Dinamiche del mutamento socio culturale in due comunità maya dello yucatan:
 
 

Agenti dei processi di trasformazione in corso

1. La politica governativa: ripercussioni locali

I gruppi sociali che hanno detenuto il potere in Messico dai tempi dell’invasione spagnola sino ad oggi hanno elaborato progetti nei quali non c’è mai stato spazio per le società indigene. La posizione sociale di tali gruppi, consolidatasi ai tempi del dominio, è legittimata da un ideologia che concepisce il futuro secondo una visione di chiara matrice occidentale. Tale situazione è stata efficacemente descritta nei particolari da Bonfil (1998) nella cui opera emerge una distinzione metodologica fra un México Imaginario, ovvero il progetto di nazione ideale che i gruppi al potere volevano realizzare dopo la rivoluzione e un México profundo, le realtà più distanti da tale progetto.

L’idea di nazione che la classe dominante post-rivoluzionaria messicana cercò di costruire, assunse come modello lo Stato liberale europeo ed identificò il progresso con il solo sviluppo dell’economia capitalistica. Di conseguenza l’arretratezza delle società indie risultò essere di grave ostacolo per la realizzazione dei propositi dello Stato, che da allora negò loro qualsiasi diritto alla specificità culturale promuovendo l’integrazione degli indigeni alla società dominante che avrebbe dovuto in breve tempo diventare una nazione composta in maggioranza da meticci uniti nel perseguimento di un unico intento.

Tali idee hanno segnato profondamente il rapporto fra lo Stato messicano e le società indigene che, esortate a svalutare la propria identità culturale per assumere quella immaginaria che lo Stato ha imposto attraverso la scuola, l’emarginazione dalla vita politica nazionale e la politica indigenista, oggi riacquistano la specificità culturale negata soltanto nella veste sminuita di manifestazione folklorica (Cuturi, 1996), buona per richiamare turisti e conferire prestigio ad una nazione che in tal modo può vantare il ritrovato legame con la storia delle culture mesoamericane.

Ma l’ambito più delicato che regola i rapporti fra Stato e comunità indigene riguarda la questione agraria, regolamentata dall’articolo 27 della Costituzione Messicana e che ancor’oggi è basata fondamentalmente sui testi della Legge Agraria e dal Piano di Ayala del 1911, dal quale riportiamo gli articoli 6 e 7:
   

6. Come parte aggiuntiva del piano suddetto avvertiamo che i campi, i boschi, le acque, che latifondisti, cientificòs, e padroni, hanno usurpato saranno immediatamente restituiti ai pueblos e ai singoli cittadini in possesso dei relativi titoli di proprietà, proprietà di cui sono stati spoliati per opera dei nostri oppressori che in malafede, a ogni costo, con le armi in pugno, ne hanno finora conservato il possesso; e quegli usurpatori che si considerano in possesso di giusti diritti, dovranno difenderli di fronte a un tribunale speciale che noi istituiremo con il trionfo della rivoluzione.

7. In virtù del fatto che l’immensa maggioranza dei pueblos e dei cittadini messicani non posseggono altro che la terra su cui camminano, e soffrono gli orrori della miseria senza potere migliorare in alcun modo la loro condizione sociale, né dedicarsi all’Industria o all’Agricoltura, essendo le terre, i boschi e le acque, concentrati nelle mani di pochi proprietari monopolistici, a causa di ciò procederemo a espropriare la terza parte di questi monopoli sottraendoli ai loro potenti proprietari, previo indennizzo, affinché i pueblos e i singoli cittadini del Messico possano ottenere ejidos, colonie, fondazioni per i pueblos, o campi per la semina e la coltura, sicché l’attuale mancanza di prosperità e benessere dei messicani in tutto e per tutto sparisca.

