Il Plico

Parte terza


10) DA OSSERVATORE AD ATTORE 
11) L'INCHIESTA
12) LA RINUNCIA
13) TRASFERTA A PERUGIA
14) CONTINUA LA TELENOVELA

10) DA OSSERVATORE AD ATTORE

L'avv. Paoli cominciava a sentirsi poco a suo agio di fronte allo sviluppo che l'affaire Franchino-Speri stava prendendo, almeno all'interno dei suoi pensieri. Un evento del tutto fortuito cui era coinvolto come semplice testimone - con una coda inaspettata che lo aveva trasformato da testimone passivo in attore sia pure in un ruolo modesto di postino - si viene ad incrociare con l'attività del tutto per lui normale, quella di difensore di un cliente. Il tutto con effetti incrociati imprevedibili, e comunque preoccupanti. Quelle che erano pure divagazioni fantastiche sui misteri del plico bianco e sulla dinamica dell'incidente, che sarebbe stato divertente sviluppare alla luce dei pettegolezzi del Fogarin, acquistavano un peso assai diverso se incrociate con il suo ruolo professionale di difensore dello Speri. Le connessioni tra il Franchino e lo Speri non erano solo un ulteriore fonte per complicare le fantasticherie sulla storia del caso Franchino, ma coinvolgevano in modo diretto la possibilità di svolgere il suo compito di avvocato.

Cercare di costruire una storia vera o anche solo credibile sulla fine del Franchino non era più solo un divertimento. Si intersecava ora con la storia credibile che come difensore doveva sottoporre all'attenzione del tribunale per far bene il suo mestiere. Ma come poteva farlo con il necessario distacco se contemporaneamente era un testimone - e forse testimone chiave per via del plico - dell'altra storia che con questa si intersecava? Non più osservatore, per quanto interessato, che raccoglie esamina, analizza, ricostruisce la verità (o quella che deve apparire come tale al tribunale giudicante), ma attore che con la sua parte di azione finisce per costringere la storia in una data direzione che magari non è quella che serve per difendere il suo cliente.

Con la testa piena di questi pensieri si mise a tavola. Lucia, come al solito si accorse che il marito era assente: "Ma non puoi quando sei a tavola, almeno quando sei a tavola, lasciare per un pò in pace il tuo lavoro? Non c'è molto piacere a parlare con uno che pensa ad altro."

"Ciao, pà. Mamma, ho fame, molta fame."
Meno male che Enrico era rientrato a tempo per interrompere lo sfogo di Lucia. Meglio non dover far finta che no, che non aveva pensieri particolari in mente, che era attento e che aveva sentito tutto quello che Lucia aveva detto. Poteva ripetere per filo e per segno le parole che erano state dette negli ultimi 5 minuti, ecc. ecc.

"E' tutto pronto, Enrico. Puoi sederti subito a tavola", sorrise Lucia, mentre andava in cucina a prendere la zuppiera. "Ho fatto un minestrone semifreddo. Spero vi piaccia."
"Cosa hai fatto di bello oggi, Enrico?" chiese Andrea deciso ad immergersi nella realtà della famiglia per scacciare i pensieri che cercavano di intrappolarlo.
"Grande successo, pà. Mamma, ho preso 30 e lode all'esame di fisica teorica. Sai, pà, quello del gatto di Shroedinger. Oggi ho dato l'orale. Lo scritto era andato bene e così mi sono preso anche la lode."
"E ti ha interrogato proprio sul paradosso del gatto?" chiese Andrea.
"No, no. Però sempre su una parte più fondamentale e più speculativa. Sul principio di indeterminazione e sulle conseguenze che esso ha sulla rappresentazione del mondo fisico. " Noi siamo abituati a considerarci degli osservatori di un mondo che esiste al di fuori ed indipendente da noi. La fisica classica separa nettamente l'osservatore dal mondo osservato. Per scoprire le leggi che governano il mondo fisico dobbiamo analizzare eventi che devono essere indipendenti da noi che li osserviamo. Invece non è così. Il principio di indeterminazione dice che se si va ad osservare il microcosmo, mentre osserviamo, perturbiamo gli eventi, diventiamo non osservatori ma attori... Ah, ah... Scusami papà per il tono. Si vede che sono ancora tutto preso dal mio ruolo di studente che deve mostrare al professore che lui sa, che ha capito bene quello di cui parla. Buono il minestrone, mamma. Fagioli borlotti, la mia passione."
"Mi interessa, mi interessa moltissimo, invece, quello che dici sul rapporto tra osservatore e cosa osservata. Vai pure avanti. Chissà che non mi aiuti a chiarire le mie preoccupazioni come in parte lo fece il tuo famoso gatto."

Presero il piatto con la fetta di torta gelato e si sedettero in sala in poltrona. Il televisore era acceso, ma Andrea lo spense: "Tanto, sempre notizie poco buone ci porta."

Enrico, finita la torta, riprese la lezione di fisica: "Immagina di essere davanti ad un grande biliardo e di guardare la scena. Sei uno spettatore e puoi determinare con certezza la posizione delle bilie ferme e la traiettoria di quelle che si muovono. Guardando le bilie non interferisci con il loro stato. Immagina però ora che la stanza sia completamente buia e che l'unico modo di saper qualcosa delle bilie sia di buttarne una sul tappeto. Se finisce per toccare un'altra bilia, immagina che questa diventi fosforescente. In questo modo riesci a seguire da quel momento in poi la traiettoria della bilia colpita. Ma potresti dire se prima di essere colpita la bilia fosse ferma o si muovesse e in tal caso in che direzione andasse? Qualcosa puoi dire, certo. Se la bilia era stata lanciata da te molto forte o meno, la deviazione dalla traiettoria di prima sarebbe più o meno marcata. Ma molto dipende da come è avvenuto l'urto, se era di striscio o centrato. Il rumore più o meno secco può darti qualche informazione, ma molto approssimativa. Tutto chiaro fin qui? Mamma invece di stare qui a sentire questi discorsi da uomini, perchè non ci prepari il caffè. Vai, schiava, vai!"

Andrea reagì: "Sarebbe bastato accendere la luce per conoscere la situazione sul tavolo da biliardo."
"Proprio qui sta il punto. Quando dobbiamo guardare a degli atomi, a delle particelle microscopiche, l'energia che usiamo per "accendere" la luce è molto vicina alla energia di quello che vogliamo vedere. Ed anche se usiamo un riflettore molto focalizzato che illumini solo l'atomo che vogliamo osservare, non si può scendere al di sotto di una quantità minima di energia luminosa. E questa quantità minima non è zero, è come un granulo e si chiama 'quanto'. Proprio per via dei 'quanti' di energia si parla di fisica quantistica. Così, se cerchi di guardare un atomo non puoi non perturbarlo. E' proprio come se tu cercassi di saper dov'è, e che traiettoria fa, colpendolo con una bilia grossa come lui. Quindi in fisica microscopica non esiste un osservatore puro uno che può guardare senza interferire. E quindi non si può conoscere esattamente l'universo che ci circonda. Nel cercare di conoscerlo lo modifichiamo. Sembra filosofia, ma è fisica. Soddisfatto ora? Capito tutto?"
"Mica tanto. Se quello che tu dici riferendoti agli atomi è vero, allora, poiché siamo fatti di atomi non sarebbe possibile osservare la realtà macroscopica senza modificarla."
"Domanda molto intelligente, signore. Infatti la questione è ancora sul tappeto al giorno d'oggi. Come mai passando dal microscopico al macroscopico si perda la indeterminazione? Intuitivamente si capisce che l'energia usata per 'osservare' - la luce che accendi sul tuo biliardo - è così piccola che, anche se in linea teorica uno può pensare ad un effetto di interferenza, esso è del tutto trascurabile. Ma adesso spiegami tu perchè sei così interessato ai problemi della teoria dell'osservazione in fisica. "

