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L’INFORMAZIONE PREVENTIVA ALLA POPOLAZIONE SUL RISCHIO INDUSTRIALE LINEE GUIDA
Indice 1. Premessa 2. La comunicazione del rischio 2.1. Indicazioni internazionali 3. Supporti tecnici all’informazione 3.1. L'allarme 4. Linee guida di informazione alla popolazione 4.1. Zone di informazione Elenco degli allegati
1. Premessa Nell’ambito della Comunità Europea le Direttive 82/501 C.E.E. e 88/610 C.E.E., relative alla prevenzione dei rischi d'incidente rilevante connessi con determinate attività industriali, stabiliscono l'obbligo di informare la popolazione eventualmente interessata sia sui rischi inerenti le attività stesse sia sui mezzi di prevenzione e pianificazione esterna previsti in caso di emergenza. La legislazione italiana ha recepito tali norme mediante il DPR 175/88, modificato con DL 7/9/94 n.529 e con il DM Ambiente 20 maggio 1991 affidando al Sindaco l'obbligo di informare la popolazione residente nei territori che possono essere colpiti da incidenti rilevanti senza che la stessa debba preventivamente farne richiesta e con una periodicità definita. Il Dipartimento della Protezione Civile, al quale il DL 719/94 n.529 affida il compito di elaborare linee-guida sia per la pianificazione d'emergenza di competenza dei Prefetti che per l'informazione del pubblico, attraverso la costituzione di un apposito gruppo di lavoro in cui sono confluiti esperti del Dipartimento stesso, dell'Agenzia Nazionale per la Protezione dell'Ambiente (ANPA), dell'ENI, dell’Enichem, Federchimica, SNAM, Agipetroli e dell'Unione Petrolifera, ha elaborato le presenti linee guida che continuano la serie di Guide Tecniche avviate con la pubblicazione del documento "Pianificazione d'emergenza per gli impianti industriali a rischio di incidente rilevante - Linee Guida", nel Gennaio 1994. La suddivisione in zone di pianificazione e gli accenni ai criteri generali di informazione contenuti in tale documento sono stati ripresi nel presente elaborato. In Allegato 7 è riportata una breve sintesi delle principali norme legislative che regolamentano, nel nostro Paese, l'informazione del pubblico nel campo del rischio industriale . Le presenti linee guida si propongono di dare gli strumenti necessari ad attuare nelle zone individuate e con gradualità e modalità opportune, quanto segue:
2. La comunicazione sul rischio 2.1 Indicazioni internazionali Un esame della documentazione reperita in vari paesi U.E. ha evidenziato nel campo della comunicazione del rischio tre principali livelli d'informazione:
I primi due livelli d'informazione possono rientrare in una attività generica di protezione civile, tendente non solo all'informazione vera e propria, ma anche all’educazione della popolazione al rischio. Il terzo livello adempie a quanto previsto dall’art. 8 della Direttiva 88/610. Analoghi livelli di informazione sono stati riscontrati nell’esame della documentazione reperita in campo nazionale, dove peraltro risultano assai scarsi gli esempi di informazione del terzo livello. In materia di rischio industriale, le tendenze in campo U.E.( 1) suggeriscono in particolare:· una strategia d’informazione basata su due piani, un primo di tipo generalizzato riferito alle problematiche normalmente attese a seguito di uno sviluppo incidentale ed un secondo di tipo puntuale riferito al sito specifico ed alle circostanze locali (rif. punto 3.4);· l'opportunità di fornire informazioni integrative oltre a quelle previste dalla Direttiva, recepita nell'allegato C al DM 20/5/91 Ambiente, al fine di realizzare quel processo attivo di informazione stabilito dalla direttiva comunitaria;· l'uso di un linguaggio semplice, tale da essere facilmente compreso e ricordato dal pubblico.
2.2 Considerazioni di carattere generale L'informazione sul rischio si realizza attraverso un processo comunicativo in cui il ruolo di emittente è rivestito dall'autorità competente o dall’esperto da essa designato e quello di destinatario dalla popolazione esposta ad una determinata fonte di rischio. Si possono avere informazioni generalizzate in cui non vengono definiti in modo mirato i contenuti del messaggio, e informazioni puntuali in cui il rischio viene trattato in modo specifico, legato ad una precisa situazione (tipo, impatto e conseguenze per persone e cose). Quest’ultima posizione prevede un’interazione diretta fra chi analizza, gestisce e comunica il rischio a tutti i soggetti direttamente o indirettamente interessati da una emergenza In linea di principio la pianificazione dell’informazione deve riflettere l'organizzazione e la pianificazione dell’emergenza, tenendo presente che i principali obiettivi sono:
La informazione preventiva del rischio è caratterizzata da una serie di istruzioni che devono essere rese operative quando e ove necessario e si distingue in tre momenti ognuno caratterizzato da specifiche esigenze di contenuto e modalità.
