le sognava anche
di notte.
Poi dopo cena il nonno mette sul fuoco una padella di ferro tutta piena di buchi. Lo scienziato ingegnere al vedere i buchi dice: ”Ma non si può mettere niente a cuocere in una padella con i buchi!” Petrus scoppia a ridere: “Ci si mettono le castagne per farle arrostire, salame.” “Nel deserto dell’Arizona dove vivo io non ci sono castagne. Non so neanche come sono fatte.” “Ecco come sono fatte. Sono dure come sassi.” E Petrus tira una castagna in testa a Willie. “Ahi, Ahi.” Gli altri amici saltano sul sacco delle castagne e cominciano a tirarsele. “Ahi, ahi”. Se non interveniva il nonno Lucio per calmarli la cosa si metteva male. Una castagna è finita su un vetro della finestra e …patatrack... il vetro va in frantumi.
Ottenuto la calma, finalmente le castagne cuociono sul fuoco. “Ma non ci sarà davvero un tesoro che tuo nonno Battista si è dimenticato là sotto quando l’acqua del fiume ha coperto la sua casa?” “Sei fissato con il tesoro, tu, Gonzales. Si vede che vieni dal Messico, dal mare dei Caraibi, dove una volta c’erano i galeoni carichi d’oro che affondavano durante le tempeste. No qui nessun tesoro.” “Ma qualcosa sarà rimasto là sotto – chiede Petrus – anche se non era un tesoro.”
Mentre mangiano le caldarroste il
nonno Lucio si ricorda che il nonno Battista gli diceva che quando lui
era bambino e giocava nella casa vicino al fiume aveva una scatola di soldatini
di piombo. Erano colorati, e si potevano smontare a pezzi. C’era tutto
un reggimento di soldatini. E poi c’era anche tutta la banda militare:
il trombone, il tamburino, la grossa tuba, il clarinetto.”
“Come quelli che si trovano nelle uova kinder?”, chiede quel goloso di
Jerry. “Vuoi scherzare – fa nonno Lucio – quelli erano dei soldatini preziosi.
Se li avessi adesso varrebbero un bel po’ di soldi. Roba da antiquariato.”
"E come mai non ce l’hai? Tuo nonno
non li ha dati a te i suoi soldatini?” “Purtroppo no. Quei soldatini erano
rimasti in una scatola proprio là sotto nella casa del fiume…” “Ma
allora c’è un tesoro, là sotto”, dice Gonzales. “Se vuoi
– ammette nonno Lucio – sarebbe una specie di tesoro se uno potesse ritrovarli.
Ma a quest’ora, dopo tanti anni…”
Lo scienziato ingegnere, il grande
inventore Willie Coyote, salta su: “A quest’ora, niente. Se erano di piombo
i soldatini sono ancora là. L’acqua non rovina il piombo, non lo
corrode.”
Nella notte Petrus sogna i soldatini di piombo. Sogna di andare laggiù sotto l’acqua per cercarli e portarli su. Petrus sogna, ma qualcuno è sveglio. E’ l’instancabile ingegnere progettista inventore, e sta preparando un marchingegno per scendere là sotto…
Il seguito, caro Pietro, me lo devi scrivere tu. Io sono stanco di scrivere.
Mandami un fax.
Caro Pietro,
a proposito di sogni...
senti un po' l'ultima di Bugs Bunny.
Bugs Bunny è arrivato tutto
trafelato da Petrus. Appena entrato si butta sulla poltrona del salotto
e si prende la testa fra le mani. "Che cosa t'è successo? - gli
fa Petrus. - Adesso calmati e raccontami tutto."
Bunny estrae dalla tasca un fazzoletto
grande e color carota e soffia forte che sembra la tromba del giudizio
universale. "Accidenti - fa Petrus - deve essere proprio successo qualcosa
di terribile. Adesso mi dirai, che so, che hai perso la scorta di carote
che tenevi nascosta nel frigo. Una tragedia, una vera tragedia, immagino."
"Tu scherzi con le carote ma se
fosse capitata a te la storia dell'orchidea giallo blu allora non faresti
il tuo solito spirito di carota."
"Quale storia di quale orchidea?
E poi le orchidee sono bianche con qualche venatura rosa od azzurro. Di
giallo-blu non ne ho mai viste."
"Appunto. Se le avessi viste non
parleresti tanto tranquillamente. Anzitutto, hai idea di quanto siano grandi?"
" Non so, dice Pietro. Come un palmo della mano?"
"Ti saluto, un palmo della mano.
Di pure una palma, ma una palma grossa." "Ma cosa dici, l'orchidea è
un fiore non è un albero. "Sì, sì, sarà un
fiore. A te piacciono i fiori, vero? Ma immaginati di trovarti davanti
una rosa grande come una casa. Ti piacerebbe ancora? Ora immaginati non
una rosa, ma una orchidea, un fiore che già normalmente ha un profumo
intenso, e poi ha due petali che sembrano le labbra di una bocca. Ora se
la bocca è grande come una casa, e per di più è giallo
blu? E se per di più, si muove e ti corre dietro. E se per di più…"
"Basta con i perdipiù , dice
Pietro. - Mi fai girare la testa con tutti questi perdipiù. Perché
non mi racconti la storia dall'inizio? E senza perdere il filo, per favore."
Bugs Bunny si beve un beve un bicchierone
di succo di carota, tira un sospiro e poi parla. "Devi sapere.."
"Io non so niente e non devo sapere niente, sei tu che devi raccontare."
"Ma no, è solo un modo di dire. Allora, devi sapere.." "E dagli
con quel devi sapere. Perché non mi racconti la storia senza tanti
devi sapere…" "Ma se tu non mi lasci parlare, come faccio a raccontartela?"