Andrea si alzò, andò in cucina e tornò poco dopo con un bicchiere con del ghiaccio. Prese la bottiglia del nocino e lo versò sopra. "A tuo figlio niente?" brontolò Enrico.
"L'alcol fa male" replicò il padre. "Ma torniamo alla nostra storia ed esaminiamola alla luce della tua teoria. Io tornavo da Roma e viaggiavo per i fatti miei. Poi da puro spettatore ho assistito ad un incidente. Poi mi sono avvicinato, per vedere meglio. Qui c'è stato un'interazione tra l'osservatore e la cosa osservata. Si vede che l'energia 'psichica' spesa dall'osservatore era simile a quella dell'osservato. Così sono diventato in parte io stesso attore del dramma. Una piccola interazione, una cosa marginale, molto leggera. Una busta da recapitare. Questa piccola deviazione nella mia traiettoria - uso come vedi la tua metafora del biliardo - fa sì che non posso più essere semplice spettatore di un altro evento. Il povero Franchino doveva fare da testimone importante dell'accusa al processo contro il mio cliente. Ed io non posso più svolgere il ruolo di avvocato difensore se sono io stesso, sia pure marginalmente, parte in causa. Poiché ho partecipato io stesso a costruire una parte della storia non posso più da essa prescindere. Un avvocato deve poter presentare i fatti che gli sono stati raccontati ricostruendoli in modo favorevole al cliente, ma convinto lui stesso che si tratti della verità. Come può farlo, se lui stesso ha partecipato ai fatti? Non è più credibile. Si può pensare che lui ne nasconda una parte, o che abbia avuto un ruolo diverso da quello che dice. Per conoscere ho interagito e quindi ho perturbato, come dici tu, la situazione di cui volevo solo essere spettatore. "

"Ma il tuo caso non è una interazione debole, microscopica. C'è il sospetto che tu sia coinvolto macroscopicamente nell'affare."
"Cosa intendi dire?"
"Se io fossi quel commissario che ti ha interrogato, venendo a sapere dei legami tuoi con il Franchino e lo Speri penserei addirittura che tu lo seguivi di proposito e che hai azionato un marchingegno per farlo uscire di strada. Poi sei sceso per ricuperare la famosa busta che conteneva informazioni compromettenti per il tuo cliente... Già, ma il commissario non sa niente della busta. Aggravante, aggravante.. Perchè gli hai nascosto questo particolare? Ma non ti preoccupare, sono qua io a ristabilire la verità. Io ti difenderò. Un fisico che difende un avvocato. Bello, bello... Ciao pà, ciao mamma. Oggi non studio. Oggi mi dedico agli ozi come giusta ricompensa per l'esame..."

11) L'INCHIESTA

Questa faccenda del tubo mancante non gli andava giù. Anche la storia del pneumatico non era chiara. Ma forse la rigatura si poteva spiegare con qualche ferro intrappolato per caso e che poi si è di nuovo perso per strada. In ogni caso lo stato della carrozzeria rendeva difficile capire se c'era stato uno sfregamento forzato. Il commissario dr. Loiacono si fece portare quella mattina, sul presto, con la vettura di servizio guidata dall'appuntato Carnevali alla carrozzeria dove era la Mercedes. Il principale era intento ad esaminare una vettura con il fronte tutto accartocciato. "Buona giornata commissario. In cosa le posso essere utile?"
"Senta, vorrei approfondire con lei la storia di quella Mercedes dell'altro giorno. Vorrei capire meglio la storia del tubo che manca."

Si avvicinarono alla macchina che era ancora là dove l'aveva vista il giorno prima. La parte anteriore destra era accartocciata e nel vano ruota la carrozzeria era tutta collassata sulla ruota. Il pneumatico era in effetti sgonfio e per la parte che emergeva si vedeva una profonda striatura circolare. "Questa come se la spiega?" chiese il commissario.
"Dopo il primo giravolta su se stessa la carrozzeria può essere venuta già allora in contatto con la ruota, che però ha continuato a girare sfregandosi contro la carrozzeria finche è scoppiata."
"E per il tubo dell'impianto idraulico?"
"Forse è un pò difficile spiegarle dove si trova il tubo del servofreno, viste le condizione della vettura. Ma venga, ho qui un'altra Mercedes che ha il vano motore intatto. Eccola qua. Questa, invece, è stata solo tamponata." Aprì il cofano: "Ecco, guardi, signor commissario. Quel tubetto che intravede la sotto. Sarà lungo 30 cm. E' necessario che vi sia un tubo di gomma che colleghi il resto del circuito idraulico per compensare gli spostamenti per vibrazione del motore rispetto all'asta dello sterzo. Certo è un elemento debole per la sicurezza della vettura. Sarebbe meglio se tutto l'impianto fosse in tubo di acciaio dal serbatoio in pressione alle varie utenze del servosistema. Ma non è possibile. Però il tubo resiste ad elevata pressione ed inoltre è raccordato ai due estremi con una doppia fascetta. Non mi ricordo di nessun incidente avvenuto a causa di sfilamento del tubo di gomma."
Il commissario lo guardò perplesso: "Ma se ciò nonostante si sfila, che succede?"
"Meglio che non capiti. Si perde immediatamente pressione nel circuito del servosterzo e come conseguenza lo sterzo cambia bruscamente di direzione. Se uno è saldo di volante può anche riuscire a evitare il ribaltamento. Ma se uno non è pronto, se è disattento e tiene lo sterzo con due dita... allora sono guai. La vettura fa un testa-coda e se va forte si rovescia."
"Quanto forte?" Il meccanico alzò le spalle: "Dipende. Ma penso che basti andare a 70-80 Km perchè si ribalti. In autostrada, per quanto uno vada piano, si va almeno a 100-120 Km\h."
"Ed è proprio quella la velocità a cui andava. Anzi, poco prima dell'incidente aveva accelerato molto. Abbiamo un testimone che seguiva la vettura. Ma come può aver fatto il tubo a sfilarsi? Lei ha detto che è il primo caso che vede. Potrebbe essere una fascetta corrosa, che a un certo punto si è tranciata?"
Lo escluderei. Innanzi tutto ci sono due fascette per parte, proprio per aumentare la sicurezza. Inoltre sono in acciaio inossidabile. E poi la macchina mi pare che fosse ben tenuta. No, non riesco a capire come sia successo."
"E se uno avesse allentato le fascette?"
"Allora sarebbe un'altra cosa. La pressione nel circuito dei servocomandi cambia quando li si usa. Si hanno dei picchi di pressione. A poco a poco se le fascette sono lente, il tubo può sfilarsi. Però dovrebbe rimanere attaccato dall'altra estremità. E qui invece non c'è traccia di tubo. A meno che...."
"A meno che - completò il commissario - tutte e due le fascette da tutte e due le parti fossero allentate. Grazie, grazie, mi è stato di grande aiuto. Carnevali in macchina, torniamo sull'autostrada là dove c'è la macchia d'olio."

Gli era venuto improvvisamente in mente che il tubo era stato cercato nel campo, là dove si era fermata la vettura contro l'albero e lungo il solco tracciato sul terreno sia nel rotolare giù che quello fatto tirandola su. Ma nessuno aveva guardato sull'autostrada, magari un pò più avanti di dove c'era la macchia d'olio. Se il tubo si era sfilato subito, magari quando la vettura aveva fatto testa-coda doveva essere caduto sull'asfalto. Qualche macchina lo avrà calpestato e fatto schizzare più avanti e magari dal lato centrale della carreggiata e non dalla parte del fosso.