Queste linee-guida riguardano specificamente l'informazione preventiva. Le altre due tipologie (informazione in emergenza e post-emergenza) verranno prese in considerazione limitatamente agli effetti che l'informazione preventiva ha su di esse. La comunicazione preventiva del rischio può essere rappresentata in molti casi con il seguente modello: a) progettazione della comunicazione, che prevede: · formulazione del messaggio da parte della fonte di informazione (o emittente);· trasmissione del messaggio in un linguaggio comprensibile al destinatario;b) realizzazione della comunicazione mediante trasmissione del messaggio; c) verifica dei risultati conseguiti ed eventuale predisposizione di azioni correttive. Questo modello può essere reso graficamente come in fig. 1 . [.................] Fig. 1 - Schema di flusso della comunicazione del rischio
In linea generale il contenuto della comunicazione deve comprendere almeno i seguenti argomenti: a. la fonte di rischio, ovvero la descrizione delle attività produttive presenti nello stabilimento; b. l'incidente rilevante, ovvero l'illustrazione delle conseguenze dell'incidente, della loro gravità e delle azioni di mitigazione attuate per ridurne gli effetti e la probabilità di accadimento; c. l'emergenza, ovvero la descrizione dei segnali di allertamento e delle norme di comportamento da adottare in caso di incidente. L'informazione sul rischio e sulle caratteristiche dell’organizzazione industriale (o dell’aggregato industriale) deve essere descrittiva e comprensibile a tutti (fig-2 - punti a e b). L'informazione sui comportamenti da assumere in caso di emergenza deve essere immediatamente comprensibile, operativa, incisiva e sintetica (fig.2 - punto c).
Fig.2 -Schema di una comunicazione sul rischio industriale
Più approfondite indicazioni tecniche in materia di comunicazione sul rischio sono riportate in Allegato 8.
3. Supporti tecnici all'informazione 3.1. L'allarme Elemento essenziale di ogni pianificazione di emergenza è un efficace sistema di allarme per la popolazione che attivi, a seguito di un'adeguata opera di informazione preventiva, i più opportuni provvedimenti di autoprotezione. L'allertamento della popolazione appare utile quando:
Nel caso di un evento che si verifichi improvvisamente (es. esplosione immediata) il segnale di allarme sarà conseguente al possibile successivo sviluppo dell'incidente (incendio o rilascio tossico). A maggior chiarimento, nello schema che segue sono illustrate le varie possibilità di incidente.
[............] Fig.3 - Le varie possibilità di incidente La realizzazione e la gestione del sistema di allarme rientra nell'ambito generale delle attività di prevenzione e pianificazione; è pur tuttavia necessario che, fra gli elementi di informazione preventiva forniti alla popolazione, vengano chiaramente descritte anche le modalità con cui viene segnalato l'insorgere di una situazione di pericolo. Al fine di ottenere una maggiore incisività, il sistema di accertamento è così composto:
Appare evidente l'opportunità di unificare a livello nazionale sia gli strumenti di allarme che la relativa segnaletica di emergenza, anche sulla base di quello che viene fatto in materia in molti dei paesi U.E. Sarà in tal modo possibile procedere ad una informazione generalizzata sia sul significato dei vari tipi di segnale e sia sui relativi comportamenti di massima con conseguente possibilità di gestire le operazioni di pianificazione anche in relazione a quella parte di popolazione non stabile e presente per caso fortuito nell'area d'impatto di un eventuale incidente (popolazione fluttuante). Lo strumento di segnalazione d'emergenza maggiormente diffuso nei paesi della Comunità europea è rappresentato da un impianto di sirene acustiche. Salvo rare eccezioni, nel nostro Paese l'autorità pubblica non dispone attualmente di tali impianti. Occorre però tener presente che la gran parte degli stabilimenti industriali di una certa rilevanza sono attrezzati con sirene acustiche ora utilizzate sia per finalità d'allarme interno che per segnalazioni relative all’attività lavorativa. Opportuni contatti con le aziende potrebbero portare all’utilizzo di tali attrezzature da parte delle Autorità, previa verifica dell'udibilità del segnale nelle zone individuate nel piano di emergenza secondo i criteri riportati nelle linee-guida "Pianificazione d'emergenza per gli impianti