Racconti noiosetti |
Imparare a leggere e scrivere
tra poco andrai a scuola. La prima cosa importante che farai sarà di imparare a leggere e a scrivere. Ci vorrà un po’ di tempo ed un po’ di fatica. Ma poi sarai contento. Potrai leggere direttamente tu le mie lettere, le mie storie, e tante altre cose. Potrai poi cominciare anche tu a scrivere al nonno Lucio e non solo leggere le lettere che io ti invio.
Ma come facevano i bambini di tanti tanti anni fa’ quando nessuno aveva inventato la scrittura? Non dovevano andare a scuola, questo è vero. Ma come avrebbe fatto il nonno Lucio allora - senza scrittura - a comunicare con il suo nipotino Pietro? Poteva solo raccontare storie, non poteva scriverle. Così se Pietro viveva in una caverna lontano dalla caverna del nonno, niente storie. Ah, mi sono dimenticato di dirti che tanti tanti anni fa’, gli abitanti della terra erano uomini primitivi. Primitivi vuol dire che erano i primi a vivere sulla terra e non erano così ricchi di invenzioni come lo siamo noi ora. Non solo non esisteva la scrittura, ma neanche le case. Gli uomini vivevano in caverne, come facevano gli orsi. E qualche volta se si trovavano nella stessa caverna… mamma mia che guaio.
Ma perché non c'era la scrittura? O bella, perché nessuno l'aveva inventata ancora. Ma allora se non sapevano scrivere come faceva il nonno Lucio a far sapere a Pietro delle cose importanti quando non lo vedeva? Per esempio: immagina che il nonno Lucio sia andato a caccia. Come tu sai, gli uomini allora vivevano solo di caccia e dei frutti che trovavano sugli alberi nella foresta. Non avevano ancora inventato l'agricoltura, e nessuno quindi piantava il grano per poi fare la farina ed il pane. Bisognava essere bravi ad andare a caccia se si voleva mangiare. Specialmente quando d'inverno non c’era più nessun frutto sugli alberi.
Pietro va a cercare il nonno nella sua caverna, ma il nonno non c'è. Dove sarà andato? Se avessero già inventato la scrittura il nonno avrebbe potuto lasciare un biglietto con su scritto: "sono andato a caccia nel bosco". Invece, nessun biglietto. Tra l'altro, nessuno a quel tempo neanche aveva inventato la carta. Quindi nessun biglietto.
Ma quel nonno Lucio
là, quello della caverna, la sapeva lunga (non come questo nonno
Lucio qua che non sa niente e sbaglia sempre a fare le somme. (Quanto fa’
5 più 6? 13, mi pare. Asino!). Sai cosa aveva inventato? La pittura.
Sissignore, la pittura.
Aveva preso dei tizzoni neri avanzati dal fuoco su cui facevano arrostire
i cinghiali catturati durante la caccia e con il nero del carbone dei tizzoni
aveva disegnato sulla parete della caverna un uomo con una lancia in mano
e un cinghiale. Pietro entrato nella caverna guardò sulla parete
e vide il disegno. Capì che il nonno voleva con quel disegno dirgli
che era andato a caccia. Se invece fosse andato a pesca, gli faceva un
altro disegno: un segno ondulato per indicare l'acqua e sotto un bel pescione.
Vedi che anche allora
gli uomini primitivi, anche se non avevano inventato la scrittura, potevano
lasciare dei messaggi scritti? Naturalmente non era tanto facile comunicare
messaggi complicati. Come avresti fatto tu, che sei tanto intelligente,
a far sapere al nonno che eri andato a cercarlo e che avevi urgente bisogno
di vederlo? Che cosa avresti disegnato sulla parete della caverna? Prova
a pensarci.
Dovevi dirgli: "E’
quasi sera e sono venuto nella tua caverna, ma tu non c'eri. Vieni subito
da me che ti devo parlare". Facile, vero? Allora se è facile, adesso
ti metti lì e mi disegni su un foglio una scenetta che mi faccia
capire proprio tutto.
Ad esempio, potresti
disegnare un bambino con i ricciolini. Poi una caverna con un uomo con
segnato sopra un bel segno di traverso, come per dire che l'uomo non c'è.
