La Vendetta
Quella sera don Mario, l'Arciprete, era da solo a chiudere la chiesa.
L'oscurità era quasi piena anche se fuori ci si vedeva ancora. Aveva con sé
una torcia. Quando attraversò la balaustra dell'altare, vide un chiarore venire
dal fondo. Qualcuno aveva aperto la porta. Era entrato od uscito? In quel
silenzio, in quell'oscurità incerta per i riflessi rossastri delle lampade
votive, un certo brivido l'arciprete l'aveva sentito. Sorrise, e cominciò a
chiudere le porte laterali. Arrivato in fondo, quando uscì nel vestibolo per
chiudere i battenti del portone si guardò attorno. La chiesa a mezza costa dava
su un piazzale alto da cui una gradinata scendeva verso la strada principale del
paese. Il cielo dava ancora bagliori rossastri. Non riuscì a vedere nessuno
sulla scalinata. Troppo tardi, tanto più se l'ombra avesse girato di fianco sul
piazzale dietro la facciata laterale. Una macchina passò davanti alla
gradinata. Veniva dal parcheggio della chiesa o era di passaggio? Ma quante
curiosità quella sera, si disse l'arciprete. Possibile che fosse per quel
brivido appena entrato nell'oscurità della chiesa? Colpa dell'essere soli. Le
altre volte c'era sempre con lui il sagrestano. Ma era ridicolo tutto ciò. Chiuso il grosso portone e tirati i chiavistelli rientrò in chiesa. Ora che
si era abituato al buio vedeva la chiesa illuminata sulla navata sinistra dal
banco delle candele davanti all'altare di sant'Antonio. Pensò di passare a
verificare la cassetta delle elemosine. L'aveva fatta modificare perché
potessero venirvi infilate anche delle buste. Aveva infatti sollecitato
dall'altare la raccolta di fondi per le opere di intervento sul tetto della
chiesa. L'umidità stava rovinando gli affreschi settecenteschi della volta. Si
augurava che ci fosse una risposta adeguata dei fedeli. Ma si era alle prime
battute e non vi era molto da aspettarsi ancora. Aprì con la chiave la
cassetta. Alzò il coperchio ed allungò la mano sul fondo. In effetti raccolse
qualche busta ed una manciata di biglietti, qualcuno da mille lire, pochi da
diecimila. Le buste le avrebbe aperte in sagrestia. Infilò tutto nell'ampia
tasca della tonaca. Con la torcia si guardò intorno e vide non lontano dalla
cassetta qualcosa di bianco riflettersi per terra, Si avvicinò e si chinò. Era
una busta. Accanto alla busta, appoggiata ad un pilastro della navata centrale
vi era un grosso sacchetto di plastica di quelli che ti danno ormai in tutte le
botteghe. Lo sollevò, era piuttosto gonfio e pesante. Guardò con la torcia e
vide che conteneva qualcosa coperto da un giornale. Sollevò il giornale e...
mio Dio... quanti soldi. Erano dei fasci di banconote da centomila, ognuno
legato da un elastico. Tanti fasci! Tutto emozionato prese il sacchetto di plastica e la lettera e si diresse
verso la sagrestia. Passando davanti al banco con le candele per sant'Antonio,
malgrado l'eccitazione si fermò con gesto meccanico a raddrizzare alcune
candele, a smoccolarne altre. Vi era una candela accesa da poco. Forse
quell'ombra prima di uscire l'aveva accesa. La stessa ombra che aveva depositato
il sacchetto di plastica? In sagrestia posò tutto sul bancone. Aprì la busta che aveva trovato per
terra vicino al sacchetto. Era scritta a macchina, nessuna firma. Poche righe. "Voglia
accettare da un parrocchiano questo contributo alle necessità della chiesa. In
memoria di un caro estinto." Altre volte aveva ricevuto offerte anonime, ma mai cifre così elevate.
Versò il contenuto del sacchetto e mise in fila i pacchetti di banconote.
Trentacinque pacchetti, tutti della stessa altezza. Contò le banconote di un
pacchetto: cento da centomila lire. Il vecchio arciprete venne preso da un senso
di vertigine. Avvicinò lo sgabello al bancone e si sedette. Prese un altro
pacchetto di banconote e le contò. Cento da centomila. Dieci milioni al
pacchetto per 35 pacchetti... Non aveva mai visto tante banconote tutte assieme.