Fermarono l'alfa blu-azzurro di servizio sulla corsia d'emergenza. Prima cercarono per qualche decina di metri oltre la macchia sul ciglio destro. Esaminare lo spartitraffico centrale era un pò più rischioso con tutto quel traffico. Così l'appuntato Carnevali, sventolava la sua palina disperatamente per segnalare di ridurre la velocità e di spostarsi sulla corsia di destra. Ma non ci volle molto. Finalmente, il commissario con aria trionfante sollevò quello che a Carnevali da lontano parve una piccola biscia. "Eccolo sto stramaledetto tubo."

Soddisfatto e per scaricare un pò la tensione si affacciò sul ciglio della strada a guardare nella valle. "Carnevali! Come si chiama quel paesino laggiù? Non è molto distante dal posto dove si è fermata la macchina e c'è anche una strada che sale nei prati verso quella direzione."
"La strada grande che vede salire dalla valle è quella che porta da Pian del Voglio al passo della Futa. Il paese che attraversa, quello con la chiesa, si chiama Bruscoli. Ma la strada che sale sui prati parte da una frazione che non mi ricordo come si chiama. Di là comunque hanno visto l'incidente e qualcuno che era nei campi si è avvicinato con il trattore. Pensa sempre alla valigia signor Commissario?"
"Un giorno magari andiamo assieme per un sopralluogo. Voglio interrogare quelli che hanno visto l'incidente. Che cosa esattamente hanno visto."

Quel pomeriggio il commissario venne ricevuto dal pretore, la dottoressa Casali: "Loiacono, ma perchè diavolo non chiudiamo questo caso? Un malore che ha causato una uscita di strada. Cosa c'è da rimuginarci su?"
"Veda, dottoressa. Io di fronte alle coincidenze mi insospettisco. Passi per la gomma scoppiata che in effetti potrebbe essere scoppiata dopo che la macchina aveva fatto il primo giravolta e rimessasi in piedi è andata ancora un pò avanti prima di uscire di strada definitivamente. Può essere una causa derivata e non una semplice coincidenza. Poi c'è la questione della causa della morte. Se il decesso fosse stato dovuto al trauma, non avrei fatto tanti problemi. La macchia d'olio sulla strada al momento della uscita di controllo della vettura indica un guasto improvviso magari ai freni o allo sterzo, quindi perdita di controllo da parte del guidatore, uscita di strada e giù per la valle. Ma il referto medico non è d'accordo. Dice che c'è stato un collasso, forse una trombosi, prima. Ma allora perchè, dico io ci deve essere la macchia d'olio? E non è una macchia d'olio che preesisteva. Abbiamo un testimone che seguiva la macchina e che dice di aver notato la fuoriuscita di qualcosa al momento del testa-coda. E a questo punto anche la storia del pneumatico riemerge come poco chiara, tanto più che il testimone sembra avere sentito anche uno scoppio, anche se è per lui difficile dire esattamente se è avvenuto prima o poi il ribaltamento. Si tratta di secondi o frazioni di secondo. E così, ho voluto capire meglio. E finalmente abbiamo trovato il colpevole: un pezzo di tubo del circuito idraulico del servosterzo, che si è staccato improvvisamente. L'abbiamo ritrovato lungo il guard-rail al centro della strada. Quindi non ci sono dubbi: si è staccato quando la vettura era ancora sull'autostrada, non dopo, magari strappata via da qualche troncone di ramo che si è infilato sotto l'auto durante il rotolone giù per la valle. Ma perchè si è staccato? Forse perchè il guidatore si è sentito male? O non sarà piuttosto che il guidatore si è sentito male quando la vettura gli è uscita di controllo, ma prima che lui subisse dei traumi per urto? Mi sembra un'ipotesi più plausibile."
"Ma il medico di che parere è?"
"Sulla causa del malore lui non si pronuncia. E' certo tuttavia, secondo il medico, che la causa della morte è il malore e non i danni da urto. Questi, se mai, possono avere accelerato il decorso verso la fine. Il medico comunque non esclude che uno spavento eccessivo possa avere prodotto una trombosi. Bisognerebbe saperne di più sullo stato di salute del defunto. Ma, dottoressa, il problema più grave è capire perchè il tubo si è staccato. Secondo il meccanico la probabilità che sia per usura del pezzo è molto piccola. Lui propende a pensare che le fasce che tengono il tubo di gomma collegato con il tubo principale del circuito fossero allentate. Ma come mai? Qualcuno lo ha fatto apposta?"

"Ho capito - concluse la dottoressa Casali che pensava alla pila di altre pratiche che la aspettavano - Lei propone di aprire un'inchiesta con tutte le regole. E' così? Va bene proceda pure. Ma non troppi voli di fantasia per favore. Abbiamo già tante gatte da pelare vere, non creiamone di fasulle. Mi stia bene Loiacono."

12) LA RINUNCIA

Il comm. Speri venne fatto accomodare questa volta direttamente nello studio dell'avvocato. Paoli. Questi, già in piedi, gli andò incontro e gli strinse la mano: "La ringrazio commendatore di essere venuto subito. Si accomodi, prego."
"Avvocato, mi dica, c'è qualche novità per la mia causa?"
"In un certo senso, sì, ma non viene dal tribunale. Sono io che ho riflettuto molto sulla situazione come si è sviluppata dopo che ho saputo che il povero signor Franchino avrebbe dovuto essere sentito come testimone dell'Accusa. C'è questa strana coincidenza che io ho assistito alla sua morte. E' una coincidenza del tutto fortuita, naturalmente. Ma proprio perchè la probabilità che un caso del genere si sia verificato è molto piccola, rende la gente incredula. Non è strano che l'avvocato della difesa si trovasse sulla stessa autostrada del testimone dell'accusa, che l'abbia seguito per parecchi chilometri senza mai superarlo e poi abbia raccolto le sue ultime parole? E' credibile che sia tutto fortuito? Io lo so, noi lo sappiamo, ma gli altri? Il P.M., il tribunale? Poi c'è la storia del plico. Il Franchino affida proprio a me una busta, forse con dei documenti che non vuole vadano in mano ad altri! Del plico io non ho parlato con nessuno, naturalmente. Lo sa lei perchè glielo ha detto la signora Franchino. Ma se viene fuori una qualche indagine - ed a questo punto mi aspetto che il P.M. voglia saperne qualcosa di più sull'incidente - dovrò parlarne. In questa situazione, e lo dico nel suo stesso interesse, non è più possibile che io continui a rappresentare la difesa."
"Capisco, capisco", mormorò lo Speri.
"La mia posizione non sarebbe del tutto chiara, si potrebbe sospettare che io nasconda qualcosa e non come avvocato difensore, ma come testimone. La gente tende in generale a interpretare tutto quello che avviene in termini di causa ed effetto. Se qualcosa è successo ci deve essere una causa. Se uno fa una cosa è perchè c'è un motivazione. Siamo esseri razionali e vogliamo trovare la razionalità in tutto quanto avviene. Il caso in questo mondo ha assai poco spazio e credibilità. Se non si trova un vero nesso causale si deve trovare in ogni storia almeno un senso. Che senso ha tutto quanto è avvenuto? In realtà gli eventi sono così ben concatenati che è difficile non dare loro un senso, anche se non ce l'hanno. E per dire la verità, comincio io stesso ad avere difficoltà a credere che si tratti di una sequela di coincidenze del tutto fortuite."