(Ayala,25 novembre 1911 -Libertà, Giustizia, Legge)
   

Il problema che sorse, riguardò le comunità indie che non erano in grado di produrre documenti (titulo primordial) relativi ai territori che occupavano e per questo motivo furono considerate a regime ejidal, quindi abitanti di terre soggette ad esproprio. L’impronta neo-liberale della politica governativa degli ultimi anni e la spinta alla privatizzazione hanno aumentato il rischio di espropriazione di tali terre (Cuturi, 1996: 191). Ciò giustifica il grande timore delle comunità indigene di perdere la terra sulla quale vivono e la grande diffidenza che in generale riservano agli stranieri (potenziali compratori di terre).

La presenza dello Stato nelle comunità si rivela soprattutto attraverso l’operato di enti che si ripromettono di fornire educazione alla popolazione ed incentivare progetti di sviluppo. Nelle comunità in questione si riscontra la presenza della SEP (Secreteria de Educaciòn Publica) la quale si occupa dell’educazione scolastica dei bambini attraverso l’operato di un maestro, anche se il livello di studi impartito non supera mai quello della scuola primaria (equivalente alla nostra elementare).

Yodzonot non ha un numero sufficiente di bambini perché possa essere inviato un maestro, per cui dell’educazione scolastica se ne occupa un membro di un altro ente, il CONAFE (Comisiòn Nacional de Fomento Economico), che dovrebbe occuparsi anche dell’incremento delle attività economiche e della conservazione culturale. Le famiglie ricevono inoltre degli aiuti governativi sia in alimenti (come il latte che ricevono ogni settimana dal DIF: Departemento de Integraciòn Familiar) sia in denaro, come il Procampo, un incentivo alla produzione agricola che annualmente viene dato ai contadini in proporzione agli ettari di terra coltivati con lo scopo di fornire loro la possibilità di comperare nuove sementi per diversificare le colture.

Le critiche più frequenti all’operato governativo (Stavenhagen, 1988; Cuturi, 1996; Bartolomé-Barabas 1996), riguardano soprattutto l’assoluta mancanza di informazione e di sostegno ai progetti, che a volte naufragano clamorosamente. Gli aiuti materiali spesso non possono essere sfruttati adeguatamente ed il Procampo, ad esempio, è solitamente speso dalle famiglie per soddisfare esigenze di prima necessità anziché essere destinato all’uso cui sarebbe preposto. Ciò non fa che fomentare l’immagine assurda ed etnocentrica dell’indio ingenuo e fannullone, incapace di adeguarsi ai cambiamenti ed in sostanza colpevole della propria povertà. In realtà tanto l’educazione scolastica, quanto gli aiuti ed i progetti di sviluppo sono pensati ed imposti dall’esterno, difficilmente corrispondono ai modelli culturali indigeni ed in definitiva vengono percepiti come qualcosa di estraneo e riguardante una cultura che non è agita nell’ambito quotidiano della vita comunitaria.

In sostanza, la vecchia politica governativa indigenista, sostenuta da una ideologia integrazionista è ancor’oggi riconoscibile, sebbene in maniera più sfumata, attraverso un assistenzialismo sterile che non ottiene alcun risultato concreto nell’incremento delle condizioni socio-economiche delle comunità. A questo proposito riporto il brano di un articolo che ben riassume le critiche a tale atteggiamento governativo nel settore educativo:
   

(...) “L’educazione nella povertà non si risolve semplicemente con la costruzione di aule in progetti di solidarietà o con la ristrutturazione degli edifici in deterioramento per dire di poter contare su di una “scuola degna”. Nemmeno con la distribuzione di colazioni scolastiche o borse alimentari che mitigano un poco (a pochi) la fame degli emarginati. L’educazione richiede una costante politica di aggiornamento e capacitazione del personale impegnato nel processo educativo; e che i bambini, gli adolescenti e gli adulti possano ricevere l’appoggio necessario che permetta loro di stimolare la propria razionalità per far fronte in maniera adeguata all’ambiente che li circonda.”(...)

(Carlos E. Massè Narvàez: 1999).
   

