V.1. I documenti di Cusano (1433-1434)
Il cambiamento progressivo di Cusano da sostenitore della teoria conciliare
a quella papale viene comprovata da un'insieme di scritti minori ed occasionali.
Un'iniziale evidenziazione dell'esigenza della ubbidienza alla cathedra
Petri come infallibilis salutis nostrae regula e della sedes
romana per la concordia della Chiesa la scopriamo precisamente in due lettere
ai Boemi composte nel 1433, e cioè proprio nell'anno in cui venne
composto il De concordantia catholica.
L'anno seguente, nel 1434, non appena compare il problema dell'accettazione
dapprima e della presidenza poi dei tre legati papali mandati da papa Eugenio
IV al concilio, con il quale intanto il Papa si era pacificato, Cusano
esprime la sua opinione con il De auctoritate praesidendi in concilio
generali, un sintetico ed intelligente riepilogo dei concetti del De
concordantia catholica, spiegati in modo coerente e rigorosamente dimostrativo,
all'interno di un ragionamento diretto, facile, scarno e preciso.
Qui in più vi sono ricapitolate le due tesi principali del De
concordantia catholica:
- l'unico corpo della Chiesa è composto dallo spirito (sacramenti),
dall'anima (sacerdozio) e dal popolo (corpo), e che la suddivisione del
sacerdozio in preti, vescovi e Papa non è essenziale ma accidentale;
- il concilio universale salvaguarda e incarna l'unità della Chiesa
e trae i suoi poteri, senza nessun intermediario, direttamente da Cristo,
per cui esso è superiore al Papa, con tutti i risultati già
esaminati nel De concordantia catholica.
V.2. Il voltafaccia1
Fu Ambrogio Traversari, fiorentino, generale della congregazione dei
Camaldolesi, una delle menti più fervide del partito di Eugenio
IV, che, inviato a Basilea, con la scusa di ricerche sistematiche di manoscritti,
ma evidentemente per far passare alla causa papale i conciliari più
illustri, convinse i cardinali Capranica, Cesarini, Pizzolpasso, poi anche
Cusano, che già intorno al 1436 pareva avesse iniziato a cambiare
opinione.
Nel disaccordo tra i conciliaristi ed il Papa per la decisione della nuova
sede del concilio che avrebbe dovuto deliberare sull'unione della Chiesa
latina con quella greca, mentre a Basilea si esprimevano intenzioni chiaramente
antipapali, Cusano, insieme con il cardinale Cesarini, si contrappone agli
estremisti, finché lui, con l'opposizione, provò il coraggioso
colpo di dirigersi con altri due oratori (Pierre de Versailles, vescovo
di Digne, e Antonio Martinez, vescovo di Oporto) a Costantinopoli per invitare
i greci ad un sinodo da tenersi ad Udine o Firenze o in un'altra città
che piacesse a loro e alla curia. Missione che, benché fosse stata
approvata dal Papa, indisponeva la maggioranza del concilio, la quale,
a sua volta, inviò altri legati.
È superfluo rammentare il trionfo di Cusano, il trasferimento deciso
dal Papa del concilio a Ferrara, gli sviluppi successivi che nel concilio
di Firenze unirono i greci a Roma, l'ulteriore adesione di Cusano alla
politica pontificia, talmente efficace da valergli da parte di Niccolò
V la dignità cardinalizia2.
È sicuro che da Costantinopoli Cusano ritornò completamente
convertito al partito papale, e da ciò la sua vita, e forse anche
il suo pensiero, ebbe una grande svolta.
V.3. I documenti di Cusano (1439-1440)
Nel 1439, quando Cusano era ormai passato con il partito di Eugenio
IV sulla questione della scelta della sede per il concilio "dell'unione",
quando lo stesso Eugenio era stato sospeso e poi deposto in qualità
di eretico e di scismatico e veniva così rimpiazzato con Amedeo
di Savoia3, avviando in questo modo un altro
scisma, e quando si era ormai realizzata l'unione con i greci, Cusano scrive
due lettere4 per mettere al corrente alcuni
monaci certosini ed un inviato del re tedesco Alberto II5,
su come comportarsi nei confronti del nuovo Papa e del concilio di Basilea.
Queste due interessanti lettere descrivono benissimo l'attimo del passaggio,
nel quale progressivamente si attua questa transizione dalla teoria conciliarista
del De concordantia catholica e del De auctoritate praesidendi
in concilio generali a quella del massimo potere del Papa sulla Chiesa.