Il commendator Speri si passò una mano tra i capelli come per prendere tempo prima di reagire: "Se è il contenuto della busta, del plico come dice lei, che la turba, guardi che sono in grado di chiarire perchè il povero Giuseppe era preoccupato che la famiglia l'avesse subito e direttamente. Giuseppe, qualche giorno prima di partire aveva fatto una grossa assicurazione contro la morte per infortunio. Una somma assai elevata, 5 miliardi di lire. Povero Giuseppe. Sembrava quasi che se lo aspettasse. Non aveva detto niente ai suoi, e si era portato con sé il contratto di assicurazione. Non so come mai. Forse se lo era dimenticato nella borsa e quando se ne è accorto durante il viaggio avrà voluto tenere con se in tasca il documento per paura di smarrirlo."
"Nella borsa, dice? Ma mi sembra che non ci fosse nessuna borsa in macchina. Io comunque non l'ho vista. E poi era nella tasca della giacca che teneva la busta."
"Ma, non so, ho detto in borsa così per ipotesi. In ogni caso può darsi che una borsa l'avesse con sè. Chiederò a Giulia. La moglie ha appreso dell'assicurazione solo quando ha aperto la busta che lei gli ha fatto avere. Ora si capisce che Giuseppe abbia voluto che la moglie ricevesse subito e direttamente la polizza. C'è da fidarsi della polizia, si sarà chiesto? Comunque non avrà voluto che della cosa si parlasse troppo. Mi pare del tutto naturale. Cinque miliardi sono una bella somma."

"Quello che mi racconta mi convince ancor di più che non è solo per un eccesso di preoccupazioni deontologiche che io debbo rinunciare alla sua difesa. Già erano molte le coincidenze fortuite. Ora ci si aggiunge anche questa dell'assicurazione fatta due-tre giorni prima dell'incidente... E la possibilità di dare un senso al tutto, di collegare causa ed effetto si amplia. Magari la stessa sequenza di eventi può dar luogo a tante spiegazioni diverse, e tutte ragionevoli, con azioni motivate e con connessioni tra le azioni fatte prima e quelle fatte dopo. Ci voleva anche questa della assicurazione ... Comunque non si preoccupi, commendatore. Se Lei è d'accordo io l'affido al mio collega e amico, l'avvocato Cavalli. Ne ho piena stima. Troveremo una scusa per la mia rinuncia così da non sollevare sospetti. Propongo l'avvocato Cavalli perchè lo conosco bene e posso parlargli a cuore aperto. Ma se lei ha in mente un altro avvocato, non ci sono problemi. Ci rifletta e mi faccia sapere qualcosa appena ha deciso."
"Se me lo raccomanda lei, per me va bene. Mi spiace solo che lei rinunci... Ma capisco... In ogni caso le do conferma domani."

"Vedrà che con Cavalli sarà in buone mani. Poi io sono pronto ad aiutare in ogni modo. Speriamo, comunque che non si intreccino troppo le due cose, il suo processo e l'eventuale indagine sull'incidente. A proposito, lei sa se hanno chiuso il caso dichiarando che si è trattato di un incidente?"
Il commendatore Speri scosse la testa: "No, nessuno si è fatto vivo con la famiglia. D'altra parte il figlio, che è il beneficiario nominato nella polizza, non ha ancora contattato la compagnia assicuratrice per chiedere il pagamento della somma assicurata. L'avvocato dei Franchino ha detto che occorre avere il verbale di chiusura della pratica da parte della pretura locale, e che ci vorrà del tempo, visto che vi è stato un morto."
"Ha detto che beneficiario è il figlio? Solo lui? Non è strano che non siano beneficiari tutti gli eredi?"
"No, direi di no. La moglie, forse lei non lo sa, non è la prima moglie e non è la madre del figlio. Elisa, la ragazza che avrà visto al funerale è sua figlia. La signora Giulia è molto ricca di suo. Possiede a Venezia addirittura un palazzo sul Canal Grande. Quindi Giuseppe si sarà preoccupato di Franco, che tra l'altro dovrebbe portare avanti l'azienda vinicola. In ogni caso la famiglia è molto unita e non credo che sorgeranno problemi."

La sera stessa dopo cena, il commendator Speri gli telefona a casa: "Avvocato, mi scusi se la disturbo a casa e non in ufficio. Intanto le confermo che sono d'accordo per l'avvocato Cavalli. Mi fissi lei un appuntamento appena possibile. Ma non è per questo che l'ho disturbata a casa. Giulia, la signora Franchino, avrebbe piacere di deporre dei fiori sul luogo dell'incidente. E' un'idea un pò strana, lo so, forse un pò antiquata. Ma la signora Franchino è rimasta uno spirito molto romantico e deporre dei fiori le serve forse a rivivere un pò gli ultimi momenti del povero marito."
"Mi pare un desiderio più che legittimo. Purtroppo non so se riesco ad accompagnarvi... Ho parecchi impegni... Ma, già che ci penso, forse non dovrebbe essere difficile rintracciare il posto esatto. Mi faccia ricordare... Venendo da Firenze, dopo l'uscita di Roncobilaccio c'è una stazione di servizio... L'incidente è avvenuto poco prima, neanche un chilometro... Lo ricordo bene perchè quando è arrivata la polizia e mi hanno chiesto se potevo seguirli fino a Sasso Marconi per il verbale, ho chiesto di fermarci per un caffè... Come immagina ero un pò scosso... Prima della stazione di servizio c'è un grande viadotto. E' proprio subito prima del viadotto che l'auto è uscita di strada. Anzi per poco non finiva nel burrone... C'è poi un paesino da cui era arrivato qualcuno con un trattore... Se attende un secondo, devo avere una carta automobilistica e vedo se c'è il nome del paese.... Guardi ho trovato. Il paese si chiama Bruscoli. Deve uscire, andando da Bologna verso Firenze, a Pian del Voglio e lì seguire la strada per la Futa. Ad una diecina di chilometri trova il paese. Lì sicuramente si troverà qualcuno che si ricorda dell'incidente e che potrà indicare il posto esatto... Andrà lei immagino ad accompagnare la signora Franchino... In ogni caso, da là sotto, se si guarda in su verso l'autostrada si vedono gli alti pilastri del viadotto... Anzi, la vettura ha toccato prima un grosso masso su cui è rimbalzata se no sarebbe finita nel torrente che scorre molto in basso sotto. E' come se il torrente avesse tagliato netto la montagna. C'è una specie di strapiombo su cui si lancia il viadotto. Se poi la signora Franchino vuole deporre i fiori sul luogo esatto dove è spirato suo marito, l'albero che ha fermato la macchina porterà sicuramente ancora i segni... Mi sembri si trattasse di un castagno... forse un ceppo... sì, sì un ceppo isolato di castagni. C'è una stradina di campagna che sale proprio fino là sotto."

"Avvocato la ringrazio molto. Accompagnerò io la signora Franchino. Almeno questo lo devo al povero Giuseppe... Anzi, sa cosa faccio? Per essere proprio certo del posto andrò io da solo domani stesso per un sopralluogo. Credo che le sue informazioni saranno sufficienti. Poi ci condurrò la signora tra qualche giorno. Le farò sapere se ho avuto difficoltà a trovare il posto esatto. A proposito, avvocato. Ho chiesto a Giulia... alla signora Franchino, se suo marito avesse con sè una borsa. In effetti manca da casa la borsa che lui prendeva spesso con sè quando usciva per affari."

