Te Deum laudàmus: te Dòminum confitémur. Te aetérnum Patrem, omnis terra veneràtur. Tibi omnes àngeli, tibi caeli et universa potestates: tibi chérubim et séraphim incessàbili voce proclàmant: Sanctus, Sanctus, Sanctus Dominus Deus Sàbaoth. Pleni sunt caeli et terra maiestàtis gloriae tuae, Te gloriòsus Apostolòrum chorus, te prophetàrum laudàbilis numerus, te màrtyrum candidàtus laudat exércitus. Te per orbem terràrum sancta confitétur Ecclésia, Patrem imménsae maiestàtis; veneràndum tuum verum et ùnicum Filium; Sanctum quoque Paràclitum Spiritum.

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Il "Signum Sanctissimæ Trinitatis"

 1)

L'Ordine Trinitario fu fondato nel 1193 a Parigi da San Giovanni De Matha. Originario della Provenza, era insegnante alla Sorbona, rispondendo alla vocazione era quindi diventato sacerdote.

San Giovanni De Matha

Mentre celebrava la sua prima Messa ebbe la visione di Cristo in atto di liberare due schiavi, uno nero ed uno bianco. Quest'ultimo reggeva una croce che aveva il braccio verticale di colore rosso e quello orizzontale di colore blu.

In questo modo il Signore fece capire a Giovanni che voleva da lui una speciale consacrazione a favore della liberazione di coloro che, senza distinzioni di razza, estrazione sociale o provenienza, erano in schiavitù a causa della loro fede.

mosaico collocato sopra l’ingresso della chiesa di San Tommaso in Formis di Roma

raffigura la visione avuta da San Giovanni De Matha

(opera d’inizio XIII sec. realizzata dalla famiglia Cosmati, celebre stirpe di marmisti romani

 

La visione del Cristo e di quella originale croce in mano allo schiavo caratterizzò la scelta del titolo trinitario di questo nascente Ordine, che prenderà la croce bicolore per proprio stemma. Una analisi delle correlazioni tra i vari elementi di detta visione permette di individuare alcuni simboli che sono per natura legati al messaggio che ne deriva. Il significato dei colori presenti in essa viene così spiegato:

- il bianco é il colore neutro per eccellenza, richiama l'Infinito e quindi Dio Padre (e viene usato per lo sfondo su cui campeggia la croce);

- il blu significa Dio Figlio riposto nel presepio e deposto nel sepolcro (essendo il blu il colore simbolico della divinità, in quanto colore del cielo (*), è chiaro il riferimento al Dio che si fa uomo nella nascita e che come uomo si assoggetta alla morte, per compiere la sua missione sull’umanità); un'altra interpretazione di questo colore significa nel colore blu le ecchimosi procurate dalle flagellazioni ricevute da Gesù sulla via del Calvario, quindi tende a richiamare piuttosto la Passione Redentrice di Dio Figlio (e viene usato per il "patibulum", il braccio orizzontale della croce, richiamo a quella su cui Cristo fu inchiodato);

- il rosso richiama il fuoco, quindi l'effusione di Dio Spirito Santo che feconda la Vergine, scende sugli Apostoli ed infiamma il cuore dei fedeli (e viene usato per lo "staticulum", il braccio verticale della croce, la cui posizione rinvia alla discesa dello Spirito stesso). 

Tuttavia nel manoscritto 3143 "Fondazione dell'OSST" conservato alla British Library, London Egerton, si dà questa ulteriore spiegazione: il bianco è il colore della veste candida di biblica memoria, richiama sia l'uomo nuovo che l'Uomo Nuovo; il blu ed il rosso sono i colori del sangue e dell'acqua sgorgate dal costato di Cristo crocifisso.

(*) in ebraico l’espressione “che sei nei cieli” significa “che sei Dio” (= sei nei cieli, ossia nella dimensione ultraterrena delle cose –e non in quella terrena– proprio perché sei Dio)

 In origine tale croce era foggiata su tipo e forma di quelle degli ordini cavallereschi: (in araldica questa croce è detta “patente”);

in seguito, dopo la riforma dell'Ordine Trinitario, avvenuta a partire dal 1599, si adottò una foggia semplificata, tuttora in uso (in araldica questa croce é detta, invece, “greca”).

La croce "patente" identificò i religiosi Trinitari c.d. "calzati" (Ordine originario, i cui frati portavano scarpe come calzatura), quella "greca" i religiosi Trinitari "scalzi" (Ordine riformato, che prevedeva che i frati portassero sandali come calzatura, ecco il perché di questi apparentemente strani aggettivi). Comunque, indipendentemente dalla forma usata per raffigurarla, questa croce divenne ed é tuttora simbolo ufficiale, "signum", sigillo dei Trinitari e delle loro varie emanazioni.