industriali a rischio di incidente rilevante". Nelle more dell’attivazione del sistema di allarme mediante sirene o in temporanea alternativa allo stesso, andranno ricercati altri strumenti reperibili in sede locale che diano lo stesso grado di affidabilità. A titolo di esempio potrebbe ricorrersi: · ad un sistema di allarme mediante la rete telefonica con trasmissione di messaggi preregistrati agli utenti preventivamente individuati come residenti nelle aree a rischio;· a mezzi locali di segnalazione (campane);· all'utilizzo di automezzi muniti di dispositivi acustici (tale soluzione comporta un notevole ritardo nell’attivazione in loco).La comunicazione dei comportamenti di cui al precedente punto b) viene realizzata ricorrendo, oltre agli strumenti sopracitati, all’impiego di trasmissioni radio-TV. Per i luoghi ad elevata concentrazione di persone (scuole, ospedali, luoghi ad affollamento ecc.) nei quali l'allarme è di norma destinato ad attivare un piano di emergenza interna ed in cui, o per le problematiche legate all'affollamento o per la maggiore vulnerabilità della popolazione, la tempestività dei provvedimenti di autoprotezione assume un'importanza ancora maggiore, è auspicabile la realizzazione di sistemi di allarme diretti quali linee di comunicazione punto a punto collegate con l'organismo preposto alla diramazione dell’allarme.
3.2 Il cessato allarme Analogamente alla segnalazione di allarme, riveste notevole importanza quella attraverso la quale viene comunicata alla popolazione la fine dell’emergenza. E' però da tener ben presente che tale segnalazione non comunica il totale ritorno alla normalità, ma bensì la fine del rischio specifico connesso allo scenario incidentale (radiazione termica, sovrappressione, rilascio di nube tossica). Si evidenzia quindi la necessità che la popolazione, a valle del cessato allarme, ponga comunque in essere una serie di precauzioni atte a proteggerla da eventuali pericoli conseguenti l'evento incidentale verificatosi (crollo di strutture, persistenza di sacche di sostanze infiammabili o tossiche, ecc.). Fatto salvo quanto sopra accennato, si ritiene comunque necessario evidenziare come la decisione di dar luogo ad una segnalazione di cessato allarme, vada presa dopo un attento esame della situazione che escluda il persistere di effetti direttamente legati allo scenario incidentale. A titolo di esempio, nel caso che il rilascio abbia riguardato un tossico ad elevata persistenza, l'autorità che gestisce l'emergenza, anche al termine del rilascio, non potrà ricorrere a segnali di cessato allarme ma dovrà gestire la situazione attraverso interventi di bonifica o di evacuazione guidata e supportata da idonei mezzi protettivi.
3.3. Punti di raccolta Nel caso venga previsto nel piano un provvedimento di evacuazione della popolazione saranno ovviamente previsti punti di raccolta nei quali provvedere in particolare: · all'assistenza immediata degli sfollati;· ai controlli ed interventi di carattere medico-sanitario;· al censimento della popolazione.Appare evidente come nelle schede comportamentali per l'evacuazione vada chiaramente indicato il punto di raccolta a cui quel determinato nucleo è destinato. Per quanto concerne gli istituti scolastici, è opportuno che i genitori vengano informati dove i loro figli saranno reperibili alla fine dell'emergenza.
3.4 Provvedimenti di autoprotezione ( 2)Quella parte dell'informazione che riguarda le norme da seguire in caso di incidente costituisce di fatto l'argomento più importante ai fini della possibilità di ottenere una effettiva mitigazione delle conseguenze incidentali in termini di danni alla popolazione. Peraltro l'adeguatezza dei contenuti di questa parte dell'informazione è subordinata alla corretta comprensione da parte degli estensori dell'informazione stessa dei meccanismi di evoluzione ed impatto incidentale e dell'effetto mitigante o aggravante che i vari possibili comportamenti possono avere. La conoscenza di queste problematiche troverà poi riscontro nella pianificazione di corretti interventi di emergenza, i quali dovranno essere congruenti con le norme di comportamento richieste alla popolazione. L'insieme di queste problematiche più direttamente attinenti la popolazione costituisce del resto solo una parte, per quanto fondamentale, dei temi cui il pianificatore prima ed il gestore dell’emergenza poi dovranno far fronte.