La Provvidenza... Ma forse questa volta aveva esagerato. Era tardi. Anche se la testa gli ronzava e una domanda gli si ripresentava
continuamente, ma perché, ma chi, perché una cifra così elevata ed in
incognito? Certo ce n'era abbastanza per i lavori di risanamento del tetto.
Anche di più, pensò, anche se non aveva ancora chiesto dei preventivi. Quella sera non ebbe tempo di soffermarsi su quel fatto straordinario. Come
ogni giovedì sera sarebbero venuti tre amici a giocare a tresette. Un piccolo
divertimento che si permetteva il vecchio arciprete, un povero peccatore anche
lui. La vecchia governante aveva preparato la cena nel tinello della casa
parrocchiale a cui si accedeva della sagrestia. Poi si era ritirata nella sua
stanza. Don Mario non mangiò molto quella sera. Quando suonò il campanello erano là sulla soglia tutti e tre, il medico, il
farmacista, il maresciallo dei carabinieri. "Bella serata, don Mario - fece
quest'ultimo - Sono pronto con il suo aiuto a dare una bella lezione a questi
signori." A tresette il maresciallo faceva copia fissa con l'arciprete.
Ormai erano affiatati e spesso erano loro che avevano la meglio. Ma quella sera
l'arciprete non sembrava in vena. "Mi sembra distratto, don Mario -
osservò dopo un poco il maresciallo - Se continua così ci lasciamo le penne
stasera." Non giocavano a soldi, ma segnavano ogni volta le partite vinte e
quelle perse. "Ha ragione, maresciallo. Sarà che non riesco a non pensare
alla omelia per domenica prossima." Non sapeva che altra scusa dare del suo
essere lontano di testa. Così una piccola bugia... "Qual'è
l'argomento?", chiese il dottore. Don Mario ci mise un pò a rispondere:
"La verità. L'importanza della verità. Per la chiesa il discorso è
semplice. La verità è il Verbo, la parola di Dio. Ma per ciascuno di noi che
cosa vuol dire cercare la verità? E quand'è che la dobbiamo cercare? Per lei
dottore, cos'è la verità?" Per quella sera il tresette venne messo da parte. La discussione continuò e
sembrò interessare molto l'arciprete. La mattina dopo, alla prima messa, don Mario guardando i pochi fedeli, quasi
tutte donne, non poté non pensare all'idea della scena del delitto e che
l'assassino va sempre a visitarla dopo. Quindi era tra i pochi fedeli presenti
da ricercare l'ignoto munifico donatore? Scacciò i pensieri durante la messa.
Ma poi, mentre si toglieva la pianeta in sagrestia cominciò a riflettere. La
ricca vedova del famoso professore era la più probabile donatrice. Lei almeno i
mezzi per una tale offerta li aveva sicuramente. Ma benché fosse stata sempre
generosa e avesse sempre richiesto il segreto, non aveva mai fatto offerte
anonime, e certo non di quell'entità. Ma forse era l'entità stessa della
cifra... Una seconda possibile indiziata era quella che tutti chiamavano la
Madama. Aveva sempre esercitato e con successo il mestiere di maga. Venivano da
tutte le parti a consultarla. Industriali, professionisti, ragazze per sapere se
potevano contare sul fidanzato. Di soldi certo ne doveva avere fatti molti. Ma
con la chiesa aveva poca confidenza. Veniva a messa la domenica, ma per il
resto... Non un soldo aveva mai dato che lui sapesse. E poiché non si era mai
confessata da lui poco poteva dire sul suo intimo. Era solo da poco tempo che si
era avvicinata di più alla chiesa. Ora veniva a messa quasi tutte le mattine.
Era venuta un giorno a trovare l'arciprete. Fu una specie di confessione. Gli
disse che si sentiva vecchia e stanca, che aveva smesso con il suo mestiere.