  

2)

Liberare chi era stato fatto schiavo o assistere chi era pellegrino o privo di assistenza sanitaria domiciliare non era che una risposta (non la prima, né la sola) a questi problemi, ma era una risposta cristiana. Altri lo facevano o l'avrebbero fatto animati da spirito mutualistico o da solidarietà corporative, nel nostro caso fu un'opera di misericordia in cui gruppi di laici si affratellarono ai religiosi, desiderando partecipare ai medesimi benefici spirituali ed alla medesima opera socio-caritativa. Così ebbero origine anche le prime forme di associazionismo confraternale.

Anche nell'Ordine Trinitario, fin dalle origini, i religiosi ricevettero collaborazione dai laici che intendevano partecipare, in forma associata, del carisma di questo Ordine. Esso zelava, quindi, in questo modo, la costituzione delle prime Confraternite dipendenti direttamente da esso, oppure si inseriva su preesistenti associazioni, o, anche, favoriva al loro interno la costituzione di apposite "compagnie del riscatto" (erano l'equivalente degli odierni comitati) con finalità di raccolta fondi "pro redemptione". Esse assumeranno in seguito i caratteri e gli scopi dell'Ordine religioso o dell'Arciconfraternita (= casa-madre) che le legava e può tuttora legarle a sé mediante aggregazione. Con questo termine si intende il vincolo spirituale con il quale associazioni aventi stesso titolo o finalità sono rese partecipi dei benefici di chi le aggrega. L'aggregazione diverrà anche un mezzo di collegamento, coordinamento e "pianificazione operativa" (se così si può dire) dell'attività di quelle Confraternite che compivano determinati "servizi sociali ante litteram" (comunque non casuali o estemporanei).

Il caso concreto più originale é costituito dalla composita realtà dell'Arciconfraternita Madre della Trinità.

stemma dell’Arciconfraternita Madre della Trinità di Roma

(tratto dal frontespizio del suo Statuto del 1821)

 

La qualifica di "madre" venne conferita a quelle Arciconfraternite (ossia Confraternite distintesi per pietà ed anzianità) a cui la Santa Sede riconosceva il diritto di aggregare a sé altre simili. Quella della Trinità fu fondata in Roma nell'estate del 1548 da San Filippo Neri.

San Filippo Neri

I suoi scopi erano il dare alloggio ai pellegrini che giungevano in Roma per gli Anni Santi, l'assistenza ai dimessi dagli ospedali (antesignana dell'assistenza domiciliare) e l'adorazione del Santissimo Sacramento con le "Quarant'Ore" (pratica zelatissima da San Filippo).

Trattandosi di una Arciconfraternita che si riconosce nel Nome della Trinità, i Padri la aggregarono spiritualmente al proprio omonimo Ordine, rendendola partecipe dei medesimi benefici spirituali, da trasmettere ovviamente anche alle Confraternite ad essa aggregate in seguito.

Tutte queste convergenze di intenti spiegano perché alcune Confraternite hanno una doppia aggregazione tuttora in vigore, sia all'Arciconfraternita che all'Ordine della Trinità, il quale, comunque, con apposite concessioni rese poi partecipi dei suoi benefici spirituali tutte quelle che formano la "Famiglia Trinitaria" (cioé tutte quelle che si riconoscono nel Nome della Trinità) e riconobbe loro un preciso legame giuridico con esso Ordine.

 

 

3)

A differenza delle Confraternite della Trinità dipendenti direttamente dall'Ordine (nelle quali i membri indossano cappe di colore bianco, che richiamano le tonache dei frati), le Confraternite della Trinità dipendenti dall'Arciconfraternita Madre adottano per i propri membri cappe di colore rosso, richiamo all'effusione dello Spirito ricevuta da San Filippo Neri ed al fuoco della carità che deve motivare i Confratelli nelle loro opere di glorificazione del Mistero principale della Fede (non a caso fu scelto il colore che simbolicamente indica la regalità), e di misericordia verso i pellegrini, i malati, gli schiavi a causa della fede, gli emarginati.

Poiché le Confraternite seguirono le vicende dell'Ordine religioso di appartenenza anche quanto ad apposizione del relativo "marchio di fabbrica" su arredi, affreschi, apparati liturgici, ecc., questo adeguamento valse anche per quanto riguarda un capo dell'abito confraternale, e cioé per la mantellina (per chi la adotta) portata sopra l'abito confraternale vero e proprio costituito dalla sopra-veste a forma di càmice (la quale è in genere conosciuta col nome di "cappa" o “sacco”).

La mantellina (in alcuni luoghi detta "tabarrino") riprende il mantello dei religiosi, che l'avevano bianco in origine, nero dopo la loro riforma. Secondo la Regola dei Trinitari il colore nero é estraneo sia all'abito dei religiosi che alla simbologia dell'Ordine e fu adottato solo ad indicare la sua riforma, iniziata a partire dal 1599. Di conseguenza anche le Confraternite nate od aggregate dopo tale anno dovrebbero avere mantellina nera, mentre quelle preesistenti dovrebbero averla bianca. In effetti, invece, qualche eccezione ci fu e tuttora rimane.