2. L’azione della ONG Pronatura nel contesto dei villaggi

Un tentativo di colmare le lacune della politica governativa è oggi attuato dal settore non governativo ovvero da una molteplicità di associazioni e gruppi della società civile che si occupano in generale di solidarietà verso i Paesi più poveri.

Punta Laguna e Yodzonot Laguna, da circa due anni convivono con la presenza di una organizzazione non governativa (ONG) che si ripromette di fornire un aiuto determinante alle comunità indigene per favorire lo sviluppo delle attività economiche ed un miglioramento del benessere sociale attraverso la realizzazione di parecchi progetti che farebbero capo ad un unico grande progetto che vedrebbe l’area circostante le due comunità trasformarsi in una riserva della biosfera. Di questo progetto particolare parleremo più estesamente nel prossimo capitolo mentre in queste pagine ci soffermeremo sui progetti minori e sul rapporto che questa associazione ha stabilito con gli abitanti delle comunità.

Pronatura Proyecto Yucatàn (PPY) è una associazione civile senza scopo di lucro affiliata a Pronatura A. C., ente civile statunitense. Secondo le parole di Gabriel Ramos, incaricato responsabile della zona di Punta Laguna e portavoce dell’organizzazione,la missione di PPY riguarda la conservazione della flora, della fauna e degli ecosistemi prioritari promuovendo nel tempo lo sviluppo della società in armonia con la natura della Penisola dello Yucatan.

PPY lavora al contempo in tre differenti aree della penisola con il medesimo intento teso alla creazione di modelli che rendano compatibili la conservazione delle specie della biosfera con l’uso sostenibile delle risorse utilizzate dalle comunità. L’area di Punta Laguna risulta di grande interesse per la ONG poiché la selva in cui si trova è rifugio di parecchie specie animali e vegetali alcune delle quali in pericolo di estinzione ed in particolare di una sub-specie di scimmia ragno. I primi rapporti tra la ONG e le comunità indigene risalgono alla fine del 1996 e l’idea della creazione di una riserva della biosfera in quell’area trovò immediatamente il favore della famiglia di Don Serapio che in ogni caso avrebbe potuto sfruttare tale opportunità migliorando la propria posizione economica. Le restanti famiglie di Punta Laguna e l’intero villaggio di Yodzonot hanno invece sempre riservato una certa diffidenza al progetto proposto dall’organizzazione. PPY ha tentato di guadagnarsi la fiducia delle comunità varando alcuni progetti minori relativi ad esempio all’apicoltura ed all’installazione di pannelli solari per dotare le casa di energia elettrica. Le prime difficoltà incontrate hanno riguardato soprattutto le strutture politiche interne dei villaggi. Se infatti l’interlocutore principale di Punta Laguna era facilmente individuabile nella persona di Don Serapio, nella comunità di Yodzonot l’interlocutore avrebbe dovuto essere Don Clemente in quanto delegado ejidal, ma il fatto che egli non conoscesse la lingua spagnola ha fatto ricadere la scelta della ONG su Don Nemencio, che si è trovato a dover ricoprire inaspettatamente il ruolo di portavoce, acquisendo lentamente prestigio agli occhi della comunità a scapito di Don Clemente. In qualche maniera dunque si è creata una frattura nei rapporti interni del villaggio, resa ancor più profonda dalla relazione parentale che unisce Don Nemencio a Don Clemente. Anche Punta Laguna ha risentito degli interventi di PPY, aggravando una situazione già esistente, al punto che si è fatta esplicita richiesta di differenziare i progetti per la famiglia di Don Serapio e la restante parte degli abitanti della comunità. Il villaggio rispecchia anche spazialmente, nella disposizione delle abitazioni, questa frattura nei rapporti sociali, che vede in maniera evidente divise, la zona abitata dal gruppo familiare di don Serapio, dalla zona più ad ovest abitata da chi si ostina ad ignorarlo, ma più significativamente queste due zone sono reciprocamente evitate dai gruppi di persone in conflitto.
   