3.4.1 Prospetto generale scenari/comportamento Vi sono essenzialmente due modi distinti e spesso antitetici di proteggere la popolazione in caso di incidente. Il primo comporta l'allontanamento delle persone che si trovino presenti nelle aree di possibile impatto verso aree ritenute sicure; ciò può avvenire, pur sempre pianificato, in modo spontaneo ed individuale ("fuga") ovvero possibilmente coordinato ed assistito ("evacuazione"). Il secondo comporta la permanenza delle persone nelle aree di possibile impatto, ma in condizioni per quanto possibile protette ("rifugio al chiuso"). L’allontanamento dalle aree di impatto, ed in particolare, l'evacuazione, costituisce chiaramente in linea di principio la soluzione più radicale. Tuttavia in numerose circostanze la scelta di tale soluzione può essere resa inadeguata da alcune limitazioni, come ad esempio nei casi in cui il tempo necessario per lo sgombero sia incompatibilmente lungo rispetto al tempo di evoluzione dell'incidente. Tale ultima condizione costituisce probabilmente, nel campo industriale, il caso più comune senza che ciò possa peraltro costituire una regola. La scelta se effettuare l'evacuazione o il rifugio al chiuso rimane una delle più complesse e critiche nella pianificazione ed ancor più nella gestione dell'emergenza. Molti fattori contingenti ed imprevisti possono, al momento dell'incidente, portare a consigliare una decisione diversa da quella "a priori" ritenuta più probabilmente adeguata. E' pertanto in ogni caso opportuno effettuare l'informazione alla popolazione in modo che questa sia posta in grado di effettuare correttamente sia l’una che l'altra delle due azioni, sulla base di indicazioni e sistemi d'allarme differenziati che siano in grado di avvertire tempestivamente sull'opzione contingente. Un'indicazione generale su quello che dovrebbe essere tendenzialmente il miglior componimento di autoprotezione possibile in condizioni incidentali tipiche, è riportata sinotticamente in Allegato 3. Data la particolare importanza pratica e la specificità delle problematiche, un'attenzione più particolare meritano i criteri da seguire nella decisione se effettuare l'evacuazione ovvero il rifugio al chiuso. L'esposizione di tali argomenti viene fatta sinteticamente nel successivo paragrafo, a stralcio di quanto dovrebbe essere trattato più dettagliatamente in una linea-guida ad hoc sui criteri generali di intervento.
3.4.2 Evacuazione o rifugio al chiuso La decisione sull'opportunità di effettuare o meno un'evacuazione è necessariamente basata su fattori specifici legati sia al sito che alle condizioni in cui si sviluppa lo scenario incidentale e pertanto non può essere rigidamente predeterminata in fase di pianificazione, bensì affidata secondo opportuni criteri al giudizio contingente del gestore dell'emergenza. Di seguito si intendono fornire gli elementi generali che dovrebbero condurre a formulare tali criteri ed ispirare una decisione in merito. Nubi tossiche Nel rilascio di sostanze tossiche occorre considerare che il tempo intercorrente tra il primo sintomo premonitore e l'accadimento dell'incidente, così come il tempo di arrivo della nube, possono essere tanto brevi da non lasciare il tempo necessario per effettuare un’evacuazione per quanto tempestivamente iniziata. Per rilasci di durata contenuta, l'azione più appropriata è spesso quella del rifugio al chiuso, ammesso che si abbia cura di limitare il ricambio d'aria del locale. Il tempo di passaggio della nube sarà in genere tanto breve da impedire che all’interno del locale la concentrazione di tossico salga significativamente verso i valori esterni. Del resto molte persone, ed in particolare quelle più vulnerabili quali gli anziani e gli ammalati, possono subire più danni dalla stessa evacuazione di quelli che subirebbero ponendo correttamente in atto il rifugio al chiuso. Vi sono ulteriori svantaggi da considerare a carico di un'eventuale evacuazione condotta a seguito del rilascio di una sostanza tossica. Variazioni del vento, ed in particolare mutamenti di direzione, sono molto difficilmente prevedibile e possono avere un'influenza fortemente critica, ponendo a rischio aree già giudicate non affette e verso le quali potrebbe essere stata inizialmente indirizzata l'evacuazione. Fluttuazioni anche locali nella stratificazione termica dell'aria possono avere un analogo effetto, influenzando significativamente le modalità di dispersione della nube. Viceversa