Introduzione

tre bisce

pallone

forgia

toriolo

  LE QUATTRO ETÀ DELLA VITA

Le tre bisce e la rana


In quel punto, il fiume Adda scorreva lentamente e si allargava su dei canneti da cui proveniva il gracidare delle rane. Se uno aveva l'orecchio attento qualche volta riusciva anche a sentire dei piccoli fischi. Erano le bisce d'acqua, sempre pronte ad afferrare una rana distratta ed a farne un boccone. In quel punto le canne si erano ritirate e si era formato un bel laghetto.

Più in là dove l'acqua scorreva più forte e limpida le donne venivano a lavare i panni. Stendevano poi le lenzuola ad asciugare sull'erba. Un gruppetto di bambini accompagnavano sempre le loro mamme mentre facevano il bucato. Loro giocavano lì intorno. Ogni tanto una mamma ne chiamava uno per nome: "Giovannino, dove sei? Attento a non cadere nell'acqua." "Sono qua, mamma stiamo giocando a nascondino."

Giovannino questa volta si era nascosto bene, dietro un ciuffo di canne. Si era seduto per non farsi vedere. Davanti a lui l'acqua aveva fatto un piccolo laghetto. Le voci degli altri bambini si rincorrevano: "Ti ho visto, Gigi, ti ho visto." "Tana!" gridava Enrico che era riuscito a raggiungere la tana senza farsi vedere. Ma Attilio che era di turno come guardiano della tana, non riusciva a trovare Giovannino, tanto era ben nascosto. Il tempo così passava. Forse gli altri bambini si erano stancati di giocare a nascondino, ma Giovannino era sempre là, seduto dietro le canne.

Ora guardava attento l'acqua. Aveva un piccolo sasso in mano e lo tirò nel centro dello stagno. Dei cerchi si formarono e uno ad uno si allargarono fino a sparire quando avevano quasi raggiunto la riva. Giovannino tirò un altro sasso, poi un altro ancora. Ora contava i circoli che si formavano. Sei, sette, fino ad otto ne aveva contato per ogni sasso. Stava per alzarsi ed andarsene quando un cerchio si formò senza che lui gettasse nessuna pietra nell'acqua. Si voltò per vedere se era uno dei suoi amici, ma nessuno era lì e le voci si sentivano più lontane. Un altro circolo si formò, poi un altro ancora, sempre in punti diversi. Adesso erano tre i punti da cui uscivano dei cerchi. Si formavano con continuità si espandevano ed altri se ne formavano, poi altri ancora. Sempre da tre punti diversi. Le piccole onde si incrociavano, si dividevano a pezzetti incrociandosi, raggiungevano la riva poi si riflettevano indietro. La cosa continuava, continuava. Giovannino si mise a chiamare i suoi amici: "Enrico, Attilio, Gigi, Beppe, venite a vedere, venite a vedere!"

Quando i bambini erano giunti là, i circoli ormai erano spariti. Giovannino ci rimase un pò male, Cercò di spiegare il fatto ma gli altri si misero a ridere. Ma Gigi ad un certo punto fece: "Ecco là, guardate!" Questa volta si vedeva una figura lunga e nera strisciare a fior d'acqua producendo delle onde che si intrecciavano tra loro. "E' una biscia, è una biscia!"

"Eccome un'altra, ancora un'altra." Le tre bisce, non troppo grandi, ora si vedevano che strisciavano nell'acqua, si rincorrevano, si urtavano una con l'altra. E ogni tanto emettevano dei piccoli fischi. Gigi prese una piccola pietra e la gettò nell'acqua. Si formarono le solite onde. Ma anche le bisce si misero ad aprire e chiudere la bocca a fior d'acqua, formando così dei circoli.
"Ecco, proprio come prima, era proprio così" gridò Giovannino.
Da in mezzo al ciuffo di canne dove si era prima nascosto Giovannino, si sentì un gracchiare: "E' una rana, è una rana!"

Da tra le canne si affacciò una piccola rana. Dietro si sentiva venire un gracchiare più forte. La piccola rana sembrava rispondere. I bambini non conoscevano il linguaggio delle rane, altrimenti avrebbero sentito la mamma rana gridare al figlio: "Attento alle bisce. Le bisce mangiano le rane. Attento!"
Ma il ranocchietto, a rispondere: "Ma no, mamma. Sono miei amici!"