13) TRASFERTA A PERUGIA

Il commissario Loiacono si era assopito cullato dalle vibrazioni ovattate della vettura guidata dal Carnevali. La frenata improvvisa lo avrebbe sbattuto contro la plancia se non fosse stato legato alla cintura di sicurezza. In ogni caso, aveva interrotto le fantasie oniriche: "Carnevali, accidenti, un pò di attenzione!"
"Mi scusi signor Commissario, ma il solito cafone autostradale decide all'improvviso di superare senza guardare se qualcuno è già in corsia di sorpasso. Se avessimo avuto la vettura di servizio avrebbe visto come sarebbe stato più attento."
"Già, già, Carnevali. Lo so che ti sarebbe piaciuto tirar fuori la sirena e mettere un pò di paura a questi poveri automobilisti che non resistono alla tentazione di superare il limite di velocità. Ma la nostra è una missione riservata. Andiamo a fare un'indagine fuori zona e non mi sembra il caso di fare intervenire i colleghi del posto. Tanto, penso che ce la sbrigheremo in fretta e da soli."

L'indagine era stata avviata chiedendo anzitutto tramite il maresciallo dei carabinieri di Barbarano, notizie alla famiglia sui motivi e le mete del viaggio del Franchino. Ed anche della famosa valigia. Sì, il Franchino era partito con una valigia. Non molto grande, ma c'era. Una valigia di cuoio, antica, di quelle con ancora attaccati gli adesivi degli alberghi visitati. Pare che il Franchino amasse molto quella valigia. Forse era appartenuta a suo padre e magari anche a suo nonno. Nostalgia della Belle Époque? Probabile. Magari avrà attratto l'attenzione di qualche contadino locale se l'ha trovata sul terreno... Oppure,... chissà. Ragione del viaggio, mista. Accompagnare il figlio a Firenze da amici e poi andare a Perugia a trovare un vecchio e caro amico del Franchino, il prof. Leandri. Un luminare ospedaliero sembra. Ragione della visita? Pura amicizia, pare. Forse la scusa per farsi qualche giorno di vacanza. Anche se Perugia in luglio non è proprio un luogo molto fresco.

Questo era quanto il maresciallo aveva saputo dalla vedova. Il commissario non era del tutto convinto che non vi fosse invece qualche altro motivo. Altrimenti la cosa non sembrava avere molto senso. Così il commissario aveva deciso di prendersi un giorno di mezza vacanza e di verificare di persona. Avrebbe approfittato per capire dove aveva parcheggiato la macchina e se a qualcuno fosse stato possibile metterci le mani. C'era sempre il mistero del tubo... Il commissario non poté non sorridere pensando ai giochi di parola possibili riferendosi ad un tubo.

Arrivati a Perugia sarebbe stato utile avere la vettura di servizio. Il centro storico non è accessibile alle vetture private e si deve parcheggiare nei posteggi in basso fuori della vecchia cinta muraria. Da lì poi si sale con delle scale mobili al centro. Il commissario dovette qualificarsi al vigile che li aveva perentoriamente fermati. Dovette scendere per farsi fare un cartellino verde che doveva venire esibito sul parabrezza e che gli avrebbe consentito di circolare entro il centro storico.

Prima tappa l'albergo dove era sceso il Franchino. Il nome dell'hôtel lo aveva saputo dalla segretaria del prof. Leandri cui aveva anticipato la sua visita. Era stata la segretaria stessa a prenotare per il Franchino l'albergo.
Il portiere si ricordava benissimo, anche grazie alla vecchia valigia. Un gentiluomo di campagna certo, di quelli che usano ancora lasciare la mancia anche al portiere. Difficile dimenticarsene al giorno d'oggi. Ma non era solo, c'era anche il figlio con lui. Avevano preso due camere. Si era fermato tre notti. Anzi, il figlio solo due. Avevano incontrato due o tre persone. Si erano intrattenuti al bar. Riunioni d'affari probabilmente. C'erano delle borse tipo 24 ore e delle carte che si erano passati. Discussione anche animata a quanto sembra ricordarsi il barista. Ma in quanto a capire l'argomento della discussione, no. Non era abitudine ascoltare i discorsi dei clienti. Ma poi, oltre tutto, si erano seduti in una specie di salotto lontano dal bar. Il barista era solo andato un paio di volte a prendere gli ordini e a portare da bere. C'era anche il figlio assieme al padre? Sì... forse sì... no. Insomma non ne era sicuro. Anche il barista non se lo ricordava.

L'hôtel aveva un garage, ma ora non era possibile utilizzarlo per via di lavori in corso. Così i clienti dovevano parcheggiare la macchina nel parcheggio pubblico ai piedi della città. Anzi, il cliente arrivava in albergo con la sua vettura (come turista gli veniva rilasciato un permesso) e poi il 'bell boy' - il portiere, in omaggio alle quattro stelle, si permetteva qualche raffinatezza di espressione appunto da grande albergo - provvedeva a portare la macchina nel garage pubblico. Risaliva poi in albergo con le scale mobili. Arrivano proprio qui fuori, nella piazza. Tutto sommato è abbastanza comodo. L'albergo ci tiene a servire bene i clienti. Perugia è sempre stata una città di classe, e gli alberghi sono il primo specchio della città per il turista.

Loiacono si era dovuto sorbire il contorno di chiacchiere del facondo portiere. E poiché era così in vena gli chiese se conosceva il professore Leandri, il primario dell'ospedale civico. Lo conosceva di fama e anche di persona. No, non c'era lui tra le persone con cui il Franchino si era incontrato in albergo.

Il prof. Leandri attendava il commissario in ospedale nel suo studio. "Povero Giuseppe, e pensare che non sono riuscito neanche ad andare al suo funerale. Glielo avevo detto che nelle sue condizioni era imprudente guidare. Ma io pensavo che sarebbe tornato a casa con il figlio con cui mi disse che era arrivato qui. Mi spieghi esattamente come è avvenuto l'incidente, signor commissario."

