Disse Marsia «che vuoi tu fare?» Disse Apollo «io ti voglio scorticare». Et cominciolo a scorticare. Marsia cominciò a gridare ma non potè tanto gridar che gli giovasse: onde Apollo lo scorticò: e lo sangue andò in terra e tuto si convertì in aqua tanto che gli si vedeano le budelle et si cominciò uno fiume: el qual per lo nome di costui fo chiamato Marsia...»

 

 


 

Ovidio metamorphoseos volgare, Cap. LX, Venezia 1497 e 1501.

 

 




 

Giovan Battista Cirri da Forlì

 

«...L'aveva costruita presso i suoi luoghi natali, e certo era una casa dall'odore dolce del latte e dei seni di sua madre. Lui, in quel luogo, già da due anni viveva ritirato dal mondo e cercava il riposo, ma l'urgenza di scrivere, di ricordare, l'aveva preso e gli aveva negato il sonno.
Nota dopo nota, scrivendo con passione, vedeva comporsi la rappresentazione sonora del suo Paradiso, di quel luogo di assoluto piacere che lungo tutta la vita aveva cercato di sognare, aggiungendo o togliendo dettagli nuovi ogni notte, rubando ore al sonno per variare un poco questo o quel particolare piacevole.
Ora, quel Paradiso riusciva a vederlo con il senso del suono musicale, del senso che più aveva domato ed esercitato qui, sulla terra. Così era proprio qui, sulla terra, che gli sembrava già di visitarlo; o forse era il Paradiso a visitare lui, in premio di tutto il tempo che gli aveva dedicato sognandolo attentamente. Ecco allora che componeva tutte le melodie e i ritmi particolari di un certo giardino che aveva immaginato, o della speciale frescura dell'ombra di un certo albero, via via sempre più addentrandosi nel dettaglio del fiore, o della foglia, del colore, o dei profumi, provando e riprovando a variarli, combinarli in diversi modi, carezzandoli o lasciandosi carezzare, fino ai luoghi più segreti e più intensi del piacere.
E in ogni nota che scriveva c'era un poco del Lanzetti, e un poco del Barrière, della cara Italia e della dolce Francia, o della dolcezza di quei suoi due Maestri, perché loro, prima di lui, avevano indagato, scavato nelle voci del violoncello, degli angeli e dei demoni; e anch'essi avevano trovato, in quel grosso e difficile strumento che li rendeva tutti fratelli, il sogno della bellezza, della libertà e della pace.
Lui, Giovambattista, aveva ricevuto molto, e ora voleva dare; per questo scriveva con cura di impreziosire ogni più piccola cosa: per far sì che si conservasse nel tempo, perché, dopo la sua morte, chi avesse letto quelle composizioni potesse desiderare ancora d'ascoltarle, di continuare a suonare il violoncello di Lanzetti, Barrière,
Giovambattista Cirri da Forlì, Maestro e Virtuoso di una grande e secolare tradizione.
E fu mentre scriveva che giunse la notizia: tutti quegli inchini pomposi, quei palazzi di sogno, sospesi al di sopra del mondo e della sua fatica, irraggiungibili dalla povertà, dalle sue tragedie, sarebbero stati aboliti: stava nascendo un mondo nuovo, rivoluzionato, libero, meraviglioso. Era il 1789. E Giovambattista sorrise, con la saggezza calma della sua vecchiaia.
Tornò allora al suo tavolino, e cominciò a comporre un Minuetto in cui non c'erano più né damerini imbellettati, né parrucche e profumi di pomate, né inchini cicisbei, ma dove, come nel ritmo sereno dell'incamminarsi tranquilli per una benefica passeggiata, come in una dolcissima, eppure solenne ascensione a un luogo di pace, finalmente tanti e diversi Pulcinella s'incrociavano salutandosi con sorrisi e sguardi silenziosi, e danzando la loro leggerezza, o la loro malinconia, o la follia benevola dei loro lazzi, salutavano la loro nuova speranza

 

 

 

Claudio Ronco

(Da "Il giudizio dei giudicati", © C.Ronco 1999)

 






 

Auf Flügeln des Gesanges

 

 

Auf Flügeln des Gesanges,

Herzliebchen, trag'ich dich fort,

fort nach den Fluren des Gesanges,

dort weiss ich den schönsten Ort.

 

Dort liegt ein rothblühender Garten

im stillen Mondenschein,

die Lotosblumen warten

ihr trautes Schwesterlein.

 

Die Veilchen kichern und kosen

und schaun nach den Sternen empor;

heimlich erzählen die Rosen

sich duftende Märchen in's Ohr.

 

Es hüpfen herbei und lauschen

die frommen, klugen Gazell'n,

und in der Ferne rauschen

des heil'gen Stromes Well'n.

 

Dort wollen wir niedersinken

unter dem Palmenbaum,

und Lieb' und Ruhe trinken,

und träumen seligen Traum.

 

Heinrich Heine.

 

 



 


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il perditempo