La sua trasformazione ruota sostanzialmente attorno a tre tesi: l'unità
della Chiesa, il concilio, il papato.
L'unità della Chiesa è ora imperniata da Cusano sul suo unico
capo, sull'unica cathedra Petri non individuata più sull'unico
sacerdotium come anima della Chiesa, ma, adesso, con la sede romana.
Ecco allora uno spostamento della praesidentia regitiva dal sacerdozio
al Papa.
Per quanto riguarda poi il concilio, Cusano sostiene prima di tutto che
esso deve essere riunito soltanto dal Papa in qualità di suo capo.
Ma ciò che è più rilevante è che adesso il
concilio non viene più considerato come la rappresentanza di tutta
la Chiesa vista come corpo unitario, e come organo che ricavi tutti i suoi
poteri direttamente da Cristo, ma viene considerata unicamente come un'assemblea
di gerarchi, vale a dire del Papa e di tutti i vescovi, giunti da tutto
il mondo, in qualità di unici membri legittimi, dal momento che
Cristo ha affidato la gestione della Chiesa solo a loro6.
Cusano adesso riporta la natura di rappresentanza del concilio all'adesione
collettiva e sottintesa di tutti i fedeli sottoposti al concilio, e su
questa adesione Cusano getta ancora una volta le fondamenta per il valore
del concilio stesso. Dichiara inoltre che il concilio autentico, quello
cioè che impersona la Chiesa è quella parte che è
d'accordo con il capo della Chiesa, pure se esso dovesse formare la minoranza
(ed in questo modo Cusano legittima la minoranza eugeniana).
Appare evidente che il peso del concilio viene ad essere fortemente ridotto;
invece la posizione del papato rispetto alla Chiesa e allo stesso concilio
aumenta considerevolmente. Anche se Cusano sostiene di non volere manifestare
la sua opinione sul problema della prevalenza del Papa o del concilio,
egli di fatto sostiene l'egemonia pontificia, dato che la parte che lo
sostiene rappresenta il concilio e tutta la Chiesa ed il concilio, in quanto
la verità resta con la sede di Pietro (che Cusano, come si è
già visto, individua in quella romana), anche se Cusano non accoglie
per il momento l'idea che l'efficacia dei provvedimenti presi dal concilio
sia condizionata dalla ratifica del Papa.
Dopo il 1440, anno in cui Cusano completa il De docta ignorantia,
il totale cambiamento della sua originale posizione con il riconoscimento
dichiarato della superiorità del Papa nei confronti della Chiesa
e soprattutto del concilio è ormai giunto a termine.
V.4. Epistola ad Rodericum de Trevino
La più concisa ed omogenea descrizione di questa nuova teoria
ecclesiastica di Cusano si trova nella lettera inviata a Rodrigo Sanchez
de Arévalo7, legato del re Giovanni
II di Castiglia al Reichstag di Francoforte, e scritta il 20 maggio 1442.
Come rappresentante del re di Castiglia Rodrigo svolse un'intensa propaganda
a favore del Papa. Ecco dunque spiegata la ragione per cui Cusano si rivolge
a lui.
In questa lettera Cusano inizia con la sua mutata visione metafisica della
realtà come un collegamento effettivo ed indivisibile di unità
e di molteplicità. Nell'unità della parola divina si trovano
in sintesi tutte le cose molteplici. Esplicandosi da Dio, tutte le cose
originano gli esseri finiti e quelli distinti dalla realtà, la cui
validità ontologica è perciò il prodotto del loro
diverso concorso all'unico essere universale che «è presente»
in tutti, anche se in modi e forme diverse.
Cusano impiega questo principio nelle relazioni Chiesa-Cristo e Chiesa-Papa.
Grazie alla mediazione di Cristo noi possiamo giungere a Dio, ed a causa
di questa mediazione Cristo è il capo invisibile della Chiesa; ora,
dal momento che nel mondo sensibile è anche necessaria un'idea visibile
di questo principato, occorre che, oltre il capo invisibile, vi sia un
capo visibile. Il Papa è il capo visibile della Chiesa visibile:
sensibilem enim ecclesiam sensibile caput habere convenit. Et ob hoc
caput huius ecclesiae sensibile est pontifex qui ex hominibus assumitur8.
Cusano identifica il Papa come capo universale della Chiesa, in quanto
successore di Pietro; ma come il capo non sostituisce il corpo, così
neppure il Papa può sostituire la Chiesa e la sua specifica preminenza.