cadute del vento, con instaurazione anche temporanea di situazioni di calma, possono provocare tempi di esposizione maggiori di quanto inizialmente prevedibile, rendendo meno efficace il rifugio al chiuso e pertanto preferibile l'evacuazione. In linea generale si può affermare che l'evacuazione in caso di rilascio tossico può essere presa in considerazione limitatamente al verificarsi di almeno una delle seguenti condizioni: · si sia in presenza di un potenziale rilascio di una quantità rilevante di sostanza tossica, con un tempo disponibile prima dell’accadimento sufficiente a condurre a termine l'operazione;· l'accadimento abbia già avuto luogo, ma le condizioni di vento ed in particolare la sua velocità, siano tali da lasciare il tempo sufficiente ad evacuare le aree di impatto più lontane prima dell'arrivo della nube;· la variabilità nella direzione del vento sia sufficientemente ridotta da permettere di evacuare in sicurezza le zone adiacenti l'area interessata dalla nube;· il rifugio al chiuso non sia da ritenersi efficace, come nel caso di edifici con caratteristiche inadeguate o nel caso di permanenza attesa della nube superiore a 25/30 minuti (condizioni di calma di vento con ristagno della nube, rilascio da pozza evaporante che non sia tempestivamente bonificabile, ecc.).Per quanto concerne il rifugio al chiuso occorre tener presente che la sua efficacia è subordinata al rispetto di alcune precauzioni da parte delle persone coinvolte. L'indicazione precisa di tali precauzioni deve pertanto essere inclusa nelle informazioni specifiche alla popolazione interessata e possibilmente entrare a far parte di un sistema educativo generale dì protezione civile. Le precauzioni in argomento possono essere formulate, come opportuno ed applicabile, sui punti seguenti: 1. chiudere tutte le finestre e le porte esterne; 2. fermare i sistemi di ventilazione o condizionamento siano essi centralizzati o locali; 3. spegnere i sistemi di riscaldamento e le fiamme libere; 4. chiudere le serrande delle canne fumarie e tamponare l'imbocco di cappe e camini; 5. chiudere le porte interne dell'abitazione o dell’edificio; 6. rifugiarsi nel locale più idoneo possibile. Ognuna delle seguenti condizioni migliora l'idoneità di un locale: o presenza di poche aperture;o posizione ad un piano elevato;o ubicazione dal lato dell'edificio opposto alla fonte del rilascio;o disponibilità di acqua;o presenza di un mezzo di ricezione delle informazioni.7. nel caso in cui vi sia pericolo di esplosione esterna chiudere gli infissi e tenersi a distanza dai vetri delle finestre; 8. sigillare con nastro adesivo o tamponare con panni bagnati le fessure degli stipiti di finestre e porte e la luce tra porte e pavimento; 9. sigillare con nastro adesivo le prese d'aria di cappe, ventilatori e condizionatori; 10. evitare l'uso di ascensori per il conseguente spostamento d'aria che ne deriverebbe; 11. nel caso in cui il tossico rilasciato sia solubile in acqua e il locale di rifugio sia costituito da un bagno, tenere aperta la doccia per dilavare l'aria interna; 12. in caso di necessità tenere un panno bagnato sugli occhi e davanti al naso e bocca; 13. mantenersi sintonizzati mediante radio o TV sulle stazioni emittenti indicate dalle Autorità ovvero prestare attenzione ai messaggi inviati mediante rete telefonica; 14. al cessato allarme spalancare porte e finestre, avviare sistemi di ventilazione o condizionamento ed uscire dall'edificio fino al totale ricambio dell'aria all'interno dello stesso ed assistere in questa azione le persone necessitanti aiuto (Attenzione - il punto 14 non deve essere applicato per tossici ad elevata persistenza) 15. porre particolare attenzione nel riaccedere a locali particolarmente quelli interrati o seminterrati dove vi possa essere ristagno di vapori. Incendi/Esplosioni Negli scenari incidentali che comportano l'incendio di materiali infiammabili il comportamento più idoneo è il rifugio al chiuso, che comporta la schermatura dalle radiazioni termiche, se possibile in locali elevati e con infissi chiusi. Qualora sussista il pericolo di esplosione di una nube infiammabile o di esplosione confinata, solo nel caso di sufficiente tempo disponibile, si potrà attuare l'evacuazione. Diversamente il comportamento più opportuno è quello stesso previsto per l'incendio. La tabella che segue riassume le considerazioni da effettuare in fase di pianificazione o di attivazione del piano di emergenza.
