LA
SCUOLA DEL GRANDE FRATELLO
Sono
rimasta molto colpita dalle motivazioni espresse dai genitori
candidati al Consiglio d’Istituto a giustificazione del loro
impegno. In particolar modo mi ha stupita la loro dedizione allo
Stato, quando affermano che solo
nella scuola pubblica sarebbe possibile educare i giovani, superando
discriminazioni, differenze ecc.
Anch’io,
in qualità di insegnante della scuola statale e di madre che
manda i suoi figli alla scuola statale, credo debba esistere la
scuola di stato quale servizio pubblico. Qui non si tratta di
essere pro o contro la scuola di stato, ma di superare i soliti
luoghi comuni e di guardare alla realtà, usando la ragione.
1.
E’ un errore definire “pubblico” un servizio
soltanto quando la proprietà e la gestione sono statali. I
taxi, per esempio, chiamati anche auto pubbliche, non sono
gestiti dallo stato. Ugualmente le farmacie svolgono una
funzione pubblica, anche se a gestirle è magari un privato e
non solo l’Azienda Comunale dei Servizi. Perché non guardiamo
solo la TV di stato? Perché non leggiamo solo i giornali di
stato? Perché non ci facciamo curare solo negli ospedali di
stato? E’ quindi ragionevole ammettere che anche una scuola
non statale offra un servizio pubblico. Perché in Italia siamo
ancora fermi ad una idea di servizio pubblico abbandonata anche
nei paesi dell’Est?
2.
La scuola non può e non deve essere gestita solo dallo
Stato. Il monopolio dell’istruzione è stato in tempi non
molto lontani caratteristica indispensabile al potere, sia dei
totalitarismi ad est che ad ovest. Lo stato democratico, libero
e pluralista, nato dalla Resistenza, si basa invece sulla
partecipazione di tutti i cittadini alla vita comune, in tutte
le sue espressioni, compresa l’educazione scolastica. E’
perciò necessaria una pluralità di soggetti educativi. Se una
scuola rispetta le leggi e dà istruzione formando i cittadini
del domani, dovrebbe essere considerata patrimonio di tutti,
anche se non gestita dallo stato.
3.
L’istruzione è un diritto. Giusto. Nella famiglia si
imposta il lavoro educativo che deve trovare nella scuola una
sua sistematicità. Dante diceva del suo maestro Brunetto
Latini: “…m’insegnava come l’om s’etterna”, come
essere, cioè, protagonista della propria vita e della società.
Spesso l’unica cosa che s’etterna oggi negli studenti è la
noia. E allora, perché mi viene impedito di scegliere
liberamente da chi far educare i miei figli ? Io sento molto
forte una discriminazione nei miei confronti e mi chiedo: perché
non viene data a tutti la libertà di poter scegliere senza il
ricatto delle proprie condizioni economiche disagiate? Perché
anche i giovani delle periferie non possono accedere a scuole
che fino ad oggi sono state riservate a rampolli dell’alta
borghesia? Proprio in questi giorni ho sentito il racconto di
una nostra conterranea che, nella laicissima e statalissima
Francia, ha mandato per anni sua figlia ad una scuola non
statale per la cifra di Lire 22.000 (ventiduemila !).
P.S.
Uno studente costa allo Stato italiano 9,5 milioni di Lire
In
una scuola non statale in media 5 milioni.
4.
Ci sarebbero tantissimi esempi per confutare il
pregiudizio che solo
la scuola statale supera “le discriminazioni di etnia,
condizione sociale, condizione religiosa”, e per dimostrare
che la realtà è ben diversa, ma ne citerò solo un paio.
Il
più prestigioso giornale francese laico “Le Monde” ha
recentemente scritto: “…gli istituti cattolici accolgono i
giovani delle classi sociali marginali. Essi offrono un
sentimento di sicurezza, la disponibilità degli insegnanti,
un’assidua attenzione alla persona che è scomparsa dai licei
(=scuole statali). Il fatto che a Marsiglia gli studenti di una
scuola cattolica siano al 100 per cento di origine straniera, di
cui 90 per cento musulmani, non rivela forse un fallimento della
scuola repubblicana?”.
E
ancora: lo sapete che le uniche scuole multietniche e
multireligiose della Bosnia, che ha conosciuto la feroce guerra
fra serbi, croati e musulmani che tutti sanno, sono quelle
dell’arcidiocesi cattolica di Sarajevo?
Cari
genitori, non potrebbe forse diventare pericoloso questo
delegare solo allo stato la nostra voglia di educare i figli?
Chi è lo stato? Oggi ha la faccia di De Mauro, domani potrebbe
avere quella del Grande Fratello.
Cristina
Grespan
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