Poi Bugs beve un altro bicchierone
di succo di carota si lecca i baffi e parla:
"Come sai ogni anno c'è la
gara a chi coltiva i fiori più belli. Io ho pensato di partecipare
alla gara coltivando delle orchidee. Sei mesi fa sono andato a comperare
delle talee, di orchidea… sai cosa sono le talee, vero?" Petrus s'arrabbia.
"Vuoi che no sappia cosa sono le talee? Cerca piuttosto di andare avanti
con la storia e smetti di bere succo di carote - (infatti Bugs Bunny stava
tracannando il terzo bicchierone di succo) - Finirai per fare la
pipì color carota!"
"Ho piantato la talea di orchidea
nell'orto dietro casa. Ogni giorno l'annaffiavo e già mi vedevo
il giorno della gara con il mio vestito nuovo e l' orchidea in mano andare
a ritirare il primo premio.." "Tu corri sempre troppo. Lo sai come dice
il proverbio.. non dire gatto fin che non l'hai nel sacco… "
"L'annaffiavo, la concimavo, gli
spruzzavo su un liquido perché non ci facessero il nido i pidocchi.
Poi cominciarono le prime foglioline, poi le foglioline diventarono delle
foglie, poi lo stelo del fiore crebbe, poi diventò ancora più
grande, poi le foglie diventarono più grandi, poi lo stelo cresceva,
e poi le foglie crescevano, e poi…"
" E basta con quel e poi. Sarai bravo
a mangiare carote, ma a raccontare una storia vali proprio poco. Insomma
la tua pianta aveva attecchito bene e cresceva. Dovresti essere contento.
Che c'è di strano?"
"Che c'è di strano? Non trovi
strano che per annaffiare un fiore io debba prendere la scala per arrivare
in cima al fiore e poi non basta più neanche una scala, bisogna
chiamare una gru? E poi quando il fiore spunta, il bocciolo diventa grosso
come un'automobile e poi.."
"Non potresti smetterla una volte
per tutte con i tuoi e poi e poi. Parla più semplicemente."
"Morale, riprende Bugs Bunny. Quando
il bocciolo si apre per fare uscire il fiore, si sente come una cannonata.
Dallo scoppio, mi si sono rotti tutti i vetri della finestra. Pensavo
fosse venuto il terremoto. Ed invece era solo il fiorellino delicato, poverino,
un fiorellino delicato che era sbocciato, aveva aperto i sepali del bocciolo.
Delicatamente, s'intende. Come lo scoppio di una bomba. E poi tu
dici che non devo dire e poi. Voglio vedere te davanti ad un fiore che
cresce come un campanile e fa un bocciolo grosso come un'auto e da cui
spunta un fiore grosso come un camion. Ma questo non sarebbe niente. Un
fiore è sempre un fiore. Una cosa delicata, profumata. Sì,
va bè, il profumo era un po’ intenso. Ho dovuto prendere un ventilatore
perchè si allontanasse dalla casa se nò mi faceva svenire.
Tutto questo va bene. Ma quello che ha fatto saltare i nervi... "
" Cosa diavolo d'altro doveva succedere per farti spaventare. Non la pianticella che doveva arrivarti al ginocchio ed invece è cresciuta come un campanile, non il bocciolo che si è aperto e ti ha fatto cadere tutti i vetri di casa per lo scoppio, non il profumo che non si poteva resistere. Tutto questo è normale, tutto questo va bene come un bel mazzo di carote. Ma cosa diavolo d'altro poteva succedere da spaventarti a morte e da farti correre qui da me come un pazzo. Già, proprio come un pazzo."
"E' stato il colore. Il colore dell'enorme
fiore. I due petali come due orrende labbra di una bocca spaventosa erano
blu. Blu, blu. I pistilli che erano grossi come due pali della luce erano
gialli, giallo intenso. Ed io il blu ed i giallo messi assieme non li sopporto.
Il solo colore che mi piace è quello color carota. Lo sai che ho
un debole per il colore delle carote.. " "E non solo per i colore. Mi pare
che tu abbia un debole per tutta la carota e non solo per il suo colore.
Ma allora è stato il colore a spaventarti. Un innocente blu orlato
di giallo."
"Un orrendo blu - fa Bugs Bunny
- orlato di un orrendo giallo. E per di più l'orchidea appena sbocciata
è cresciuta grande come una casa e si è posata sul tetto
della mia casa e l'ha coperto tutto. Così, se ora voglio entrare
in casa devo passare sotto quegli orrendi petali blu della orribile orchidea
giallo-blu. E come farò a dormire con questi due enormi pali gialli
che mi fissano attraverso la finestra?"
Pietro, scuote la testa. "La cosa
è grave, veramente grave. Ma non preoccuparti per il dormire. A
quello ci penso io." Poi alza il telefono: "Allora è successo quello
che temevo. Venite subito, mi raccomando è urgente."
"Meno male che ci sei tu, fa Bugs
Bunny. " E tanto era stata l'emozione e lo spavento che si addormenta sulla
poltrona.
Poi si sente un sirena. Due uomini
in camice bianco entrano. Pietro gli fa: "Prendetelo e portatelo al manicomio.
Penso che tra un paio di giorni sarà tornato normale. E mi raccomando,
niente carote. Sono le troppe carote che mangia che gli fanno venire le
visioni. Pensate, una orchidea giallo-blu, grande come un casa."
I due infermieri mettono Bugs Bunny
sdraiato su una barella e lo portano via. Non si accorge di niente. Ma
tra un paio di giorni sarà di nuovo a casa più vivo e vispo
di prima e pronto di nuovo a mangiarsi un sacco di carote.
E magari stavolta vedrà i
sorci color verde e grandi come elefanti.