Quotidiani.

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IL SECOLO XIX
12 luglio 2000, mercoledì.
CULTURA & SPETTACOLO


parola di PRIMO VIOLINO
"I suoi nove Capricci sono di livello mondiale"
GIORGIO DE MARTINO

Sbalorditivo. L'aggettivo ricorre spesso nelle parole del noto interprete e didatta Giulio Franzetti -per trent'anni primo violino alla Scala, partner cameristico preferito di Abbado e per ventiquattro docente al Conservatorio di Milano- quando ascolta i Capricci di Paganini nell'esecuzione di Giuseppe Gaccetta.
Miracolosamente scampato al tempo, I'eccezionale documento sonoro parla da solo testimoniando il talento straordinario di Gaccetta e I 'essenza rivoluzionaria della scuola violinistica che parte da Paganini ed arriva a questo piccolo grande musicista-falegname genovese: è il 1931 e l'allievo diciassettenne di Francesco Sfilio studia violino da appena tre anni e mezzo. In via Cairoli un amico propone di incidere su rullo qualche Capriccio. Ed ecco che per mezz'ora Gaccetta suona. I Nove Capricci, di seguito, senza un taglio.

"In assoluto è un'incisione che sta al livello delle più grandi della storia discografica dei Capricci - commenta il Maestro Franzetti - ma se consideriamo l'età e gli anni di studio, il fatto è tanto vero quanto incredibile. Nella mia carriera ho inciso moltissimi dischi: so come si lavora, tagliando, aggiungendo... Nell'interpretazione di Gaccetta - che evidenzia anche una straordinaria profondità umana - si contano in tutto tre o quattro lievi imperfezioni!"

- Cosa la colpisce maggiormente dal punto di vista tecnico?

 "La perfezione e la velocità di esecuzione, che non possono essere

attribuite esclusivamente all'enorme talento dell'interprete: è la dimostrazione sonora di un metodo, di un modo di studiare".- Dunque la scuola di Paganini non è leggenda, non è neppure andata persa...

` "Io non so quanto Sfilio abbia mutato da Sivori e dunque da Paganini. Fatto sta che il compositore sosteneva di essere in grado in cinque anni di impostare un allievo fino a farlo suonare i suoi Capricci. Sfilio ci è riuscito, e la prova vivente è Gaccetta e la sua stupefacente incisione".

- Questo metodo violinistico di Sfilio, un volumetto di un centinaio di pagine, è davvero così rivoluzionario?

"Trovo sconvolgente la sua essenzialità: in un esercizio insegna ciò che gli altri spiegano in decine di pagine, in libri interi. Da sempre mi dedico con passione all'insegnamento: cinquantadue anni fa, da studente, incontrai per caso un'allieva di Sfilio dalla quale raccolsi preziosi suggerimenti. Nel corso della mia vita di didatta ho maturato un metodo, tendenzialmente non in linea con quello degli altri colleghi. Quando ho visto quello di Sfilio conservato dal Maestro Gaccetta ho trovato conferma a quanto raggiunto in una vita di studi, ma anche molte cose nuove. Il tutto perfettamente espresso e codificato. Un unico rammarico: non aver saputo, non aver conosciuto prima questa grande scuola genovese, che rischiava di andare persa per sempre".

 

 

 

 

 

 

 

Francesco Sfilio, in una delle rarissime foto esistenti

 


IL SECOLO XIX
27 luglio 2000, giovedì.
CULTURA & SPETTACOLO


Pochi incredibili segreti per imitare il tocco del Diavolo.