4. Linee guida di informazione della popolazione. Relativamente alle precedenti considerazioni di carattere generale (scelte internazionali in materia di informazione della popolazione e impostazione tecnico-scientifica della comunicazione) e alle disposizioni normative nazionali, è stato scelto il seguente orientamento. L’analisi di rischio di un'installazione industriale individua di norma più scenari incidentali fra loro differenti, sia per ubicazione dell’impianto-sorgente che per tipologia di conseguenze (radiazione termica, sovrappressione, rilascio di nubi tossiche di diversa natura) e che possono interessare differenti nuclei di popolazione. Gli interventi di emergenza attuati dalle autorità competenti debbono essere dimensionati e finalizzati al particolare impianto e/o scenario incidentale, differenziando per motivi di opportunità e di fattibilità gli interventi (in priorità, intensità e, ove applicabile, in qualità) mediante la distinzione in tre zone di pianificazione, così come definito nelle linee-guida "Pianificazione di emergenza esterna per impianti industriali a rischio di incidente rilevante - Linee guida" (vedi tabella di cui al punto 4.2). Ciò non potrà verificarsi per le azioni di autoprotezione poste in essere, su allarme, dalla popolazione, stante l'estrema difficoltà di prevedere un sistema in grado di allertare, con differenti modalità, solo specifici settori del territorio. Per quanto attiene l'informazione preventiva, pur mantenendo una differenziazione per zone di rischio, non si ritiene praticabile ed opportuno effettuare anche una differenziazione per singoli scenari incidentali. A tal fine l'informazione verrà posta in relazione alla situazione incidentale nel suo insieme. Inoltre, nel solo ambito dell’informazione alla popolazione e quindi limitatamente ai fini delle presenti linee-guida, si definisce:
All'atto pratico l'informazione preventiva attuata potrebbe estendersi oltre le tre zone individuate al di là dell’intenzione e delle effettive necessità. Vanno quindi predisposti gli strumenti per limitare, nel caso ritenuto necessario, una diffusione incontrollata dell'informazione.
4.2 Tipologia e scopo dell'informazione Anche sulla base delle indicazioni dedotte dall’esperienza internazionale (vedi punto 2.1) è opportuno, al fine di una più completa presa di coscienza da parte della popolazione sui rischi cui è sottoposta, che l'informazione sul rischio industriale venga inserita in un più ampio processo comunicativo riferito al complesso dei rischi (sia conseguenti a calamità sia correlati ad attività umane) cui la stessa può essere sottoposta. Tale tipologia di informazione, a carattere generalizzato, potrà realizzarsi nell'ambito di iniziative, su scala regionale o nazionale, attraverso programmi educativi scolastici, radiotelevisivi, diffusione di stampati ecc. A tale proposito è necessario osservare come tale informazione generale, a livello regionale o nazionale, rappresenti l'unico possibile strumento di informazione nei confronti della popolazione fluttuante non preventivamente identificabile in fase di pianificazione.
E' da tener conto che le due tipologie di informazione possono a volte essere in contraddizione fra di loro su punti specifici e quindi andranno approntate adeguate azioni correttive. A titolo di esempio, l'istruzione di "rifugiarsi al chiuso" contenuta nella informazione di livello generalizzato per incidenti che comportano la fuoriuscita di sostanze tossiche, potrebbe, in relazione alla specificità del sito interessato e del particolare scenario incidentale, risultare non realizzabile o addirittura controproducente. Perché infatti il rifugio al chiuso sia da ritenere un'idonea misura di autoprotezione, deve sussistere una serie di condizioni fisiche e culturali in assenza delle quali l'informazione a livello puntuale, basata su una più approfondita conoscenza della situazione a livello locale e delle caratteristiche incidentali potrebbe venir orientata sull'evacuazione immediata.
4.3 Destinazione dell'informazione La normativa vigente in Italia individua nelle popolazioni residenti nelle vicinanze degli impianti soggetti al DPR 175/88 i destinatari privilegiati dell'informazione. Sul piano operativo solo una corretta conoscenza delle popolazioni interessate dalla pianificazione dell'emergenza consente di tarare adeguatamente l’informazione. A tal fine è importante tenere presenti i seguenti aspetti: · il livello di conoscenza del pubblico relativamente alle problematiche connesse al rischio;· il tipo di consapevolezza rispetto alla gravità dell’incidente e al tipo di effetti;· l'eventuale divergenza fra i comportamenti consigliati e quelli che gli individui spontaneamente tenderebbero ad assumere;· la credibilità goduta dalle autorità e dalle aziende presso la comunità;· la composizione e la struttura sociale della comunità.E' inoltre indispensabile la conoscenza demografica del territorio ( 4) in termini di:· popolazione nella I, II III zona;· luoghi ad elevata concentrazione di persone (ad esempio palazzi per uffici, luoghi di ritrovo, alberghi, ecc.)· luoghi ad elevata concentrazione di persone vulnerabili (ad esempio ospedali e strutture sanitarie, scuole, ecc.).