Sentiva la morte avvicinarsi ed aveva paura che nell'aldilà il suo operato non
potesse essere giudicato come quello di un buon cristiano. Voleva fare qualcosa
per cambiare, per prepararsi. Aveva un pò di denaro e poteva fare delle opere
buone se questo fosse servito. Don Mario le aveva detto che certamente fare del
bene sarebbe stato utile, ma che non bastava. Bisognava cambiare dentro, sentire
la voglia di Dio, pregare. E da allora in effetti, almeno stando alle apparenze,
era cambiata. Che si fosse decisa ora anche a fare una grossa donazione alla
chiesa, approfittando del richiamo dell'arciprete per i bisogni di intervento
sul tetto della chiesa? Ma una cifra così grossa, e perché in incognito? C'era anche un uomo quella mattina in chiesa, Sandrone. Un poveraccio che
viveva da solo e di espedienti. Una specie di vagabondo del paese. Spesso
ubriaco, almeno quando riusciva a rimediare qualche soldo. Qualche volta si
faceva vedere anche alla prima messa. Ma più che altro per ripararsi dal freddo
o per trovare un posto comodo per smaltire la sbornia. Qualche volta a fine
funzione don Mario aveva dovuto andare a svegliarlo e fargli la predica. Ma
quella mattina sembrava sveglio ed attento, in particolare durante l'omelia. Poi
a fine messa fu il primo ad uscire. Il programma di don Mario era di fare quello stesso giorno una visita alla
signora Maria per cercare di avere conferma dei suoi dubbi. Ma poi non ce la
fece. Il mattino dopo lei non c'era alla prima messa. E non c'era neanche la
Madama. La signora Sambi, sì, assieme alle altre poche donne abitudinarie della
messa mattutina. Nessun uomo, neanche Sandrone. Verso le 11 don Mario suonava il campanello al cancello della vecchia villa
patrizia della signora Maria. Mentre stava percorrendo il viale verso la villa
uscì il 'signorino' Roberto. In paese l'appellativo gli era rimasto da quando
era un ragazzo piuttosto pieno di sé e che poco si mescolava con gli altri. Ora
a 30 anni non si era ancora sposato e forse non l'avrebbe fatto mai. Sempre in
giro per il mondo, viaggi, macchine di lusso, donne... Povera signora Maria.
All'unico figlio non faceva mancare niente. Il padre, visto la stoffa del figlio
aveva intestato tutte le proprietà alla moglie e così era da lei che Roberto
dipendeva finanziariamente. Non gli mancava nulla anche per tutti i suoi
capricci. Ma tutti in paese avevano l'impressione che non aspettasse altro che
la morte della madre per potere godere a suo modo di tutto l'ingente patrimonio.
Per quanto grosso, non ci avrebbe messo molto a sperperarlo. E la signora Maria
che avrebbe volentieri raggiunto il marito sembrava lottare per rimanere più a
lungo possibile in vita proprio per proteggere il figlio da questo triste
destino. Così pensava don Mario vedendo Roberto scendere le scale e avvicinarsi
a lui. Qualche altra volta il signorino aveva trovato il modo di fargli sapere come
non gradisse la generosità della madre per la chiesa. Ma lo aveva fatto
sottovoce, con ironia più che altro. Ma questa volta sembrava proprio fuori di sé.
Don Mario rimase interdetto. Con quelle urla se la signora era in casa avrebbe
sentito e sarebbe uscita per cercare di mettere pace. Si vede che proprio non
c'era. Così l'arciprete non cercò di reagire. Se ne tornò verso il cancello
ed uscì. Che il figlio fosse venuto a sapere di quella grossa somma? Certo la
sfuriata sarebbe comprensibile in tal caso. Forse la ragione di mantenere
l'incognito era proprio per evitare che il figlio lo venisse a sapere. Quindi
tutto sembrava convergere sull'ipotesi della signora Maria. Quel pomeriggio don Mario era impegnato per un funerale. Al cimitero, finita
la cerimonia don Mario fece un giro. La signora Sambi era curva sulla tomba
ancora grezza del figlio coperta come sempre da fiori freschi. Certamente stava
piangendo. Povera signora. Don Mario si fermò, la signora si ricompose, si
alzò. "Ah, è lei don Mario." "Signora, deve farsi coraggio.