Ogni potestà della Chiesa contribuisce alla potestà di Pietro:
omnes enim romanus et primus pontifex in explicatum ecclesiae ordinem
et statum a Petro non habet potestatem. Quoniam haec explicatio per Petri
potestatem in aedificationem ecclesiae jam facta per ipsum reperitur, quando
ad Petri principatum natus in ecclesia filius sublimitatur9.
Analogamente qualsiasi potere, qualsiasi grado gerarchico, qualsiasi carica
nella Chiesa è semplicemente una specifica manifestazione dell'unico
potere del Papa, all'interno del quale sono sintetizzati tutti i poteri
della Chiesa, del quale il Papa rende partecipi, seppure in modo diverso
e parziale, gli altri capi. Ora, poiché tutti i poteri derivano
dal Papa, quest'ultimo non può essere uguale o dipendere da nessun
altro, ma è superiore a tutti: vides etiam sacrum principatum
omnem in ecclesia sub primo [papalem] subsistere, in quantum
in ipso complicatur et non aliter. Nam sacer principatus universalis ad
aedificandam ecclesiam existit10.
A partire da questi presupposti viene definita una nuova visione del corpo
della Chiesa, la quale non viene più vista cominciando dal basso,
vale a dire dalla molteplicità, ma è vista a partire dall'alto,
cioè dall'unità del capo che comprende ogni cosa e sul quale
si basa l'unità della Chiesa come frutto del suo esclusivo potere
di direzione.
Conseguentemente persino la funzione, il valore e il prestigio del concilio
vengono decisamente circoscritti, anzi Cusano fa soltanto un veloce riferimento
finale del concilio per rendere noto l'horridus nefas del concilio
di Basilea. Pure la teoria della rappresentanza, secondo la quale il concilio
era superiore al Papa, viene cambiata con l'inserimento del concetto neoplatonico
di gerarchia, per cui il livello più alto, e cioè il Papa,
rappresenta in modo migliore la Chiesa perché la complica in sé
globalmente, vale a dire in quanto nel Papa la Chiesa è presente
e si identifica con lui.
V.5. I motivi del mutamento di opinione
Se effettivamente c'è stato un fondamentale cambiamento nel pensiero
di Cusano, che lo portò a atteggiamenti radicalmente contrari, così
come notano quasi tutti i commentatori, ci deve essere stato qualche motivo
per influire sul suo nuovo orientamento dottrinale. Cusano non lasciò
nessuno scritto per spiegare i motivi della sua svolta, «non senza
taccia d'inconseguenza»11, e questo
cambiamento resta un problema storico ancora insoluto.
Qualche critico ha voluto suggerire dei motivi opportunistici e personali
come la sua aspirazione professionale di avvocato, ormai mortificata dal
giudizio negativo del concilio per l'affare Manderscheid12,
oppure come il desiderio di ricchezze che Cusano poteva vedere soddisfatta
dall'impegno pontificio di convalida dei suoi numerosi benefici e prebende13;
altri hanno provato a spiegare il suo mutamento con motivi psicologici
come la mancanza di carattere; altri ancora con motivi di "influenza
ambientale", come il trasferimento al partito del Papa da parte del
cardinale Cesarini, ex maestro ed amico di Cusano, sicuramente uno dei
componenti più importanti all'interno del concilio, e dell'amico
Johann von Lieser, che diedero un clamoroso esempio14;
altri critici infine adducono motivi dottrinali, sia come un mutamento
provocato dalla nuova filosofia del De docta ignorantia che sottolinea
il momento dell'unità sulla molteplicità, sia nel senso di
un coerente processo evolutivo di alcuni elementi già esistenti
nella posizione precedente, quella di "conciliarista equilibrato".
Le ragioni più appropriate sembrano sostanzialmente due: la prima
è la presa di coscienza di Cusano che il concilio di Basilea non
era più un concilio legittimo, perché dove c'è dissenso
non c'è concilio15; il secondo motivo,
connesso al primo, ha origine dal presupposto che ciò che legittima
e rende valido il potere ecclesiastico è l'edificazione della Chiesa.
Ora il concilio di Basilea intralciava l'unione con i Greci per ragioni
di parte a volte futili, cioè proprio la ricostruzione dell'unità
ecclesiastica, con il fare del problema della sede dell'unione un motivo
di contrasto con il Papa16.
Ritorna il discorso dell'unità: il successo finale, cioè
il raggiungimento dell'unione, conferma per Cusano la verità dell'autorità
del Papa, e Cusano, che cercava di raggiungere continuamente l'unità,
la pace, l'armonia, e desiderava la concordantia catholica, si doveva obbligatoriamente
rivolgere al potere che li potesse garantire.