Loiacono, che avrebbe voluto subito chiarire il senso dell'affermazione del professore, dovette soffermarsi prima a chiarire la meccanica dell'incidente. "Il mistero è proprio qui e spero lei mi possa illuminare. C'è stata una rottura del servosterzo che ha causato l'uscita di strada e avrebbe dovuto essere la causa della morte per i traumi che il Franchino ha subito. Se un masso non avesse deviato la traiettoria della vettura, questa sarebbe precipitata giù in una specie di baratro e non ci saremmo probabilmente potuti porre nessuna domanda. Invece il Franchino era ancora vivo ed un testimone ha potuto raccogliere le sue ultime parole. Se ci fosse stato un trauma cranico sarebbe stato probabilmente fuori conoscenza. E per altri traumi, per quanto gravi, non avrebbe dovuto subentrare una morte così improvvisa. Questo almeno è il parere del medico. Anzi lui pensa che il Franchino sia morto a causa di una trombosi probabilmente avvenuta subito prima dell'incidente. A proposito, professore, lei prima ha accennato che aveva avvertito il Franchino che nelle sue condizioni..."
"Giuseppe ed io eravamo grandi amici dal tempo del servizio militare. Poi ognuno ha preso la sua strada, ma l'amicizia è rimasta ben salda e ci vedevamo spesso. Almeno fin che era viva la sua prima moglie. Poi ci siamo visti più di rado. Anzi ci vedevamo più solo io e Giuseppe. Chissà, forse non andavo tanto a genio alla nuova signora. O forse ero io che ricordavo come andavamo d'accordo tutti assieme quando c'era la prima moglie che non mi sono abituato al cambiamento. Negli ultimi tempi poi Giuseppe è venuto da me per ragioni professionali. Si fidava di me anche come medico, cosa che non sempre capita tra amici. Aveva un forte tasso di colesterolo e così gli ho fatto fare dei controlli radiografici alle vene. Purtroppo aveva una forte occlusione alla carotide, quasi il 90% di ostruzione del passaggio sanguigno. Doveva farsi operare con urgenza, perchè rischiava altrimenti un distacco di placche e un embolo cerebrale. Temo che sia quanto è avvenuto. Povero Giuseppe. Ci eravamo messi d'accordo per l'operazione. Sarebbe venuta a farla qui da noi. Abbiamo infatti uno specialista per cui vengono qui da tutta Italia. E' una operazione con un forte rischio, e Giuseppe lo sapeva."
"Quindi secondo lei, il Franchino potrebbe essersi sentito male e quindi perdere il controllo della vettura. Ma i parenti non hanno detto niente di tutto ciò. Non lo sapevano, forse. Anzi, per quanto li riguarda, era in ottima salute."
"Giuseppe aveva tenuto fino ad ora tutto segreto. Ed era venuto a Perugia anche per ragioni d'affari, qualcosa che aveva a che vedere con il figlio, credo. Ma su questo preferirei non parlare. Adesso però lo avrebbe dovuto certamente far sapere, visto che doveva operarsi. Aveva portato con sé gli incartamenti per il ricovero qui da noi. Immagino che li avrete trovati tra le sue cose."
"Veramente no, e questo che mi dice, che non sospettavo aumenta ancora di più l'aria di mistero che si sente attorno a questo incidente. Infatti la vettura è uscita di strada a causa di una rottura come le ho detto. Anzi, c'é qualcosa di poco chiaro sulle cause della rottura. E' strana la coincidenza tra la rottura e il distacco dell'embolo. Io credo poco alle strane coincidenze. Ci deve essere una correlazione. Mi può illuminare su questo punto professore? Per me è importante stabilire se il malore è avvenuto prima e la perdita di controllo dello sterzo ha causato la rottura successiva del servofreno che ha peggiorato l'intera situazione, oppure se è la rottura, con il colpo di sterzo che può aver dato, che abbia causato uno stress emotivo che ha originato il distacco dell'embolo."

"Caro commissario, lei sa che ogni medico ci tiene a precisare che malgrado gli enormi progressi fatti la medicina rimane pur sempre un'arte e non una scienza esatta. Così il quesito che lei mi pone non permette una risposta sicura. E magari se chiede ad un altro medico ottiene la risposta opposta. Io tenderei ad escludere che vi sia una relazione tra uno stress emotivo ed un distacco d'embolo. Sono più propenso per la prima delle versioni. Il malore che causa la perdita di controllo della vettura, che ... Qui è però il meccanico che deve dire se la vettura era cagionevole di salute oppure no. Per quanto conosco Giuseppe mi meraviglierei molto che lui viaggiasse su una vettura che non fosse in perfette condizioni di marcia."
"Già, già. E' un pò anche la mia impressione da quel pò che ho potuto capire sia sul personaggio che sulla vettura. Comunque sto facendo fare una perizia sulla Mercedes del Franchino. Caro professore, mi è stato di grande aiuto. Ora ho le idee un pò più chiare. Per lo meno un po' di tasselli del mosaico vanno assieme. Può darsi che nel futuro me ne manchi qualcuno, magari che interessano il figlio. Per ora rispetto il suo riserbo a parlarne. Segreto professionale immagino, valido per i vivi e che può essere messo da parte per i morti. Ma se sarà necessario per il seguito delle indagini, penso che potremo superare il riserbo."
"A sua disposizione, commissario."

Tornato in albergo il commissario volle parlare con il... come lo aveva chiamato il portiere? Ah, sì, il bell boy. Anzi, si fece portare da lui nel posto dove aveva parcheggiato la Mercedes. L'albergo aveva una diecina di posti riservati, in un angolo abbastanza appartato del grande parcheggio sotterraneo. "In quale posto era parcheggiata esattamente?"
" La prima volta era proprio qui, nell'angolo contro il muro. Poi, quando la riportò il figlio era due posti più a destra."
"Ah, perchè il figlio ha usato da solo la vettura?"
"Sì, ha chiesto a me di accompagnarlo qui giù nel garage per rintracciare la macchina. Aveva fretta e non ha voluto che gliela portassi sopra io."

Il commissario guardò attentamente sul pavimento, prima in un posto poi nell'altro, quasi a cercare qualche indizio. Si chinò, toccò con un dito quello che non sembrava semplice polvere. "Si direbbe della limatura di ferro. Carnevali, tu che sei un bricoleur, secondo te è limatura di ferro questa?"
Carnevali, si chinò, raccolse un campione e lo guardò: "Più che da una lima sembra essere prodotta da un seghetto. E' troppo grossa per esser prodotta da una lima."
"Raccogli tutti i residui che ci sono. Mettili qui, non si sa mai", e così dicendo gli passò un pezzo di carta che aveva trovato in tasca. "Senta, bell boy. Il figlio l'ha portata lui la vettura qui o l'ha consegnata a lei."
"No, al ritorno ha fatto tutto da solo. Mi ha consegnato le chiavi che saranno state le sette di sera. Sono poi tornato io a prendere la vettura per il padre quando ha lasciato l'albergo. E' per questo che mi ricordo dove era parcheggiata la vettura anche la seconda volta. Proprio qui dove lei si è chinato."
"Le sette di sera... Quindi è stato via tutto il pomeriggio... E lei si ricorda con che mezzo il figlio ha lasciato l'albergo?"
"Sì, se n'è andato alla mattina del secondo giorno con un signore che era venuto a cercarlo."
"Uno di quelli che aveva incontrato il padre il giorno prima?"
"Questo non posso dirglielo. Forse lo sa il portiere."
Ma il portiere non si ricordava, nè se il figlio fosse stato presente al colloquio, nè se quello era uno dei signori...

Sulla via del ritorno il commissario avrebbe voluto fare ordine, mettere assieme i pezzi del puzzle raccolti fino allora per vedere se riusciva a intravedere la figura intera. Purtroppo i pezzi erano troppo pochi e non facilmente collegabili. Una cosa sembra emergere con evidenza: che la posizione del figlio era poco chiara. Perchè avrebbe taciuto sul fatto di essere andato anche lui a Perugia e non solo a Firenze da amici? Inoltre la possibilità di manomettere il servosterzo l'aveva avuta, almeno in linea di principio. Ma perchè l'avrebbe dovuto fare? Per professione, il commissario non indietreggiava certo nel fare ipotesi che ad altri sarebbero sembrate mostruose. Un figlio che attenta alla vita del padre! No il problema non era nella enormità del fatto. Il problema era la motivazione. Se c'è un effetto ci vuole una causa! E' una vecchia verità che vale certo anche per i delitti. Non c'è delitto senza motivazione. Che dire poi dei pezzi del puzzle che sembravano proprio non entrarci per niente, neanche a contribuire a disegnare i contorni del paesaggio, delle nuvolette innocenti nel cielo. Perchè dovrebbero essere sparite le carte sulla salute del Franchino? Chi avrebbe avuto interesse a farle sparire? Non ce n'era traccia nella borsa ritrovata. A meno che non fossero state messe nella valigia scomparsa. Ma non era più logico che dei documenti fossero in una borsa invece che nella valigia? Ma a bordo nè valigia nè borsa. E nessuno in albergo aveva parlato di borsa. Forse però lui non era stato esplicito nel chiedere se il cliente avesse avuto anche una borsa con sè. Sarà un punto da chiarire, magari con una telefonata. E poi, come se non bastasse, ci mancava la limatura... no, anzi la segatura di ferro. C'entrava qualcosa con la Mercedes? Gli venne in mente una vecchio indovinello, e lo propose al Carnevali. "Carnevali non ti fare prendere da un colpo di sonno. Vediamo se ti sveglio con questo indovinello. Che cos'è quella cosa verde che sta sul tetto e fa cri-cri?"
Il povero Carnevali si schermì: "Non sono bravo per gli indovinelli, dottore. Non so, un grillo?"
"Ho capito, va. Te lo dirò io cos'è. E' un'acciuga."
Carnevali fece finta di stare al gioco: "Un'acciuga sul tetto, ma via. Come ci è andata?"
"Ce l'ho buttata io."
" Ma perchè verde?"
"Perchè l'ho pitturata."
"Ha proprio voglia di scherzare oggi dottore!"
"Adesso dovresti chiedermi perchè fa cri-cri. Cri-cri ce l'ho aggiunto apposta, perchè se no sarebbe stato troppo facile da indovinare. Hai capito ora la metafora dell'indovinello?"
Carnevali scosse la testa: "Ci ha messo anche la metafora oltre che il cri-cri per rendere più difficile l'indovinello?"
"La metafora è il collegamento con il nostro caso. Perchè c'era la segatura di ferro? La segatura c'è la messa il diavolo, perchè se no sarebbe stato troppo facile capire cosa sia successo veramente."