Qualunque cosa noi si faccia per loro, il destino dei figli ci sfugge. Troppe
pressioni esterne. Ma lassù sanno comprendere e giudicare." "Grazie
don Mario. Ma io non so perdonare a chi ne ha colpa. E qualcuno c'è che ne ha
colpa. Il mio povero Franco, così giovane, così indifeso..." Poi si
avviarono assieme verso l'uscita in silenzio. La signora Sambi aveva la macchina
parcheggiata fuori: "Posso darle un passaggio, signor arciprete?" Strano quell'interesse della signora Sambi per gli affari della chiesa,
pensò don Mario. Ma non ebbe tempo per pensarci di più perché appena sceso
dalla macchina gli venne incontro la domestica della Madama. "Don Mario, la
signora sta poco bene e avrebbe piacere che lei andasse a trovarla. Anche subito
se può." Don Mario seguì la domestica. La signora lo ricevette nel salotto che le era servito un tempo per ricevere
gli ospiti interessati alla sua veggenza. Lo stile dei mobili e della
tappezzeria era orientaleggiante come si addice ad una maga che si rispetti.
Così almeno pensò don Mario che era la prima volta che entrava in quel
salotto. "Don Mario, scusi la frivolezza del posto. Ma sa, con il mestiere
che facevo... Non ho avuto per ora né tempo né voglia di cambiare."
"Per carità, signora. Non se ne dia pena. Mi dica piuttosto, come sta. Mi
sembra di aver capito che si sente poco bene." "I medici non si
pronunciano. Per loro è solo l'età, un pò di stanchezza... Ma io lo sento, io
sento che non ho molto ancora da vivere. Io sono molto sensitiva, se no non
avrei potuto fare il mestiere che facevo. Sa, don Mario, un pò è scena, ma un
pò è anche sostanza. Se no, vengono una volta e poi non li vedi più. E così
se sento che la mia ora è vicina... Insomma, don Mario, le avevo già accennato
che non avendo parenti vorrei destinare il mio patrimonio per qualche opera di
bene. Ho raccolto i liquidi ed ho cominciato con rispondere alla sua richiesta
di interventi per il tetto della chiesa. Ho fatto un'offerta anonima perché non
vorrei che si sapesse in giro... Non è forse una grossa cifra, ma è quello che
avevo disponibile come liquidi." "Mi pare comunque una cifra
ragguardevole, signora" interruppe don Mario. "Il mio patrimonio è
molto più consistente. Ho case, terreni. Ho sempre investito tutto in cose
solide. Ci vuole tempo per disfarsene e forse non è necessario. Vorrei che lei,
don Mario mi consigliasse. Magari posso fare delle donazioni per qualche opera
pia. Non ho avuto figli, mi piacerebbe aiutare degli orfanelli."
"Posso avere un'idea della cifra, signora?" "Si tratta di circa
10 miliardi, almeno a sentire cosa dicono valere le case al giorno d'oggi." Quindi è stata la Madama e non la signora Maria, pensò don Mario. Se questa
era la verità gli piaceva un pò meno della prima, a dire il vero. Anzitutto la
motivazione. Superstizione, paura all'ultimo momento delle fiamme dell'inferno.
Poi i mezzi usati. Soldi guadagnati con attività che la chiesa non approvava.
Preveggenza, magia! Il fine sì poteva andare. Era lo stesso che nel caso della
signora Maria, aiutare la chiesa nelle sue necessità. Mentre saliva le scale della chiesa immerso in queste riflessioni Sandrone le
discendeva. Gli passò accanto a testa bassa, rispondendo con un inchino al suo
saluto e poi via. Da un pò di giorni Sandrone sembrava più assiduo in chiesa
che nel passato. Entrato in chiesa don Mario istintivamente andò alla cassetta delle offerte.