Poi devi dirmi che è quasi sera. Qui è facile. Potresti disegnare
un sole che sta per tramontare dietro la montagna. E come fai a dirmi che
il nonno deve correre nella tua caverna? Potresti disegnare un bambino
sulla soglia di un'altra caverna che piange ed un uomo che corre verso
la caverna?"
Ho l'impressione che
la cosa si possa fare. Forse sarebbe stato più semplice inventare
la scrittura e scrivere un bel biglietto. Ma ci vorranno ancora tanti e
tanti anni prima che la scrittura come te la insegneranno a scuola venga
inventata. Anzi, sai che ti dico? C’è qualcuno che ancora oggi fa
proprio come l'uomo primitivo delle caverne. Per comunicare, usa dei disegni.
Un disegno per ogni parola. Per esempio, gli egiziano scrivevano non con
l'alfabeto come noi, ma con dei disegni, i geroglifici. Ogni disegno era
un simbolo che indicava una parola.
Va bè, tu mi
dirai, sei andato a pescare gli egiziani che vivevano cinquemila anni fa’.
Ma oggi tutti scrivono usando l'alfabeto. E invece no.
I cinesi ed i giapponesi scrivono usando dei disegni ognuno dei quali è un simbolo che rappresenta una parola. Proprio come faceva quel nonno Lucio primitivo delle caverne. Solo che si sono messi d'accordo durante tanti anni ad inventare via via dei disegnini per rappresentare le varie parole. Un disegnino per dire cavallo, un altro per dire nave, un altro per dire casa. Fin qui è facile. Disegno un piccolo cavallo, una piccola nave, una piccola casa. Ma se vuoi dire che sei ammalato, che hai la febbre, o che oggi hai mangiato un gelato? Un piccolo disegno standard (standard vuol dire che tutti lo fanno così, che tutti quando lo vedono capiscono cos’è) e che tutti devono riconoscere per quello che significa per ogni parola. Quei disegnini che i cinesi ed i giapponesi usano, si chiamano KANGI.
Ora immaginiamo che il piccolo Pietro sia nato in Cina e che sia arrivato il tempo di imparare a leggere ed a scrivere. Cosa deve fare? Semplice. Deve andare a scuola. E a scuola che cosa deve imparare? Deve imparare a fare tutti quei disegnini standard, proprio tali e quali come il maestro li disegna sulla lavagna. Guai a sbagliare a fare un riga un po’ storta, se deve essere dritta, o a farla dritta se deve essere storta. Non si capisce più niente. Bisogna proprio ricopiare il kangi identico a come l'ha fatto il maestro. Facile, no?
Mica tanto. Sai quanto sono i kangi, i disegnini che bisogna imparare a disegnare proprio tali e quali senza mai sbagliare? Più di ventimila. Il prima anno di scuola se ne impareranno tre o quattrocento. Qualcosa già si può scrivere con quattrocento disegnini. Ma poco, poco. Forse dopo un anno non riesci a scrivere che metti da parte i soldi in banca per comperarti una Ferrari. Mi sa che per scrivere una frase così semplice devi conoscerne almeno duemila di disegnini kangi.
Quando andrai a scuola e la maestra vorrà che tu impari bene a scrivere le varie lettere del nostro alfabeto, non dire uffa, se ti sgrida, perché scrivi storto. Quanto sono le lettere del nostro alfabeto? Sono solo 21: A, B, C, eccetera, eccetera. Se poi ci aggiungo le x e le y e qualche altra lettera strana, diventano in tutto 27. Con quelle 27 lettere tu puoi scrivere qualunque parola. Solo con 27 lettere. Allora, invece di lamentarti pensa a quel povero Pietro nato in Cina od in Giappone che dovrà imparare a scrivere senza sbagliare, non 27, ma 27 mila disegnini kangi!
A questo punto sono
sicuro che dirai: "Ma che stupidi sono i cinesi ed i giapponesi. Perché
anche loro non usano le lettere come noi?"
E' una domanda cui
non è facile rispondere. Loro sono abituati così, da sempre.