3. L’influenza locale dei contatti economici col mondo esterno

A differenza dei gruppi maya delle terre alte del Chiapas e del Guatemala, i Maya peninsulari non hanno particolari giorni dedicati al mercato e soltanto raramente si recano in città per commerciare (Villa Rojas, 1978). E’ invece più facile che siano gli stessi commercianti a raggiungere, quando possibile, le comunità per scambiare i prodotti. I contatti economici nelle comunità più isolate sono dunque piuttosto scarsi e la loro economia interna permane basata sulla coltivazione del mais, prodotto destinato all’autoconsumo e responsabile della sussistenza dei gruppi domestici. La presenza di un’economia monetaria è dovuta principalmente a due motivi: lo scambio di prodotti secondari quali miele o animali domestici oppure all’emigrazione temporanea, fenomeno ristretto, ma grazie al quale, individui in difficoltà economica possono ottenere guadagni vendendo la propria mano d’opera nei vicini centri urbani oppure in parcelle di terra di imprenditori agricoli. L’economia di mercato ha avuto per il momento un impatto ben più rilevante nella comunità di Punta Laguna (cfr. cap. III, § 2). E’ infatti in questa comunità che si notano dei mutamenti che hanno investito, seppur modestamente, il settore del consumo, mentre i sistemi di produzione tradizionali rimangono sostanzialmente inalterati. L’introduzione dell’economia monetaria attraverso i canali appena citati permette ad alcune famiglie di avere un potere d’acquisto, seppur limitato, relativo a beni non strettamente legati alle necessità primarie, soprattutto vestiario, utensili ed oggetti in plastica. Oggi lo sfruttamento delle risorse turistiche, per il momento monopolizzato dal gruppo familiare di Don Serapio (cfr. cap. III, § 3), ha introdotto un nuovo canale di acquisizione di denaro ed offre, a questa ristrettissima minoranza, la possibilità di acquistare anche beni di lusso come orologi,biciclette o radioregistratori, situazione questa, che ha determinato un’alterazione nella stabilità dei rapporti sociali all’interno della comunità. Credo sia significativo notare che, tale gruppo familiare, che ha subito in maniera più evidente l’impatto dell’economia monetaria, si trovi immerso in un processo di trasformazione che investe anche la sfera dell’identità individuale e che modifica gli schemi tradizionali della percezione di sé. La particolare situazione di esclusiva interazione con i turisti ha contribuito ad accrescere una certa ammirazione nei confronti dei modelli culturali della società dominante, vista come erogatrice di ricchezze e depositaria di valori che entrano spesso in conflitto con il sistema di valori tradizionali. Il desiderio di apprendere la lingua inglese per comunicare con i turisti e la possibilità economica di spostarsi più frequentemente in città ed acquisire beni di lusso, hanno indotto tale gruppo ad identificarsi più strettamente con l’ambiente urbano di Chemax, vera e propria capitale maya, riservando al sistema di valori legati alla tradizione rurale una valenza di minor rilievo, che ha portato questa famiglia ad una partecipazione sempre più esigua alla vita comunitaria. E’ significativo inoltre notare, che l’incremento del potere d’acquisto, soprattutto per questo gruppo, ha reso possibile anche un continuato consumo bevande alcoliche che risulta essere particolarmente deleterio poiché non più limitato alle festività. Oggi questo problema può a ragione essere considerato come uno dei più gravi che affliggono le comunità indie dell’intero Messico.

L’evoluzione dello sfruttamento delle risorse turistiche della zona sarà subordinata allo sviluppo del progetto della ONG che intende istituire una riserva della biosfera nella zona per creare una meta di interesse per ecoturisti e nel prossimo capitolo vedremo come alcune problematiche annesse a tale progetto possano investire la sfera socio-culturale delle comunità.
   

Fabio Pettirino