4.4 Contenuti dell'informazione La normativa vigente dà precise indicazioni per quanto riguarda le informazioni tecniche di tipo puntuale che devono essere rese disponibili alla popolazione (allegato C del DM 20.5.91 Ambiente). Viene implicitamente lasciato ampio margine di azione alle autorità deputate alla comunicazione per quanto riguarda l'introduzione di informazioni di altra natura (occupazionale, economiche, psicologiche, sociali, ecc.). La definizione dei contenuti dell’informazione presuppone la determinazione degli aspetti tecnici (norme di comportamento, risorse disponibili, ecc.), la descrizione delle fonti di rischio e del loro potenziale impatto, la configurazione degli scenari incidentali e la descrizione degli interventi attuati per la riduzione del rischio e finalizzati alla gestione dell’emergenza. Come individuato, l'informazione alla popolazione deve contemplare le seguenti informazioni (allegato C del DM 20.5.91 Ambiente):
A tali informazioni andranno aggiunte tutte quelle ritenute necessarie dall'Autorità preposta, sia in considerazione di particolari realtà locali che ai fini della operatività del piano di emergenza predisposto. Occorre considerare che una parte di tali informazioni ha uno scopo principalmente formativo e di educazione al rischio, mentre altre si riferiscono in dettaglio alle più idonee azioni di autoprotezione da porre in atto al momento dell'emergenza secondo le predisposizioni del piano di emergenza esterna. Da un punto di vista operativo si ritiene quindi opportuno configurare un pacchetto informativo composto dai seguenti documenti: · lettera di presentazione a cura dell’Autorità che fornisce l'informazione;· documento informativo/illustrativo sull'Azienda (Allegato 6);· scheda comportamentale (Allegato 1);· eventuale materiale illustrativo fornito dall’Azienda.In Allegato 4 è riportata la suddivisione di massima delle informazioni nei vari documenti componenti il pacchetto informativo. In Allegato 6 vengono riportati i principali contenuti del documento informativo/illustrativo sulla azienda. Ai fini dell'attuazione del piano di emergenza, rivestono particolare importanza le schede comportamentali in cui sono contenuti: · le modalità di allarme alla popolazione interessata in caso di incidente;· le azioni ed il comportamento che la popolazione interessata dovrebbe seguire in caso di incidente.Dall’esame degli scenari incidentali individuati emergono principalmente due tipologie di comportamento in emergenza che devono comprendere sia le forme di autoprotezione in loco sia quelle da tenere in caso di eventuale evacuazione o di cessato allarme: 1) comportamenti di autoprotezione in caso di incendio; 2) comportamenti di autoprotezione in caso di emergenza chimica (nubi di vapori tossici). In questa casistica non compare esplicitamente lo scenario incidentale rappresentato dall'esplosione in quanto la natura stessa del fenomeno non permette alcuna azione preventiva. Nel caso in cui tale scenario sia potenziale, con tempi prevedibili e sufficientemente lunghi, si ricade nel caso più generale di evacuazione. L'esame delle più idonee forme comportamentali relative alle due tipologie incidentali ha evidenziato che buona parte delle stesse, ed in particolare il rifugio al chiuso, appaiono valide in entrambi i casi. Tale considerazione, unita alla scelta di ricorrere ad un allarme generale, unico per ogni tipo di scenario ed esteso all'intera area d'informazione, porta ad individuare le schede comportamentali definite nella tabella seguente:
In Allegato 1 è riportato un esempio delle schede sopra definite. Occorre tener presente che dette schede indicano i comportamenti di autoprotezione ritenuti, in base alle considerazioni tecniche a carattere generale ed all’esperienza internazionale, più consoni in relazione al particolare tipo di emergenza (informazione di livello tecnico). Nel corso della predisposizione dei piani di emergenza, le misure di autoprotezione indicate nelle schede potranno subire modifiche che le rendano maggiormente efficaci in relazione alla particolare realtà del territorio e degli specifici scenari incidentali (informazione di livello pragmatico). In tal senso occorrerà in particolare tenere presenti i principi e i criteri generali che regolano la scelta dei sistemi di allarme e delle tipologie di comportamento, riportati nel capitolo terzo.