E' la loro storia. E poi i loro nonni è così che hanno imparato
a scrivere. Se i nipotini cambiano sistema come fanno ad intendersi con
i nonni? I nipotini non saprebbero leggere quello che i nonni scrivono
e viceversa. Poi ci sono tutti i libri scritti nel passato. Va cambiato
tutto. Non è facile. Forse nel futuro qualcuno ci penserà.
E poi i cinesi ed i giapponesi dicono che così, con i loro disegnini
riescono a dire meglio le cose che devono dire, a farsi capire meglio.
Sarà vero? Ma!
Comunque, potrebbe essere divertente inventarsi una propria scrittura fatta solo da tanti disegnini standard. Prova ad inventarne una tu. Diciamo con venti disegnini, per cominciare. Poi me li fai vedere, io li imparo e ti rispondo anch'io con solo i disegnini.
Allora, via. Datti da fare. Comincia a scegliere venti parole. Uomo, gatto, casa, sole, eccetera. Per ognuna un disegnino. Il difficile viene se vuoi fare un disegnino per le parole che indicano i giorni: oggi, ieri, domani, fra una settimana. Pensaci un po’. Che disegnino faresti per dire domani? Io un idea ce l'ho. Poichè il tempo scorre - oggi non è più ieri, e domani non sarà già più oggi - potresti usare una freccia. Una freccia in avanti verso destra potrebbe significare domani. Una freccia indietro verso sinistra, significherà ieri. Due frecce parallele, una sopra l'altra e tutte e due verso destra potrebbero significare fra una settimana. Tre frecce una sopra l'altra e tutte verso destra, vorrebbero dire fra un mese. Quattro frecce verso destra ed una sopra l'altra, fra un anno.
Adesso dimmi tu come farai a scrivere una settimana fa’, un mese fa’, un anno fa’. Pensaci e poi dimmelo. E per dire oggi? Potremmo fare una freccia senza punte, un trattino insomma. Una freccia che non va né avanti, né indietro. Infatti oggi non è né ieri, né domani. Per dire 'stamattina' potremmo metterci d'accordo per una freccia con la punta in giù, e per dire stasera, invece, una freccia con la punta verso l'alto.
Ti piace l'idea? Se ti piace, vai avanti tu ad inventare altri disegnini che corrispondano a parole diverse.
Per oggi basta.
Ciao dal nonno Lucio
Caro Pietro,
Ho incontrato un bambino cinese che va qui a Torino alla scuola cinese. Piangeva perché non voleva imparare a scrivere i kangi. Ti ricordi cosa sono? Io gli ho detto che il cinese è una lingua che si parla da tanti anni e che vi sono più di un miliardo di cinesi che la parlano nel momdo. Quindi doveva essere contento di essere cinese e di avere una così bella lingua da imparare a leggere ed a scrivere. Anche se doveva fare tanta fatica.
A proposito, lo sai
che tua zia Licia che è la sorella di tuo nonno Lucio è stata
in Cina per 12 anni e che parla e scrive cinese? Quando la vediamo gli
chiederemo di insegnarci un po’ di cinese. Cosa te ne sembra?
Nella mia ultima lettera
– che non era una favola ma una cosa seria – ti ho parlato di come si potrebbe
inventare una scrittura attraverso solo delle figure, dei disegni. Hai
provato ad inventare come scrivere, oggi, domani, oppure, vado di
fretta con dei disegni? Scommetto che non l’hai fatto. Adesso m’arrabbio.
Cosa hai detto? Che
hai tanti compiti da fare, che non hai neanche un minuto di tempo libero?
Ma non farmi ridere!
Se però non ti piace l’idea di inventare una scrittura attraverso dei disegni, come invece hanno fatto prima gli egiziani con i geroglifici e poi i cinesi con i kangi, possiamo provare un’altra strada. Anche qui sono i cinesi e i giapponesi che hanno inventato qualcosa. Forse anche il tuo inventore, il famoso fantasmargiatico ingegnere Willie E. Coyote ha inventato la sua scrittura personale (anche se le male lingue dicono che non sappia né leg-gere né scrivere).