E così il ranocchio si buttò nell'acqua e cominciò a nuotare verso le tre bisce che nel frattempo si erano messe a girare in cerchio. Una aveva in bocca la coda dell'altrae così facevano un grande circolo. Il ranocchio da sotto l'acqua uscì con la testa proprio in mezzo al circolo. Il cerchio formato dalle bisce ruotava, e la rana nel mezzo stava ferma.
"Giocano a giro tondo", gridò Giovannino. Ed anche i ragazzi allora si presero per mano, Gigi stava nel mezzo e giravano, giravano: "Giro, giro tondo, casca il mondo, casca la terra... tutti giù per terra." Poi si fermarono a guardare il circolo delle bisce e della rana. Queste continuavano a girare, a girare. Il ranocchio si riempiva la bocca d'acqua e poi la faceva sprizzare fuori come una piccola fontana. I bambini si misero a cantare, stando però fermi a guardare cosa succedeva nell'acqua: "Giro, giro tondo..." Sembrava che le bisce seguissero il ritmo. Si muovevano a scatti in tondo: "Giro, giro tondo..." Quando i ragazzi gridarono: "Tutti giù per terra" le tre bisce si staccarono una dall'altra e si tuffarono sott'acqua. La rana invece schizzò fuori dell'acqua saltando in aria per poi ritonfare in acqua con un grande spruzzo. Le bisce ritornarono a galla e si misero a dare colpi di coda alla rana che saltava e saltava, sopra e sotto l'acqua.

Poi i ragazzi ripresero a cantare: "Giro, giro tondo..." Immediatamente le tre bisce riformarono il cerchio e si misero a ruotare attorno alla rana. "Tutti giù per terra!" La rana salta fuori dell'acqua e le bisce scattano sotto.

I bambini continuarono così per un bel pò e le bisce e la rana a girare in tondo ed a saltare. Poi si sentì una specie di fischio venire da un altra parte del canneto. Le bisce si fermarono, alzarono la testa fuori dell'acqua, stettero a sentire. Il fischio continuava. Anche loro tre si misero a fischiare. Poi si mossero verso il canneto. I bambini non conoscevano il linguaggio delle bisce. Se l'avessero conosciuto avrebbero potuto sentire la mamma biscia che li chiamava. "Basta giocare! Bisò, Bisì, Bisà! E' pronto da mangiare, venite subito qui." E Bisò il più grande a dire: Ma no, mamma, stiamo giocando con l'amico ranocchio, Veniamo dopo!" E gli altri due, Bisì e Bisà: "Ancora un poco mamma!" Ma un fischio più forte della mamma: "Qua subito, non si gioca con le rane!" E i tre a malavoglia in fila se ne andarono.

Le mamme dei bambini nel frattempo si misero anche loro a chiamare: "Giovannino! Gigi! Enrico! Carletto! E' ora di andare. Basta giocare!"

Così anche i bambini partirono.

Il giorno dopo si ritrovarono attorno al laghetto. "Vediamo se ci sono ancora le bisce e la rana." Giovannino si mise ad imitare il fischio delle bisce. Carletto tentò di gracidare come una rana. Ed ecco che l'acqua si comincia a muovere. Si formano delle onde. Dei corpi lunghi strisciano nell'acqua.
"Sono loro, sono loro!"
Dalle canne si sente un fruscio ed un salto nell'acqua: "C'è anche il ranocchio, c'è anche il ranocchio!" Dal canneto usciva un "Gra, gra, gra!" Era la mamma del ranocchio che gridava inutilmente. "Non si gioca con le bisce, non sono nostre amiche le bisce!"

I ragazzi si misero a girare il giro tondo ed a cantare: "Giro, giro tondo..." Ed ecco di nuovo le tre bisce prendersi per la coda formare un circolo e la rana nel mezzo. "Tutti giù per terra!"

Le bisce e la rana erano ormai diventati proprio bravi. Il cerchio si muoveva cadenzato e la rana faceva dei salti fuori dell'acqua sempre più alti. I bambini non giocavano più a nascondino. Erano sempre lì tutta la mattina a guardare le bisce e la rana. Poi Carletto prese una canna e la fece scivolare nell'acqua. La canna galleggiava e si muoveva. Ad un certo punto la rana ci saltò sopra. Le bisce allora si attorcigliarono attorno alla canna facendola girare. La ranaperse l'equilibrio e cadde in acqua. Si sentirono le bisce fare dei piccoli fischi. Probabilmente morivano dal ridere. Ed anche i bambini si misero a ridere. Ma il ranocchio, quasi offeso, risaltò sulla canna. E le bisce di nuovo a farla girare. Ma la rana stavolta saltò in aria per tempo poi ricadde sulla canna, poi saltò di nuovo, poi sulla canna. E così via senza mai cadere nell'acqua. "Guarda, guarda" gridò Enrico, giocano a saltarello. Portiamo domani anche noi la corda e facciamo la gara con le bisce e con la rana chi resiste di più senza sbagliare."