4.5 Strumenti e canali d'informazione Una delle strategie più adottate per assicurarsi l'interesse e soprattutto l'apprendimento del destinatario è quella dell'utilizzazione di più canali comunicativi (radio, televisione, invio postale, quotidiani, conferenze, ecc.). Nel processo comunicativo va pertanto chiaramente individuata la strategia comunicativa che potrebbe essere attuata attraverso: · una informazione diretta (cioè che esclude l'uso di filtri o di mass media);· una informazione indiretta attraverso il contributo dei mass media;· una comunicazione che si avvalga di entrambe le modalità.La scelta di una o dell'altra strategia è connessa alla grandezza della comunità, alla tipologia dei mass media presenti nel territorio, al tipo di diffusione che deve avere il messaggio, ai canali di comunicazione disponibili, ecc.. La comunicazione effettuata mediante rapporti diretti consente di controllare direttamente il processo comunicativo senza eventuali strumentalizzazioni o deformazioni involontarie da parte dei mass media. Tuttavia l'uso estensivo di tale metodo di comunicazione può essere limitato da motivi di opportunità o di fattibilità. Sulla base delle considerazioni precedentemente illustrate, dei criteri contenuti nel documento "Pianificazione di emergenza esterna per impianti industriali a rischio di incidente rilevante - Linee Guida" e della definizione di "zone di informazione" data al punto 4.1, le specifiche modalità di informazione potranno venire differenziate in relazione alle caratteristiche degli aggregati costituenti la popolazione esposta, in varia misura, al rischio di incidente rilevante. In particolare potrà prevedersi:
In maggior dettaglio le modalità di comunicazione consigliate sono riportate in Allegato 2, come segue: · per la prima zona di informazione, scheda B/1;· per la seconda zona di informazione, scheda B/2;· per la terza zona di informazione, scheda B/3;· per luoghi ad elevata concentrazione di persone, scheda B/4 ;· per luoghi ad elevata concentrazione di persone vulnerabili, scheda B/S .
4.6 Il rapporto con i mass-media In tutte le fasi dell'informazione relativa all'emergenza di tipo industriale (preventiva durante l’emergenza e post emergenza) il rapporto con la stampa è estremamente importante e delicato. In particolare nell'informazione alla popolazione basata essenzialmente sui mass-media (informazione generalizzata) la predisposizione di comunicati stampa efficaci o la buona organizzazione di conferenze stampa assumono un ruolo determinante per la buona riuscita della campagna informativa. In Allegato 5 sono riportate due schede contenenti i principali criteri da seguire nella realizzazione di tali iniziative.
4.7 Aggiornamento dell’informazione La comunicazione del rischio va ripetuta periodicamente apportando, laddove necessario, le dovute modifiche. La revisione e gli aggiornamenti possono garantire il successo della iniziativa. Infatti una comunicazione del rischio non può essere concepita come una iniziativa sporadica che si esaurisce con la diffusione del messaggio; essa è un intervento che va ripetuto più volte e in forme e modalità differenti. Soltanto con gli interventi successivi è possibile attivare azioni correttive e di aggiornamento rispetto alle precedenti comunicazioni. In generale, per aggiornare l'informazione, si adottano le seguenti modalità:
4.8 Raccomandazioni Per assicurare risultati soddisfacenti alle iniziative di informazione è opportuno tenere presenti alcuni concetti fondamentali. In particolare:
A tale proposito pur rispettando integralmente i contenuti previsti dalla normativa, occorre evitare un eccesso di notizie, generato da un inopportuno approfondimento di quanto richiesto, che porta generalmente ad una minor comprensibilità del messaggio e, in ultima analisi, a ridurre le possibilità che vengano effettivamente posti in atto gli idonei comportamenti di autoprotezione.
NOTE ( 1) JRC/ISEI/MAHB "General Guidelines for Contents of Information to the Public Directive 88/610/EEC Annex VIII" - Revised Draft, January 1994.( 2) AICh/CCPS, "Guidelines for Chemical Process Quantitative Risk Analysis", 1989.FEMA/DOT/EPA, "Handbook of Chemical Hazard Analysis Procedures", 1988. EPA/FEMA/DOT, "Technical Guidance for Hazards Analysis. Emergency Planning for Extremely Hazardous Substances", 1987. ( 3) Per area di inviluppo si intende la sovrapposizione di tutte le zone caratterizzate da danni simili per la popolazione.( 4) Ove opportuno occorrerà distinguere la popolazione, secondo quanto definito dal Dipartimento della Protezione Civile, in :· popolazione fissa, quella stabilmente residente in zona;· popolazione variabile, quella normalmente presente in zona in determinate fasce orarie (ad es. per motivi lavorativi);· popolazione fluttuante, quella occasionalmente presente in zona.( 5) Già denominata "informazione passiva" nelle linee-guida citate nel testo.
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