Ciononostante Cusano non fu mai papalista, nel senso comune dato a questo
termine. Ad esempio, in lui rimane regolarmente, come fosse qualcosa di
fondamentale, la convinzione che il Papa deve servire alla aedificatio
ecclesiae; allo stesso modo, Cusano non ha nessuna intenzione di rinunciare,
neppure per un attimo, alle garanzie contro un probabile abuso di potere
del Papa17.
Non si può negare che vi sia un'idea principale, un concetto di
unità che passi attraverso la sua intera trasformazione: questa
"radice" è l'idea della concordantia, una unità
da interpretare non in modo manifesto o puramente istintivo, ma in senso
armonico, cioè che comporta continuamente l'incontro di tutti nell'unità.
In questa prospettiva si pone pure lo sforzo di Cusano di ottenere una
concordia tra tutte le religioni del mondo, «in uno spirito di ecumenismo
universale»18.
1. Il termine "voltafaccia"
è di Edmond Vansteenberghe, Le cardinal Nicolas de Cues (1401-1464).
L'action-La pensée, Paris, s.e., 1920; rist. anastat. Frankfurt
am Main, Minerva, 1963, p. 65. C'è un errore di stampa nella citazione
di P. Gaia, Opere filosofiche, p. 37, nota 1, che indica invece
la pag. 95 dell'opera di Vansteenberghe.
2. Cfr. il capitolo II.
3. Per P. Gaia si tratterebbe invece di Eugenio di Savoia,
ma è quasi certamente un errore. (Opere religiose, p. 39).
4. Si tratta della "Lettera ad un monastero di certosini"
(fine 1439) e della "Lettera ad un legato di re Alberto alla dieta
di Francoforte" (8 novembre 1439): ivi, pp. 579-96.
5. Forse Johann von Eich. Ivi, p. 590, n. 1.
6. Dopo il passaggio alla parte papale Cusano addolcisce
il principio aritmetico della maior pars con il principio qualitativo
della sanior pars: ivi, p. 265, nota 9.
7. Il titolo per esteso è Epistola ad Rodericum
de Trevino Archidiaconum, oratorem Regis Castellae in dieta Francofordiensi,
Anno MCCCCXLII die XX Maji. Alcune notizie sul destinatario della missiva
le dà E. Vansteenberghe, Nicolas de Cues, p. 77 nota (2).
Si veda anche P. Gaia, Opere religiose, p. 597 nota 1.
8. «È infatti opportuno che la chiesa visibile
abbia un capo visibile. Perciò il capo di questa chiesa visibile
è il Pontefice, che è scelto tra gli uomini», Epistola
ad Rodericum.
9. «Infatti ogni pontefice romano, pur essendo il
primo, non ha potere sull'ordinamento e sulla costituzione della Chiesa,
come si esplicarono da Pietro. Perché, quando egli, figlio nato
nella Chiesa, viene elevato al potere di Pietro, trova già fatta
quella esplicazione, compiuta ad opera dello stesso Pietro, per l'edificazione
della Chiesa», Epistola ad Rodericum.
10. «Tieni presente inoltre che ogni sacro potere
nella Chiesa è sottopsto al primo potere [quello papale], ma solo
in quanto quello è compendiato in questo, e non per altri motivi.
Infatti il sacro potere universale esiste in funzione dell'edificazione
della Chiesa», Epistola ad Rodericum.
11. Guido de Ruggiero, Rinascimento Riforma e Controriforma,
3ª ed., 2 voll., Bari, Laterza (Universale Laterza 74), 1977, I 79.
12. «[...] et le procès qui fut la cause
initiale de ce revirement, c'est à Bâle»: E. Vansteenberghe,
Nicolas de Cues, p. 58.
13. Molti di coloro che volsero le spalle al concilio
vi furono indotti dal fatto che da parte di Eugenio era da attendersi una
pioggia di benefici: H. Jedin, Storia del concilio di Trento, I
26.
14. L'autorità papale, ora che c'era di nuovo solo
un Papa, era molto più utile all'unità della Chiesa piuttosto
che l'autorità del concilio: E. Lewis, Medieval political ideas,
p. 377.
15. Vedi capitolo IV, nota 30.
16. Addirittura F. Battaglia sostiene che non vi sia mai
stato nessun mutamento nel pensiero di Cusano: Il pensiero giuridico
e politico di Nicolò Cusano, pp. 250-2.
17. H. Jedin, Storia del concilio di Trento, I
25.
18. P. Gaia, Opere religiose, p. 50.