Tutte le "cappe" delle aggregate all'Arciconfraternita Madre della Trinità dei Pellegrini (indipendentemente dalla diretta o mediata affiliazione all'Ordine dei Trinitari e/o dai legami spirituali che comunque ci sono con i religiosi) dovrebbero inoltre portare sul lato del cuore una piccola crocetta ma allo stato attuale delle ricerche storiche non si capisce se si prevedesse che essa fosse o dovesse essere quella trinitaria.

   

4)

Le Confraternite del Gonfalone (legate a tutte e tre le Famiglie dell'Ordine Francescano, ed anzi fu proprio San Bonaventura che scrisse la prima Regola della loro Arciconfraternita Madre) adottano anch'esse una croce trinitaria, che però presenta i colori invertiti (fondo azzurro, braccio orizzontale rosso e braccio verticale bianco o viceversa, non importa in quale sovrapposizione, oppure braccia della croce ciascuna divisa in due spicchi bianco-rossi)

Questa Confraternita fu fondata nel 1242 a Roma da un gruppo di benestanti che si erano associati tra loro per assistere in modo organico i viandati ed i rimpatriati. Ad imitazione degli Apostoli, l’unione era originariamente composta di 12 persone. Essa é tuttora titolata e dedicata alla Madonna (alla cosiddetta “Madonna dei raccomandati” cioè di chi si raccomanda a Lei, ecco perché la Vergine è raffigurata con il manto allargato, in atto di ricevere i fedeli sotto la Sua protezione) ma é comunemente detta “del gonfalone", titolo derivato dall'uso di accogliere gli assistiti della Confraternita andando loro incontro processionalmente fino alle porte di Roma, portando un grosso gonfalone (tuttora conservato nell’Oratorio di Santa Lucia del Gonfalone in via Giulia a Roma) per farsi individuare.

Per la sua validità, la struttura dell’Arciconfraternita del Gonfalone iniziò da allora ad essere presa ad esempio e/o ad essere adottata un po’ da tutte le Confraternite (non importa di che titolo) apparse in seguito. Per questi motivi e per la grande benemerenza che l’Arciconfraternita del Gonfalone acquisì, fu ad essa attribuito il titolo di “mater omnium” (madre di tutte le altre).

stemma dell’Arciconfraternita Madre del Gonfalone di Roma

(tratto dal frontespizio del suo Statuto del 1888)

 

Quel che tuttora non si evince con chiarezza dell'Arciconfraternita Madre del Gonfalone é la sua origine quale ricostituzione dell'antica "Fratellanza Trinitaria" (come invece é riportato nel cap. 15 del libro “Le affiliazioni dell'Ordine Trinitario”, Isola del Liri 1947): allo stato attuale delle ricerche storiche non si capisce perché questa origine non venga ricordata o quasi nascosta.

A differenza di quanto esposto nel primo paragrafo del presente testo, lo Statuto dell'Arciconfraternita Madre del Gonfalone spiega:

- il rosso quale colore della Passione del Signore (*),

- il  bianco come colore dell'illibatezza di Maria e

- l'azzurro in quanto colore dell'Eternità.

(*) dato questo richiamo e dato lo stemma della casa-madre –il quale comunque è a forma di croce–, tutt’ora alcune Confraternite aggregate all’Arciconfraternita del Gonfalone hanno come Titolare la Santa Croce.

 

Come si é visto, il perché dei tre colori tiene contro dell'elemento mariano: é comunque una simbologia posteriore rispetto all’origine dell’Arciconfraternita, e viene spiegata in modo aulico e leggendario, facendola addirittura risalire ad una ispirazione avuta da San Bonaventura da parte della stessa Vergine Maria.

L'adozione di una simile croce di derivazione trinitaria fu dovuta al fatto che le Confraternite del Gonfalone furono investite dell'opera del riscatto schiavi (in particolare nei territori dello Stato Pontificio) quando i religiosi trinitari non vollero più occuparsene per protesta verso l'abuso di convocare arbitrariamente i Capitoli generali del loro Ordine solo in Francia e solo con religiosi francesi. Non essendo più un’opera gestita direttamente dall’Ordine, si cercava in qualche modo di utilizzare un “marchio” conosciuto, al quale veniva però modificata la disposizione dei colori per far capire che le due gestioni erano separate. Non a caso le Confraternite del Gonfalone si diffusero quindi maggiormente in determinate aree geografiche piuttosto che in altre e una loro simile presenza si giustifica dunque per motivi non solo socio-religiosi ma pure politici nel senso di essere state individuate dal governo locale come referenti di fiducia per l’azione antischiavista.

Per la sua notevolezza ed originalità, va segnalata questa presenza a Cuneo. Qui la simbologia sopra citata è tuttora ben manifesta: lo stemma del Gonfalone é riprodotto non solo sull’artistica facciata dell’Oratorio della Santa Croce, sede della omoConfraternita cittadina del Gonfalone, ma anche sulle insegne dell'ospedale civile, fondato dalla Confraternita stessa.

                                                                                             (a cura di Gian Paolo Vigo)

 




   

 

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