Il commissario si lasciò assopire dal brusio della vettura guidata a velocità costante dal bravo Carnevali. Ma era un dormiveglia attraversato in modo quasi ossessivo dai pezzi del puzzle che non si incastravano. Quando si rimise in sesto, dritto sul sedile, il Commissario chiese a Carnevali: "Ti ricordi se c'era un sistema antifurto sulla Mercedes? Non ne hanno uno di serie le Mercedes?"
"Gli ultimi modelli, sì. Non so se erano già introdotti al tempo della nostra vettura. Forse sì perchè è un sistema di bloccaggio meccanico della trasmissione, non è uno di quei sistemi elettronici che si usano oggi. Quando si vuole mettere l'antifurto, si inserisce la chiave lunga e stretta in una serratura posta vicino alla leva del cambio, e così si blocca la trasmissione. Uno può anche lasciare la porta aperta, avere la chiave del comando elettrico sottosterzo, ma la macchina non può muoversi."
"Bravo Carnevali. Complimenti per le tue conoscenze. Non sapevo che eri un meccanico provetto."
"No, non è per quello signor commissario. E' che mio cognato vive in Germania, dove è emigrato da più di dieci anni. D'estate torna al paese con la moglie tedesca e con la Mercedes. Così mi ha spiegato come funziona l'antifurto."
"A me va bene lo stesso, anche se mi delude un pò non saperti un bravo meccanico. Quello che mi interessa, è che un ladro può entrare nella macchina, magari forzando la serratura senza fare tutto quel chiasso degli antifurto elettronici. E poi avrebbe comodamente anche potuto aprire il cofano..."

14) CONTINUA LA TELENOVELA

Quella sera, finita la giornata calda e faticosa, come soleva fare l'avv. Paoli se ne tornò a casa a piedi. Padova non è città molto estesa. Per lo meno, la distanza da casa con l'ufficio la si poteva percorrere a piedi in una ventina di minuti. Sarebbe passato per la piazza della Ragione, respirato l'aria medioevale delle viuzze attorno al Palazzo Comunale e magari si sarebbe fermato al Pedrocchi a prendersi un aperitivo. Magari avrebbe trovato qualche vecchio amico con cui fare quattro chiacchiere. A Padova si conoscevano quasi tutti, almeno quelli di un certo giro. E mentre attraversava i tavolini all'aperto vide venirgli incontro Fogarin. Proprio lui ci voleva per distrarlo dalle preoccupazioni del lavoro. "Ciao Stefano, stai andandotene o stai arrivando?"
"Dipende, se mi offri da bere sto arrivando. Altrimenti sto andandomene. Cum bonis bonus, cum perversis perversus."
"Io sono un buono e quindi ti offro da bere. Sediamoci qua. Non ci siamo più visti dal funerale. Sono tutt'orecchie per aggiornarmi sui fasti e nefasti della Padova bene. Cum finis est licitus, etiam media sunt licita. Vedi che, se mi ci metto, anch'io sforno un pò di latinorum ?"

"Allora non mi offri da bere disinteressato. Persegui dei fini ed io sono il tuo strumento! Dimmi cosa vuoi sapere, ed io ti dirò."
"Intanto mi interessa saperne di più sulla famiglia Franchino e sui rapporti con lo Speri. Mi hai detto che c'è rapporto di grande amicizia. Anzi, se non ricordo male hai anche fatto qualche accenno all'esistenza di un rapporto per così dire triangolare."
"Già, lei, lui e l'altro, il classico triangolo. Anzi rafforzato dal fatto che l'altro è il migliore amico del lui. "

"Raccontami qualcosa di più di questa lei. Giulia, si chiama? Mi hanno detto che è molto ricca. E' vero? Ed è anche romantica. E come è finita con il Franchino?"
"Sì, ricca è ricca. Ma perchè romantica?"
"Sono io qui che faccio le domande. Parliamo della ricchezza. Poi magari esploreremo anche gli aspetti del romanticismo."
"Grandi proprietari terrieri che poi si sono rafforzati con l'industria. Sono inoltre riusciti ad uscirne in tempo capitalizzando il 'capital gain'. Si dice così, no? Una volta si diceva 'mordi e fuggi' Ora si dice 'capital gain'. Fatto sta che, figlia unica di padre che non ha disperso, ma ha ben gestito ingrossato e messo al sicuro il patrimonio che gli è arrivato per via ereditaria, Giulia non ha certo problemi economici. Giuseppe sì, invece, negli ultimi tempi. Almeno così si dice. Lui gentiluomo di campagna con notevole fascino. Bell'uomo, intelligente e colto. Frequentatore di campi da golf, ma non proprio un forsennato frequentatore di salotti. Un'aria colta e distaccata. Certo a suo agio in tutti gli ambienti, ma mai troppo coinvolto. L'aria di uno che sa che nella vita ci sono cose che valgono di più. Forse non è strano che abbia attratto l'attenzione di una ragazza, sufficientemente annoiata dall'avere tutto quello che vuole, e dalla ripetitività delle facce e delle stupidaggini che si passano l'un l'altro nel circolo apparentemente internazionale, ma in realtà molto provinciale, che gira da queste parti. Del resto, anche la 'jet set society' finisce per essere un piccolo circolo di pettegoli. Bisogna essere o un povero provinciale o uno spirito superiore e con forte senso dell'humour per trovarvisi a proprio agio."

"Tu ti ci trovi a tuo agio, mi pare. Ma tu certo non manchi di humour."
"Per me è una cosa diversa. Io ci vivo. E' la professione che mi sono ritagliato credo con un certo successo. Necessitas mater artium mio caro. Ma non mi lamento. Ci campo e mi diverto divertendo gli altri."