L'aprì. Ne vennero fuori alcune banconote. Ma anche una banconota un pò
strana. Nella penombra della chiesa don Mario vide che in realtà si trattava di
un assegno circolare. Chiusa la cassetta ed avvicinatosi alle candele votive
vide la cifra. Accidenti: 25 milioni! Gli venne da sorridere all'idea che magari
l'assegno era stato infilato nella fessura della cassetta da Sandrone. Lui
sarebbe allora un ricco Paperone travestito da poveraccio? Quella sera, chiusa la chiesa, don Mario prese la scala e ritrasse il tesoro
dal nascondiglio. Doveva aggiungere quanto aveva trovato quel giorno ed in più
voleva riflettere sui particolari. Non era quello il metodo del maresciallo,
cercare i dettagli per avere indizi? Indizi di che cosa? Non era tutto chiaro
ora? Ma se era stata la Madama a fare la grande offerta, dov'era quella della
signora Maria? Forse quell'assegno circolare? Ma perché trovarlo solo ora e non
l'altro giorno? Don Mario riguardò tutte le buste ed i biglietti. Un piccolo
dettaglio ora lo sorprese. Sulla busta trovata per terra e su un'altra di quelle
che erano nella cassetta vi era una piccola macchia biancastra, in risalto, come
della cera seccata. Più grande sulla busta trovata per terra. Strano. Poi c'era
il particolare della lettera scritta a macchina. Se era stata la Madama, aveva
poi una macchina da scrivere? La signora Maria sì. Lui stesso aveva visto la
vecchia Remington nello studio del marito che la signora aveva mantenuto intatto
come allora. Ma la maga cosa se ne faceva di una macchina da scrivere? Non
avrebbe rovinato quell'atmosfera da mistero orientale della casa? Però il fatto
che i biglietti di banca fossero un pò spiegazzati, non bene in ordine, si
addiceva più alla maga che alla signora Maria. Magari erano soldi che lei
teneva in casa, per non far sapere troppo alla banca i suoi affari! Era appena rientrato nella casa parrocchiale quando il campanello della porta
suonò forte e ripetutamente. Era il maresciallo dei carabinieri. "Don
Mario, presto venga. Il Sambi è stato ferito gravemente in una sparatoria. Ora
è all'ospedale moribondo e ha chiesto di lei. Venga subito. Non so se lo
troviamo ancora in vita." Il Sambi era ancora vivo quando don Mario entrò nella stanza dell'ospedale.
Si mise la stola, si avvicinò al morente, lo benedisse. Questi con sforzo
riuscì a parlare: "Mia moglie non vuole più vedermi. Mi accusa di essere
stato io la causa della morte del nostro Franco. Ha voluto vendicarsi, lo so. Ma
ha fatto bene... Ha ragione ... sono stato io, colpa mia. Se non avessi messo su
quel traffico... magari Franco sarebbe ancora vivo... Parli con mia moglie...
dica che mi perdoni... Franco era anche il mio Franco... da quando l'ho perso
non ho avuto più pace neanch'io... L'aiuti lei don Mario... aiuti mia moglie ad
usare bene quei soldi... qualche opera pia... sono soldi guadagnati malamente,
ma possono fare del bene... trecento cinquanta" Un rantolo e non più una
parola. Eccola la verità, ancora più brutta di quella della maga. Una madre
disperata che medita una vendetta contro chi lei ritiene essere colpevole per la
morte del figlio. Una vendetta raffinata ed atroce. Sostituire i soldi nella
valigetta con della cartaccia. Quando gli altri se ne fossero accorti per il
marito era finita. Ma forse si era pentita all'ultimo momento e la soffiata ai
carabinieri l'aveva fatta lei. La mattina dopo don Mario si recò dalla signora Sambi. Si era preparato un
discorso duro, una condanna senza attenuanti, qualunque fosse la motivazione
della vendetta... Ma di fronte a quella maschera di lutto estremo quanto riuscì
ad essere efficace il suo discorso, quanto di quel carisma di padre spirituale,
che pure dopo tanti anni di sacerdozio doveva avere, riuscì a fare emergere? Se la verità era questa terza, come ormai non potevano esserci dubbi, quanto
poco gli piaceva. La motivazione orrenda, una vendetta. I mezzi illegali,
provenienti dal più turpe dei traffici. E la finalità? Chissà se la signora
Sambi aveva pensata ad una qualche finalità abbandonando in chiesa quel sacco
di banconote. Magari l'avrebbe quasi altrettanto facilmente gettato con ribrezzo
in un cassonetto della spazzatura. In ogni caso il fatto andava senz'altro
riportato al vescovo. Lui avrebbe deciso se si poteva o meno accettare
quell'offerta. Don Mario aveva ancora tuttavia una cosa da fare per rispondere ai dubbi che
l'intera faccenda gli aveva lasciato, anche ora che la verità amara era emersa.