Poi si sentì un fischio forte da dentro le canne. Era il segnale della fine dei giochi. "Bisò, Bisì, Bisà. A casa, subito!"

Anche le mamme si misero a chiamare i bambini: "Basta giocare, andiamo a casa, ora."

Il giorno dopo i bambini portarono una corda. Due la tenevano tesa agli estremi e la facevano ruotare, facendogli fare un arco che toccava terra e si alzava tanto da girare attorno ad un bambino in piedi. Enrico in mezzo faceva dei piccoli salti quando la corda toccava per terra e così continuava ritmicamente. Gli altri cantavano: "Salta, salta, salta la corda, la corda è tesa, saltare è un'impresa, attento che cadi, attento che cadi..."

Intanto Giovannino aveva buttato una canna a galleggiare nel laghetto. Ed ecco che puntuali arrivano le tre bisce e la rana. Ora anche loro al ritmo della cantilena dei bambini fanno girare la canna e la rana salta: "Salta, salta, salta la canna, attenta che cadi, attenta che cadi..." Ma la rana non cadeva. Ormai era una gara a chi resisteva di più. Quando Carletto inciampò nella corda ormai stanco, la rana continuò. Poi fece un grande salto e si mise a gracidare: "Gra, gra, gra.." Certamente diceva: "Ho vinto io, ho vinto io." Ma i bambini non conoscevano il linguaggio delle rane. E le bisce fischiavano: "Fii, fiii, fiiii. " Certamente dicevano "Evviva, evviva, abbiamo vinto noi." Mai bambini non conoscevano il linguaggio delle bisce, e così continuavano a cantare: "Salta, salta..."

Quegli incontri, quei giochi durarono tutta l'estate. Le mamme facevano sempre più fatica a far smettere i bambini quando era ora di tornare a casa. La mamma biscia doveva fischiare sempre più forte per far smettere Bisò, Bisì e Bisà. La mamma rana, gridava sempre più preoccupata, ma inutilmente: "Attento, Rarà", così si chiamava infatti il ranocchio, "Attento Rarà, le bisce non sono degli amici nostri!"

Un giorno verso la fine dell'estate i bambini quando si riunirono attorno al laghetto, inutilmente cercarono di chiamare le bisce e la rana. Non venne nessuno. Trovarono però tre gusci lunghi e sottili a riva. Avevano la forma di tre bisce, ma erano vuoti. Li presero e li guardarono. Giovannino ne portò una dalla sua mamma. Poi tornò dicendo: "E' la muta delle bisce. Quando crescono, cambiano pelle. D'ora in poi dovranno arrangiarsi a trovare da mangiare da soli. Mamma biscia non si preoccuperà più per loro."

La rana era anche lei cresciuta, nel frattempo. Eccola lì ad affacciarsi sul laghetto. Sembrava però incerta se buttarsi nell'acqua. I bambini gridarono: "Dai buttati, buttati." E Rarà alla fine si buttò. Si mise a nuotare a rana. Era l'unico modo di nuotare che conosceva. Muoveva le zampe lentamente. le allargava. poi le ritirava, ritmicamente. Andava abbastanza veloce sott'acqua, seguendo la riva. I bambini la seguivano. Ma poi ad un tratto la rana, si fermò, girò su sè stessa e si mise a nuotare di corsa, indietro verso le canne.
Cosa l'aveva spaventata? I bambini videro delle ombre nere, lunghe e sinuose muoversi veloci verso la rana. Erano tre bisce. Avevano la bocca aperta, per afferrare la rana. Una di loro ci era quasi riuscita, quando per fortuna la rana raggiunse il canneto e con un salto riuscì ad afferrare una foglia e a salire su in alto sulla canna. Le tre bisce si misero a strisciare tra le canne, in attesa.

Erano proprio loro, BIsò e i suoi fratelli? Ai bambini sembrarono diversi. più grossi e più scuri. "Sono loro, ma hanno cambiato pelle. E' la muta."

