contaminazione      

 

 

La modernità è soprattutto la continua, violenta, inarrestabile, incessante contaminazione di stili di vita e linguaggi.

Contaminandosi, ogni comunicazione vive al di fuori dei suoi codici, in un ordine che di volta in volta si forma autonomamente, eccentricamente. E l'uomo ha già perduto ogni potere di controllo e dominio sulle dinamiche di questo fenomeno.

La Ragione (politica o culturale) è impotente là dove inizia il conflitto violento dei desideri, e non può che agire secondo regole di comportamento estratte dalla memoria storica e adattate alle mutazioni del tempo; così è per l'organizzazione militare che difende o offende una nazione, o per i corpi armati di controllo della giustizia sociale: essi si formano e si trattengono, inevitabilmente, nei limiti di un'intelligenza flessibile ai mutamenti dei mezzi tecnologici, ma non a quelli di fenomenologie impazzite del linguaggio.

Le contaminazioni dei linguaggi sconvolgono i nostri piani e le nostre strategie comunicative: ci obbligano a conquistare urgentemente nuove abilità intellettuali. Siccome il fenomeno della contaminazione ha già vinto, noi siamo già nella sua prigione, e le nostre nuove abilità sono già sottomesse ai destini della contaminazione stessa... fuggirne, allora, forse sarà solo un atto di agilità, e non di abilità.

 

C.R.

 

«La strategia dell'agguato permette all'artista di impossessarsi dell'altrui vedere.

...Lo stare in agguato, per l'artista di questa fine millennio, vuol dire porsi in una posizione che, nella sua libertà di spostamento, deve far fronte a una profonda responsabilità: quella di mantenere una voce senza necessariamente evocare, di presentare uno stato d'animo senza tendere a rappresentare, di parlare mantenendo il silenzio, di attraversare senza farsi cogliere.

E nel suo vedere l'unico tradimento sta nella fragilità di aspettare la luce del mattino e poi la seduzione della notte

 

Maurizio Pellegrin, artista contemporaneo.

(in Guggenheim Public, an on-going colloquium, 1997)