Rimaneva pur sempre da far quadrare i conti con l'offerta presunta della signora
Maria e con quella certa della Madama. Quel pomeriggio don Mario si nascose nel confessionale vicino al portone
d'ingresso. Ed attese per un paio d'ore con il breviario tra le mani. Poi quando
ormai l'oscurità stava per calare dalle grandi vetrate, un fascio di luce
l'interruppe per un attimo. Un ombra si accostò alla cassetta di Sant'Antonio,
non a quella delle offerte per la ricostruzione della chiesa. Una mano ferma si
posò sulle spalle dell'ombra: "Ora mi dici tutto in confessione, oppure ti
denuncio ai carabinieri per furto." Sandrone, sussultò. Aveva ancora la
bacchetta di ferro infilata nella feritoia della cassetta. La ritrasse. Una
banconota da mille lire emerse, appiccicata ad una spugnetta imbevuta di
coccoina ed attaccata in cima alla barretta. "Ora capisco come hai fatto -
disse don Mario - ed ora vieni di là a confessarti. Il segreto della
confessione ti può salvare. Ma devi dirmi tutto e pentirti ridando il mal
tolto." Sandrone a testa bassa lo seguì in sagrestia. Don Mario si mise la stola, si
sedette vicino ad un inginocchiatoio. "Inginocchiati lì e comincia con il
Confiteor." Sandrone confessò tutto. Aveva da qualche tempo inventato il
metodo della bacchetta. Funzionava. L'utilizzava con la cassetta di
sant'Antonio. Tirava su delle mille lire. A volte delle diecimila, ma raramente.
Ma quel giorno provò con la cassetta dell'offerta per la ricostruzione della
chiesa. Venne su una busta che sembrava vuota. L'aprì e vi era un assegno. Lo
mise in tasca e la busta gli era caduta per terra. Poi provò di nuovo con la
bacchetta. Questa volta aveva tirato su una busta gonfia e a fatica era riuscito
a farla passare per la feritoia. Non fece tempo a guardare cosa c'era dentro perché
sentì aprirsi la porta della sagrestia. Così si era messo la busta in tasca ed
era corso fuori, dimenticando di raccogliere l'altra busta per terra. A casa
vide che l'assegno era intestato alla chiesa e ne avrebbe potuto far poco. I
soldi dell'altra busta erano cinquanta biglietti nuovi da centomila. Tanti per
lui. Ma come avrebbe fatto a spenderli? Che scusa avrebbe trovato se andava a
cambiare un centomila tutto nuovo lui, l'ubriacone che viveva di carità e di
qualche piccolo servizio? Quindi aveva deciso di restituire l'assegno, di
rimetterlo nella cassetta. Il tesoro di biglietti da centomila lo avrebbe
nascosto per usarlo quando se ne fosse presentato l'occasione. Magari sarebbe
andato a Bergamo a cambiarli in biglietti di taglio più piccolo. Ma per andare
a Bergamo ci volevano i soldi per la corriera. E così aveva pensato di
ritentare, ma stavolta nella cassetta di sant'Antonio dove di solito c'erano
delle mille lire e non certo delle centomila.
Dalla tasca della tonaca estrasse le altre buste ed il danaro sfuso della
cassetta. Mise in ordine le banconote stropicciate, poi aprì le buste. Tre
buste, tutte con un biglietto firmato da benestanti del paese e con delle
banconote. Mise tutto assieme. Non voleva essere indotto a pesare i contributi
dei vari parrocchiani e magari dare poi un giudizio in funzione di quello che
sapeva essere le loro possibilità. Contando tutto si arrivava a 858 mila lire.
In altre occasioni avrebbe giudicato che era una bella somma per l'inizio di una
campagna di raccolta per necessità straordinarie della chiesa. Ma questa volta,
di fronte ai 350 milioni...