Niente "armadio" sulla spalla, gomiti chiusi verso il basso, nessuna rilassatezza muscolare, grande forza nelle mani, corretta posizione del pollice


"Il segreto di Paganini sarebbe stato scoperto". Così titolava il Secolo XIX del 13 luglio 1937, salutando la pubblicazione del volumetto "Alta cultura di tecnica violinistica", opera di Francesco Sfilio destinata - scriveva l'articolista - "a modificare, anzi rivoluzionare il sistema didattico delle scuole di violino".
La rivoluzione non avvenne, un metodo cosi controcorrente ed apparentemente bizzarro scomparve dalla circolazione, soppiantato dai libri sfornati dal sodalizio di regime "U.V.I.", Unione Violinisti Italiani. Gli allievi di Sfilio si dispersero nel mondo dedicandosi al concertismo, ma non alla missione didattica del loro maestro. Ed il filo sempre più sottile che legava Paganini al suo unico allievo Camillo Sivori ed all'allievo di Sivori, Francesco Sfilio, sembrava per sempre spezzato, dimenticato, archiviato come "leggenda" dagli stessi addetti ai lavori.
Poi, due anni fa, un anziano falegmane riceve nel suo laboratorio del centro storico un cliente musicista, il violoncellista Giuseppe Bignami. E chissà come cede alla tentazione, dopo sessant'anni di silenzio, iniziando a chiacchierare di musica. Pochi indizi bastano per intuire chi è Giuseppe Gaccetta ed il tesoro di conoscenza e d'arte che custodisce. Quando poi, acquistando via via confidenza con I'interlocutore, I'artigiano mostra con candida modestia il documento sonoro dei suoi "Capricci", ecco l'insperata e clamorosa conterma.
Circondato dall'affetto reverenziale dei suoi allievi, il Maestro Gaccetta oggi lascia momentaneamente gli arnesi con cui da sessant'anni si guadagna da vivere, per spiegare i fondamenti di questa tecnica prodigiosa.
"Prima regola, niente armadio sulla spalla": si riferisce alla spalliera del violino, che ritiene nefasta per la posizione dello strumentista. Posizione che deve essere essenzialmente "chiusa", con i gomiti verso il basso, verso l'interno del corpo, così permettendo una grande rotazione delle braccia, una massima estensione ed il dislocamento rapido delle dita. "Guardate i ritratti di Paganini mentre suona, la sua postura sembra goffa: la posizione era motivata anche dalla lunghezza degli arti, che era costretto a spingere verso il basso. Contribuendo a quelle intuizioni che hanno rivoluzionato il violinismo".
Altro assunto fondamentale è la negazione della ricerca del rilassamento muscolare. "Paganini studiava con un peso attaccato al braccio destro!". Bisogna insomma acquisire una forza tale nelle mani che basta sfiorare la corda per farla suonare. A proposito, la sensorialità è ulteriore parola chiave del metodo: uso del tatto e conseguente sicurezza di intonazione, determinata anche da una particolare diteggiatura (ancora un secolare arcano dell'arte di Paganini, pare "svolto" dalla manciata di esercizi del metodo di Sfilio). Ed una modalità percussiva delle dita sulle corde tale da ottenere la massima scioltezza ed indipendenza, soprattutto nei passaggi cromatici. Quelli che narra chi ha inteso dal vivo Paganini, sembravano essere eseguiti sulla tastiera di un pianoforte, tanto erano scanditi e perfetti. Quelli che, aggiungiamo, Gaccetta realizzava adolescente nel 1931, al quarto anno di apprendistato.
Ultimo ingrediente per una sommaria esposizione, la posizione centrale e di sostegno del pollice, circa a metà del manico dello strumento (in "terza posizione") per evitare lo "smanicamento'` dell'avambraccio utilizzando invece solo il polso. Intuizione mutuata dall'iniziale approccio musicale paganiniano, che fu alla chitarra: strumento che il compositore ha idealmente "girato" dalle ginocchia alle spalle, adattando l'impostazione della mano alla tastiera del violino.
Dal centro storico di Genova dove Paganini nasce, ad una manciata di metri dalla ex chiesa di San Salvatore dove oltre due secoli fa viene battezzato, sale oggi la voce pacata di un ottuagenario e il ricordo tangibile della sua mano diciassettenne sul violino. Ultima testimonianza di una straordinaria scuola violinistica genovese. Che per la città prossimamente capitale della cultura, indipendentemente dal supposto "segreto" di Paganini, è oro puro.


G. D. M.

continua...

 

 Pagine su Giuseppe Gaccetta e Paganini in questo sito:

"Quale voce per il violoncello di Alfredo Piatti?"

"Giuseppe Gaccetta, falegname a Genova"

"La Ragione di Apollo"