Il
giorno 5-07-2003 10:36, ...@katamail.com, ha scritto:
Gentile M° Ronco,
con vero piacere ho appreso del suo interesse per la musica tradizionale
indiana. Sono un cultore di musicoterapia e la musica clasica indiana
con i suoi raga è davvero quello di cui ha bisogno l'uomo moderno!
Le scrivo perché le sarei grato se volesse tenermi informato
della sua attività concertistica in Italia.
Nel ringraziarla per la sua attenzione, la saluto cordialmente.
G.....
Caro G.....,
il semplice atto di accordare le dodici o tredici corde simpatiche di
un sitar o di un sarod può diventare una lezione di armonia musicale
(o di astrologia...) equivalente a un'accurata e intelligente analisi
di un Corale a quattro voci armonizzato e composto da J.S. Bach.
La
difficoltà in cui incorre l'uomo moderno, per contro, risiede
nel non aver più educato l'organo auditivo alla voce sottile
delle risonanze armoniche, e per conseguenza nel non esser più
fisicamente in grado né di ascoltare le risonanze armoniche di
un Corale di Bach, né di accordare con esattezza le corde simpatiche
di un sitar o di un sarod, cosa che (in Bach come nella musica destinata
a un sitar o sarod) non può essere compiuta una volta per tutte
in modo definitivo, ma necessita di essere ripetuta ad ogni occasione
di concerto, proprio come accade per la preparazione di un buon piatto
gastronomico, destinato al nutrimento del corpo e dello spirito.
Per di più, mentre Bach o Palestrina, o Corelli, o Brahms...
palesano all'orecchio tali armonie, facendo sì che esse vengano
eseguite fisicamente da un insieme di voci o strumenti capaci di convertire
la partitura scritta in suono, nella musica dei Ragas l'assenza di contrappunto
e modulazione armonica fa sì che la ridotta complessità
dell'opera venga compensata da un'aumentata complessità dei suoi
minimi dettagli, recuperando i valori di contrappunto e modulazione
armonica negli equivalenti valori armonici delle singole note che formano
il "corpo e l'anima" di ogni Raga o Raghini.
Ciò di cui sto parlando non è relativo a "figure" musicali
ovvero immagini, rappresentazioni del reale, bensì
a cose e fenomeni articolati nel mondo fisico, in privilegiato parallelismo
con quello metafisico. E' dunque soltanto in quest'ambito che la musica
(indiana o altro) mantiene la sua priorità sulle altre arti rispetto
alla comunicazione col divino o con l'ineffabile.
E
la "carezza" di Dio è l'unica terapia possibile per la sopravvivenza
di un'umanità il cui desiderio per la vita si sia assestato su
parametri parassitari e distruttivi del suo stesso ambiente.
Dunque io mi occupo di ricordare "chi siamo stati e cosa diventeremo",
agendo come musicista, e quindi come essere umano.
Ma in questo lavoro, come in qualsiasi altro, le scelte quotidiane devono
essere guidate da saggezza e intelligenza, ed è a causa di questa
guida che io ho eseguito un concerto di sitar lo scorso 14 giugno, e
non lo ripeterò per almeno i prossimi tre anni.
Perché?
E' semplice: ho dovuto interrompere pressoché totalmente ogni
altra attività fuor della pratica del sitar per trenta giorni.
Ho cominciato con quattro ore di esercizio e ho terminato con sei ore
il giorno 13 giugno; poi ho eseguito il concerto come omaggio ai miei
maestri, onorandone la memoria, e infine ho rimesso a riposo il mio
strumento indiano per riprendere il violoncello, la cui tecnica è
assolutamente incompatibile con quella del sitar o di altri strumenti
a corde dell'India.
Ai molti che mi hanno chiesto di ripetere il concerto (sono venute duecento
persone circa, alcuni affrontando lunghi viaggi in onor del fatto che
tornavo al sitar e al Sangheet dopo 25 anni, e ancora pare si conservi
memoria dei miei ultimi concerti a Calcutta, nel '75/76...) ho polemicamente
risposto che ciò sarebbe avvenuto regolarmente, a iniziare da
una settimana dopo l'evento del 14 giugno 2003, e che sarebbe avvenuto
tramite una gran varietà di musica per violoncello o per gruppi
strumentali, dal Barocco al Romanticismo europeo, in diversi luoghi
e occasioni in Europa e nel mondo in grado di offrire un'adeguata ospitalità
ai maestri dell'arte musicale e alle loro performances.
Ai molti che mi hanno variamente espresso la risposta "Ma io il violoncello
l'ho già sentito suonare, e mi interessa sentire il sitar",
ho ricordato che l'India educa regolarmente i suoi musicisti e offre
loro oppurtunità di lavoro, così da poterli anche ascoltare
all'estero, in tournée.
Mi permetto allora di invitarti alla visita e alla lettura sia delle
mie note nel web al concerto di sitar del 14 giugno, sia a quelle del
concerto-performance successivo, che nella mia visione dell'arte, in
veste di "uomo moderno", non contiene alcuna differenza dal precedente:
http://users.iol.it/claudioronco/ragas.html
http:/users.iol.it/claudioronco/monte/echi.html
Vivi
felice e restami amico,
Claudio Ronco
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