Prese in mano un altro pacchetto di banconote del sacchetto. Prima di contarle
le guardò. Erano banconote vecchie, in parte spiegazzate e poi raddrizzate per
metterle assieme. Strano, una somma del genere una banca l'avrebbe data in
banconote nuove... Ma aveva altro per la testa che guardare i particolari. Mise
tutto nel sacchetto, lettere e soldi. Una somma del genere andava anzitutto
nascosta. Vi era un segreto nel grande armadio della sagrestia che lui solo
conosceva. Aprì uno degli sportelloni, prese una piccola scala, e salì fino ad
uno degli ultimi ripiani. Con la mano spinse un angolo del fondo. Un click e il
fondo si aprì. Vi erano nel ripostiglio gli ori della chiesa. Un piccolo
tesoro. Vi spinse dentro il sacchetto e richiuse.
Ma si poteva accettare un'offerta del genere senza sapere da chi? E se fossero
soldi di dubbia provenienza... il fine giustificherebbe... Bisognava certamente
parlarne al vescovo prima di qualsiasi decisione. Ma sarebbe stato opportuno
prima saperne di più sulla provenienza. Il vescovo avrebbe preteso sicuramente
che un vecchio parroco conoscesse così a fondo le sue pecorelle da sapere da
dove un'offerta del genere potesse provenire... In effetti fino allora per le
offerte pubblicate nel bollettino della chiesa come N.N., l'incognito era voluto
dagli interessati per modestia cristiana verso gli altri... ma lui aveva sempre
finito per sapere... Anche questa volta, pensandoci un poco... Ma quella somma
lo prendeva completamente alla sprovvista...
"Per me è la diagnosi giusta. Solo così posso aiutare l'ammalato."
"Per me invece non è così facile rispondere. Il farmacista oggi è
diventato un bottegaio. La verità è il saper decifrare le orribili grafie dei
medici. Per fortuna sono anche un erborista e vago nei boschi alla ricerca delle
erbe. La ricerca della verità è allora più difficile, richiede preparazione.
Si basa sul saper ricondurre la varietà delle forme inventate dalla natura a
degli archetipi ideali... Lo sanno bene i cercatori di funghi. Si deve cercare
l'essenza della forma."
"Come parla difficile il nostro farmacologo - interruppe il maresciallo -
Per il poliziotto la ricerca della verità è la ricerca del colpevole. Ma
spesso non lo si trova."
" E che metodi usate per cercarla, la verità? - chiese l'arciprete. - Se
ho ben capito, l'erborista procede per analogia. Analogia con le forme delle
piante che ha raccolto nel passato. Ma l'investigatore?" "Per noi è
molto importante osservare la scena del delitto, cogliere i minimi particolari.
Usando la forza della logica e gli indizi si riesce qualche volta a spingere
alla confessione. Sono i casi più fortunati."
Il medico si mise a ridere: "Già la confessione. Per noi la confessione è
sempre assicurata. Il paziente dice sempre tutto quello che sa, quello che
sente. Il problema è che spesso non sa come esprimerlo."
Le altre tre o quattro donne presenti erano da scartare perché certo non
navigavano nell'oro. Salvo forse la signora Sambi, la moglie di un imprenditore
di trasporti. Gli affari del marito sembravano andare bene, almeno a vedere
l'andirivieni di camion. Ma pur frequentando regolarmente la chiesa, la famiglia
Sambi non si era mai particolarmente distinta per offerte. A dire il vero una
grossa offerta l'avevano fatta in occasione del funerale del figlio poche
settimane prima. Povera signora! Un dolore inconsolabile. Da allora veniva a
messa tutte le mattine. Non parlava mai, non si confessava mai. Una famiglia un
pò strana a dire il vero. Il figlio a 22 anni era morto per overdose. Ma con i
tempi che corrono purtroppo non sarebbe questa una stranezza... Il marito era il
figlio di un vecchio boss siciliano trasferito ormai 60 anni fa per confino. Il
vecchio era morto ed il figlio aveva avviato e sviluppato l'impresa di
trasporti. Si era costruito una bella villa. Qualche voce su affari poco puliti
a dire il vero circolava da tempo nel paese. Forse era solo per via del padre.
