25 aprile 1996
Organizzare la propria vecchiaia non è facile. Anzitutto perché il tempo che sembra disponibile, non lo è. Esempio: devo ora fare degli ultrasuoni ad un piede dolorante. Niente di particolare, ma per 15 giorni non posso muovermi. Gli altri pensano che tu abbia tempo e quindi riversano su di te i loro bisogni. Parlo dei figli. Certamente la cosa ha i suoi lati piacevoli, ma comunque incide sul tempo apparentemente libero.
Ma poi, è proprio necessario porsi il problema di organizzare il tempo per la propria vecchiaia? Un amico lo ha fatto in modo ferreo. Lui teme di avere anche un solo momento libero durante la giornata, perché se così fosse non potrebbe non illanguidirsi a riflettere sui guai di salute per il Parkinson che lo affligge. Così si è attrezzato per seguire tutte le conferenze e tutti i concerti possibili. Ed in una città come Torino c'è da essere occupati da mattina a sera. Poi il tempo a casa lo passa leggendo con la pertinacia di quando studiava da giovane, qualunque libro. Ma per poter disporre del suo tempo, in qualche modo lui è riuscito a impedire agli altri di considerare che abbia del tempo disponibile per loro.
Difficile dire cosa sia meglio fare, se lasciare che il proprio tempo venga rosicchiato in piccole faccende quotidiane o cercare di organizzarselo ponendo dei vincoli efficaci contro questo rosicchiamento. Un modo efficace è quello di avere una attività da svolgere. Ma dovrebbe essere un'attività che non ti lascia libertà di fare o non fare, il che equivale ad avere un impegno di lavoro esterno. Scrivere, pensare, leggere è anche un'attività. Ma se non sei professionalmente giustificato - se uno è uno scrittore nessuno si meraviglia che passi il suo tempo a scrivere, se uno è un critico, nessuno si meraviglia se passa il suo tempo a leggere romanzi o a vedere film - ma se uno lo fa per passare il tempo, per se stesso, senza finalità pratiche allora perché lo fa? Questo si chiedono gli altri. Ma alla fine se lo chiede lui stesso.
Così ogni giorno uno si alza dovendo pensare a cosa farà, lasciandosi poi facilmente prendere dalle futilità reali od apparenti del quotidiano.
Ho sempre preso in giro chi si prende una seconda laurea da vecchio. Ma ora comincio a pensare che forse è un metodo efficace per utilizzare il tempo per leggere o studiare in modo che non sia disponibile per altri.
Avevo una volta teorizzato ed anche scritto una piccola specifica per un Istituto di Studi Interdisciplinari che servisse agli anziani per portare avanti degli hobby culturali, per fare della cultura attiva e non solo passiva. Ma in realtà non sono riuscito ad organizzarlo. O forse non ci ho neanche provato. Forse il problema è che io non riesco ad avere un hobby culturale. Ho provato con la teoria della complessità, ma è troppo difficile portarlo avanti da solo. Ci sono riuscito un pò solo quando ho avuto occasione di un impegno come per il caso dello studio per la Comunità sulle città. Ora però trovo che impegnarmi - nel senso di assumere degli impegni di produrre in un dato tempo certi risultati, di attivarmi per contatti e collegamenti - mi pesa troppo. Così non cerco occasioni di impegnarmi. E se non le cerchi è difficile che ti si presentino da sole.
Morale, per ora l'impegno principale è scrivere favolette per un uditore - non ancora lettore - che sembra apprezzarle. Le ho raccolte. Naturalmente non mi dispiacerebbe che questa attività dello scrivere venisse in qualche modo riconosciuta come avente statuto di vera e propria professione (per le ragioni sopradette). E così invio gli scritti a dei concorsi. Possibile che nessuno si accorga di quanto è interessante il prodotto del mio lavoro (notato il senso ironico?).