Vediamo un po’. L’idea è quella dei fonemi. Non dirlo a Sara se no si mette a ridere. Fonemi, coso sono i fonemi? Il nonno Lucio mi fa sempre ridere, mi fa ridere, ah, ah, ah. Cosa ha detto, fonemi? Sono roba da mangiare, oppure sono dei pinguini, o dei delfini, o dei canarini? Ma Sara non è seria. Tu sì, invece, e so che mi stai ad ascoltare molto seriamente e con compunzione (che vuol dire compunzione?)
Cominciamo dal problema
dei cinesi. Quando hanno inventato i kangi, tanti e tanti anni fa, non
c’era la radio, non c’era la televisione, non c’era l’automobile, non c’erano
gli aeroplani. E allora? E allora non c’è nessun disegno kangi per
rappresentare un automobile od un aereo od una radio. Ecco che qui i fonemi
diventano importanti.
Sveglia Pietro, non
addormentarti. Non dire che tuo nonno Lucio è noioso, che non ti
piace questa storia dei fonemi.
C’era un ragazzo balbuziente,
che incespicava e tartagliava sempre nel parlare. Lui sapeva cosa sono
i fonemi, anzi parlava solo con i fonemi. “Co…co… sa di…di…ci. C’e…ra un…un..a
vol…vol…ta un …. un …ba…ba..mbi…mbi...no che bal…bal… be…ttt…tt...ta...ta…va.”
Vedi sono tutti fonemi.
Fo… ne… mi…
Quando parliamo, le parole sono composte da fonemi. Pa..ro…la. Tre fonemi. Pi…e.. tro. Tre fonemi. Non…no Lu… ci.. o. Cinque fonemi.
L’altra volta ti ho detto che con …. 21 o 27 o 52 .. - qual’è il numero giusto, te l’ho ricordi? - di lettere dell’alfabeto possiamo scrivere tutte le parole che vogliamo. E’ vero. Ma non sappiamo però leggerle se non impariamo a mettere insieme le lettere con dei fonemi.
Hai detto che hai imparato
a leggere alcune parole. Bravo. Ristorante, cinema, banca. Ma non pollo,
non risotto. E asino, hai imparato a leggerlo? Prova a leggere ristorante
mettendo assieme le lettere dell’alfabeto così come le pronunci
dicendo l’alfabeto. Ognuna da sola. Ecco: erre- i - esse – ti – o - erre
– a – enne – ti – e.
E questo sarebbe ristorante?
Invece per leggere la parola devi dividerla in fonemi. Ris .. . to .. ran…
te.
Allora ai giapponesi è venuta l’idea di come scrivere parole nuove come radio ed aereo. Le dividono nei fonemi che usano per pronunciare le parole: ra.. di .. o, a..e ..re..o. Per ognuno dei fonemi inventiamo un segno. Per esempio: ra è un puntino, di è una lineetta, o sono due puntini. Ecco allora come si scriverebbe radio:
Quanti sono in tutto i fonemi per cui bisogna inventare un segno? Forse sono 300. Molto meno dei kangi che sono 20000. Quindi i cinesi ed i giapponesi hanno inventato una nuova scrittura fatta usando dei segni che rappresentano ciascuno uno dei 300 fonemi.
Quando Willie E. Coyote,
che si ritiene il più grande inventore vivente l’ha saputo, ha detto
che lui l’aveva già inventata questa scrittura con fonemi molto
prima. Bi-bip, lo struzzo che lui sempre ricorre senza mai prenderlo, s’è
messo a ridere. “Ma se non sai neanche cosa sono i fonemi!”, gli ha urlato
in faccia mentre scappava via.
Willie gli è
corso dietro e dalla rabbia tartagliava “…se…se…ti…ti .. pre...pren…do…do…
ti … ti … cu…cu… ci..ci.. no… in.. in ..pa…pa.. pa…”
Dalla rabbia non è
riuscito a trovare i fonemi per finire la parola. Che parola era?
Un bacione da quel
noioso di nonno Lucio
P S (PS vuol dire post
scritto, cioè, scritto dopo).
Perché non porti la mie lettere alla maestra perché le legga
anche lei?