Un pò anche per la tendenza a considerare tutti i meridionali come mafiosi. Poi
la tragedia della morte dell'unico figlio. Forse i mezzi la famiglia Sambi li
aveva per un'offerta del genere. Ma se era per onorare la memoria del figlio -
cosa diceva la lettera, in memoria di un caro defunto? - perché farlo di
nascosto e solo ora? L'offerta fatta al funerale era di 5 milioni. Una bella
cifra di già. Ma ora 350 milioni? No, no, l'ipotesi più probabile era la
signora Maria, la vedova dell'illustre professore. A parte la grossa cifra, nel
suo caso tutto suonava corretto. La motivazione anzitutto: ricordare il defunto
marito. Il fine: partecipare ad un'opera di bene. La signora era certo sempre
stata sensibile ai bisogni della parrocchia. I mezzi usati: benché fosse una
grossa cifra essa era certamente una piccola parte del patrimonio della
famiglia.
Secondo il metodo del farmacista dell'analogia con lo schema ideale, tutto
quindi sarebbe stato corretto. Ma qualcosa non quadrava. La cifra, il modo con
cui veniva data, lo stesso contenitore, un sacchetto di plastica... poco nello
stile della signora... a meno che non l'avesse fatto apposta per sviare i sospetti...
Sì, sembrava avercela proprio con l'arciprete. Da lontano, cominciò ad urlare:
"Se è venuto a batter cassa, può tornare indietro. La mamma non c'è, è
partita per un viaggio. Lo so, lo so quanto sia generosa con la chiesa. Ma ora
basta. Se continua così gli ho detto chiaro e tondo che la farò interdire. E
lei si vergogni di circuirla, vecchio marpione di un prete. Ed ora se ne
vada."
Durante il breve tragitto la signora chiese a don Mario come andavano le
raccolte per i lavori della chiesa. "Ho ricevuto una grossa offerta, molto
grossa. Potrò forse iniziare i lavori al più presto. La Provvidenza, vede
signora, c'è sempre la Provvidenza." "Già, la Provvidenza",
sussurro la signora. E mentre don Mario scendeva dalla macchina gli sembrò di
cogliere un triste sorriso negli occhi della signora: "Sì, la Provvidenza
- ripeté - la Provvidenza segue strade diverse e a volte strane. Grazie per le
sue parole di conforto don Mario".
Per strada il maresciallo lo mise al corrente. Da tempo sorvegliavano le
attività del Sambi. Avevano sospetti fondati che quella dei trasporti fosse una
copertura per altri traffici, droga ed armi per intenderci. Avevano avuto una
soffiata che quel pomeriggio vi sarebbe stato un incontro con consegna di merce
e pagamenti. Così avevano fatto un'irruzione nel magazzeno del Sambi dopo che
era entrato un fuoristrada con un paio di persone a bordo. Spalancato il portone
della rimessa avevano intimato "fermi tutti, carabinieri." Uno dei due
del fuoristrada che aveva posata su una seggiola davanti a sé un valigetta
aperta ed una pistola in mano, sparò contro il Sambi urlando: "Giuda, tu
ci hai voluto incastrare. Volevi fare il furbo. Sei stato tu a chiamare i
carabinieri." Lo sparatore è stato ucciso da uno dei nostri, il suo
compagno ferito, ma in modo lieve. Saremo perciò in grado di saperne di più
sull'intera faccenda. Sul fuoristrada abbiamo trovato un carico di eroina. Nella
valigetta ci dovevano essere quindi i soldi per il pagamento. Invece c'erano dei
giornali vecchi. Si vede che il Sambi voleva fregarli contando sul fatto che si
fidavano di lui e che non avrebbero aperto la valigetta per contare i soldi.
Doveva essere un pò di tempo che avvenivano quegli scambi. Eroina da una parte
e denaro dall'altra. Ma come pensava poi di farla franca il Sambi? A meno che la
soffiata non fosse venuta proprio da lui per assicurarsi che noi fossimo
arrivati in tempo. Magari voleva smettere con quel traffico. Sa, da quando gli
è morto per overdose il figlio Franco sia lui che la moglie devono aver avuto
modo di riflettere da vicino sui disastrosi effetti del loro traffico.
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