Dalle canne si sentiva una rana gracidare: "Gra, gra, gra." Era la mamma di Rarà che gli diceva: "Te l'avevo sempre detto io che le bisce non sono degli amici. Ma tu, no, tu testardo." E Rarà rispondeva con un sommesso: "Gra, gra, gra." Chissà cosa stava rispondendo alla mamma. I bambini purtroppo non capivano il linguaggio delle rane.
E dal canneto usciva anche un fischio. Era quello della mamma biscia. Ma era diverso dal solito. Forse non chiamava Bisò, Bisì e Bisà a colazione. Infatti era ancora molto presto. Forse gli spiegava come dovevano fare per riuscire ad afferrare le rane. Ma i bambini non conoscevano il linguaggio delle bisce. Così non sapremo mai cosa Bisò ed i fratelli rispondevano alla loro mamma.

Mai bambini conoscevano il linguaggio delle loro mamme. E quella mattina, arrivarono anche loro più presto del solito. "E' ora di smettere di giocare. Basta. E' tutta l'estate che non fate altro che giocare. Ora basta. Domani si va a scuola. Adesso andiamo a preparare la cartella, i libri, il grembiule. A fare un bel bagno, che siete sporchi come dei maialini."

"Ma, mamma!" cercavano di resistere i bambini lamentandosi in coro. "Non c'è ma che tenga. E' finita con i giochi. Ora si va a scuola, ora si studia."

A questo punto il nonno smise di raccontare. Carletto gli chiese: "Maperchè, nonno, se erano stati amici fino allora, la rana deve scappare per salvarsi?"

Il nonno, si tolse gli occhiali, li pulì con un fazzoletto, si raschiò la gola, poi disse: "Quando si è piccoli, si gioca, si gioca solo. Il mondo è fatto tutto di amici. Magari si fa, come fai tu, finta di sparare - pam, pam, pam - ma è solo un gioco. Il tuo nemico è un finto nemico, tu fai finta di sparare e lui di cadere colpito. Ma è tutto una finta e voi siete più amici di prima."
"Tu sei il lupo - disse Giovannino - ed io sono il cacciatore e ti sparo. Pam, pam, pam."
"Proprio così, ma poi io sono sempre il tuo nonno e tu il mio nipotino. E così con i tuoi amici, anche se tu fai la guardia e loro i ladri e tu cerchi di catturarli. Anche se giocando litigate, poi siete sempre amici."
"Ma con la rana e le bisce poi non sono più amici. Perchè?"

Il nonno sospirò: "E' la legge della natura. La rana si ciba di moscerini, di insetti. Deve farlo per crescere. Le bisce si cibano di animali più grossi, come le rane o i topi. Devono farlo per vivere. A loro volta le bisce devono stare attente agli uccelli rapaci, alle aquile. E' una catena."
"Ma negli uomini, no, negli uomini no", disse Giovannino.
"Certamente gli uomini non mangiano gli altri uomini. Ma anche qui non sempre e non tutti sono amici, anche se potrebbero esserlo. Anche negli uomini, quando è finita l'età del gioco, l'età dell'infanzia e della fanciullezza, si comincia a distinguere tra gli amici veri e quelli meno. Ci saranno anche dei pericoli, dai quali sarà bene cercare di star lontani. Occorrerà imparare a conoscere gli amici dai nemici, quello che si può fare da quello che non si può fare. Eppoi, non tutto è un gioco. Nella vita ci sono anche altre cose da fare. Purtroppo, magari, ma è così."
"C'è la scuola, nonno. C'è da studiare. Ma poi si può ancora giocare."
"Sì, si può ancora giocare. Ma quando finisce l'età della fanciullezza e comincia quella della giovinezza, il gioco deve essere solo una parte, una parte sempre più piccola. E poi come ti ho detto occorre imparare a badare da soli ai pericoli. Non c'è più qualcuno o la mamma, o il babbo, o il nonno che ti stanno sempre vicino per vedere che non ti succeda niente di male. Devi imparare a guardarti da solo dai pericoli."

"Siamo arrivati nonno, ora al secondo piatto, a quello della giovinezza?"
"Sì, ti devo raccontare un'altra storia, che ti farà capire come ad un certo punto non si può continuare a giocare."

"Continui con la storia della rana e delle bisce, nonno?"
"No, questa volta ti parlerò di una palla, e di come questa non seppe guardarsi dai pericoli. Ma te la racconterò domani sera. Adesso a nanna."