Francesco Sfilio, in una delle
rarissime foto esistenti
|
IL SECOLO XIX
27 luglio 2000, giovedì.
CULTURA & SPETTACOLO
Pochi incredibili segreti per imitare
il tocco del Diavolo.
Niente "armadio" sulla
spalla, gomiti chiusi verso il basso, nessuna rilassatezza muscolare,
grande forza nelle mani, corretta posizione del pollice "Il segreto di Paganini sarebbe
stato scoperto".
Così titolava il Secolo XIX del 13 luglio 1937, salutando
la pubblicazione del volumetto "Alta cultura di tecnica
violinistica", opera di Francesco Sfilio destinata - scriveva
l'articolista - "a modificare, anzi rivoluzionare il sistema
didattico delle scuole di violino".
La rivoluzione non avvenne, un metodo cosi controcorrente ed
apparentemente bizzarro scomparve dalla circolazione, soppiantato
dai libri sfornati dal sodalizio di regime "U.V.I.",
Unione Violinisti Italiani. Gli allievi di Sfilio si dispersero
nel mondo dedicandosi al concertismo, ma non alla missione didattica
del loro maestro. Ed il filo sempre più sottile che legava
Paganini al suo unico allievo Camillo Sivori ed all'allievo di
Sivori, Francesco Sfilio, sembrava per sempre spezzato, dimenticato,
archiviato come "leggenda" dagli stessi addetti ai
lavori.
Poi, due anni fa, un anziano falegmane riceve nel suo laboratorio
del centro storico un cliente musicista, il violoncellista Giuseppe
Bignami. E chissà come cede alla tentazione, dopo sessant'anni
di silenzio, iniziando a chiacchierare di musica. Pochi indizi
bastano per intuire chi è Giuseppe Gaccetta ed il tesoro
di conoscenza e d'arte che custodisce. Quando poi, acquistando
via via confidenza con I'interlocutore, I'artigiano mostra con
candida modestia il documento sonoro dei suoi "Capricci",
ecco l'insperata e clamorosa conterma.
Circondato dall'affetto reverenziale dei suoi allievi, il Maestro
Gaccetta oggi lascia momentaneamente gli arnesi con cui da sessant'anni
si guadagna da vivere, per spiegare i fondamenti di questa tecnica
prodigiosa.
"Prima regola, niente armadio sulla spalla": si riferisce
alla spalliera del violino, che ritiene nefasta per la posizione
dello strumentista. Posizione che deve essere essenzialmente
"chiusa", con i gomiti verso il basso, verso l'interno
del corpo, così permettendo una grande rotazione delle
braccia, una massima estensione ed il dislocamento rapido delle
dita. "Guardate i ritratti di Paganini mentre suona, la
sua postura sembra goffa: la posizione era motivata anche dalla
lunghezza degli arti, che era costretto a spingere verso il basso.
Contribuendo a quelle intuizioni che hanno rivoluzionato il violinismo".
Altro assunto fondamentale è la negazione della ricerca
del rilassamento muscolare. "Paganini studiava con un peso
attaccato al braccio destro!". Bisogna insomma acquisire
una forza tale nelle mani che basta sfiorare la corda per farla
suonare. A proposito, la sensorialità è ulteriore
parola chiave del metodo: uso del tatto e conseguente sicurezza
di intonazione, determinata anche da una particolare diteggiatura
(ancora un secolare arcano dell'arte di Paganini, pare "svolto"
dalla manciata di esercizi del metodo di Sfilio). Ed una modalità
percussiva delle dita sulle corde tale da ottenere la massima
scioltezza ed indipendenza, soprattutto nei passaggi cromatici.
Quelli che narra chi ha inteso dal vivo Paganini, sembravano
essere eseguiti sulla tastiera di un pianoforte, tanto erano
scanditi e perfetti. Quelli che, aggiungiamo, Gaccetta realizzava
adolescente nel 1931, al quarto anno di apprendistato.
Ultimo ingrediente per una sommaria esposizione, la posizione
centrale e di sostegno del pollice, circa a metà del manico
dello strumento (in "terza posizione") per evitare
lo "smanicamento'` dell'avambraccio utilizzando invece solo
il polso. Intuizione mutuata dall'iniziale approccio musicale
paganiniano, che fu alla chitarra: strumento che il compositore
ha idealmente "girato" dalle ginocchia alle spalle,
adattando l'impostazione della mano alla tastiera del violino.
Dal centro storico di Genova dove Paganini nasce, ad una manciata
di metri dalla ex chiesa di San Salvatore dove oltre due secoli
fa viene battezzato, sale oggi la voce pacata di un ottuagenario
e il ricordo tangibile della sua mano diciassettenne sul violino.
Ultima testimonianza di una straordinaria scuola violinistica
genovese. Che per la città prossimamente capitale della
cultura, indipendentemente dal supposto "segreto" di
Paganini, è oro puro.
G. D. M.
|