"Quindi giovane ereditiera annoiata incontra non un giovane principe, ma il padrone di un castello lontano dal mondo. Il fascino non sarà durato molto. Dopo un pò, si sente che il castello è troppo isolato, si comincia a dar feste, a chiamare i vecchi amici. Ma il gentiluomo ci sta fino a quando può essere lui a gestire il gioco, apparire o sparire quando e come gli aggrada. Se però ci si mette nel gioco in pieno, con il proprio castello e la castellana, allora si è travolti. Da qui dispute domestiche crescenti, l'idillio si rompe. E' andata così? "
"Si e no. Almeno non subito. Il Franchino aveva un figlio di 5 o 6 anni e Giulia volentieri gli fa da mamma. Poi nasce una figlia, cui viene dato un nome romantico, Elisa. Passano così almeno una diecina d'anni senza grossi problemi. Giuseppe nel frattempo diventa sempre più un gentiluomo di campagna. Si mette a fare sul serio l'agricoltore. Vuole lanciare il vino locale. Fare il contadino al giorno d'oggi, tuttavia, non rende molto. Se poi lo vuoi fare da gran signore, ci devi mettere dei soldi. E il Franchino non potrebbe farlo se non come un castellano. E' più quello che regala che quello che vende. Anche lui ha un pò di soldi, ma cerca di investirli perchè rendano più che i soliti titoli di stato. Ne ha bisogno per pareggiare le uscite della gestione vinicola. E così la vita da isolata, diventa anche un pò più agra."
"Ma se lei è piena di soldi?"
"Già, ma lui è molto orgoglioso. Comunque niente di drammatico. Tutto si sviluppa molto lentamente. E' più che altro il clima che cambia."

"E lo Speri come c'entra?"
"Lui è un vecchio amico di Giuseppe. Seguendo il suo desiderio di far fruttare di più il suo gruzzolo, lo interessa nella sua attività. E finisce per coinvolgerlo direttamente e non solo come azionista. I dividendi arrivano se gli affari vanno bene. E perchè vadano bene bisogna occuparsene. Ed è così che il castello diventa il centro delle relazioni pubbliche della Meccaniche Padovane. E la castellana finisce per incontrare sempre più l'amico di famiglia. Non è che lo Speri sia un dongiovanni. Ma lei è in periodo di crisi e delusione. E così, sembra fatale... "

Andrea e Stefano si guardarono mentre finivano di vuotare il bicchiere: "Un altro giro?" fece Andrea. Stefano annuì.

"Ed il marito non si è mai accorto di niente?"
"Per parecchio tempo sembra di no. Perchè avrebbe dovuto accorgersi di qualcosa? La moglie andava spesso a Venezia per ragioni connesse con la gestione del suo patrimonio immobiliare. Aveva anche un alloggio arredato che teneva per se come seconda casa. Se si incontrava con lo Speri lo faceva là, lontano dalla vista del marito."
"Ma non di altri occhi indiscreti, se ho ben capito."
"Sì, forse, anzi senz'altro. Sai com'è nel nostro giro. Le cose si vedono, i pettegolezzi girano, ma nessuno prende mai niente sul serio. E' un gioco. Chi dice di aver veduto, avrà visto veramente, oppure lo dice solo per rendere più stuzzicanti i discorsi che si fanno nei salotti? E' chi dice di aver visto si premura di farlo con aria scanzonata, quasi ponesse degli indovinelli. Ma sarà proprio vero che...?"

"Ho capito. Ma tutto sommato della faccenda tra lei e l'altro non mi interessa poi molto. Dimmi piuttosto di come funzionava il coinvolgimento del Franchino nelle relazioni pubbliche della Meccaniche Padovane."
"Lo Speri aveva molti clienti stranieri, soprattutto tedeschi. Affari tra l'altro molto riservati. Forniture di componenti meccaniche molto speciali legate a sistemi per uso militare. Forse era tutto regolare, ma chi può dire. Business is business, e se ci sono di mezzo i soldi uno non guarda sempre troppo per il sottile. Così la quiete solitaria del castello, fuori da occhi indiscreti, anzi coperta dall'idea che gli incontri d'affari riguardavano il vino era molto apprezzata sia da una parte che dall'altra. I tedeschi poi non disdegnano la buona tavola ed il buon vino. Così si facevano meglio gli affari. D'altra parte mi dicono che la Meccaniche Padovane sa lavorare molto bene. Qualità, affidabilità, tempistica. Di soldi poi in quel tipo di affari ce n'era sempre abbastanza per tutti."

"Ed il Franchino faceva solo da anfitrione o partecipava anche alle trattative?"
"E chi può dirlo? Certo era un pò difficile che non sapesse di che cosa si discuteva. Tra l'altro, parlava molto bene il tedesco, come pure lo Speri."
"Un testimone importante, quindi, nel caso che qualche affare poco chiaro andasse a finire sotto la lente di qualche pretore."

"Ah, adesso capisco il tuo interesse a tutto questo. Non è solo per ricostruire la vita di un signore che ti era del tutto sconosciuto fino a qualche giorno fa, e che poi ti è morto tra le braccia. Ah, adesso mi ricordo. Tu sei l'avvocato difensore dello Speri in una causa che riguarda la parte poco chiara dei suoi affari. Mica, ci sarà stato di mezzo il Franchino come testimone? Perchè, se così fosse, lo Speri aveva tutto da temere dal suo vecchio amico. Che ormai non era più tale. Infatti poco tempo fa aveva scoperto la tresca con la moglie. E da bravo ed orgoglioso gentiluomo di campagna si è sentito profondamente offeso. In altri tempi lo avrebbe sfidato a duello! Ma forse sono troppo maligno. Un gentiluomo di campagna non usa vendette indirette, come quello di spifferare tutto quello che sa per incastrare chi gli ha fatto un torto, anche se grave. Ma chi può dire come può cambiare l'animo umano quando il virus della gelosia lo ha intaccato?"

"Qui ci starebbe bene una citazione latina. Non ti viene niente in mente?"
"Cave tibi ab aquis silentibus. Eh, caro mio, le acque chete... Ma ormai tutto è finito. Non possiamo più dire 'se son rose fioriranno'. Lo Speri, ammesso che avesse qualcosa da temere, ora non più. E forse può anche godersi più in pace le gioie muliebri. A proposito, adesso sei tu che mi devi spiegare la storia del romanticismo..."
"Non vorrei contribuire ai pettegolezzi..."
"Ma va, io sono come ben hai visto una tomba..."
"In effetti la cosa può suonare un pò strana alla luce di quello che mi hai raccontato. Sembra che la signora Franchino voglia andare sul luogo dell'incidente per deporre dei fiori. L'impulso di un animo romantico, secondo lo Speri che mi ha chiesto indicazioni per ritrovare il posto esatto. Cosa ne pensi? E' romanticismo fuori tempo, è un modo per far vedere che forte era l'amore tra i due e far tacere le male lingue, o che altro?"
"Può darsi che sia una cosa o l'altra. Non mi meraviglierebbe che la cara Giulia sia presa dal rimorso... Ma perchè proprio coinvolgere in tal caso lo Speri? Non è un affronto alla memoria del marito se è vero che sapeva tutto, o che comunque dall'aldilà è ora al corrente di tutto? Poteva farti chiedere dal figlio le informazioni sul sito, e magari pregare te di accompagnarla... Sento profumo di mistero più che di romanticismo."
"Nessuna massima latina che ti dia qualche ispirazione preziosa?"
"No, nessuna. Se mi verrà in mente ti farò partecipe."

Come un gentiluomo che non si cura dei particolari Stefano si era alzato lasciando ad Andrea i problemi di chiamare il cameriere per il conto. Ma si era allontanato solo di pochi passi, quando si voltò: "Entia non sunt moltiplicanda praeter necessitatem. Non mi sembra il caso di aggiungere altre variabili a quelle che già ci sono. Lascia perdere il romanticismo."