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Il Pappagallo del Capitano |
CAP. III L'erba voglio
Il pappagallo ricominciò
dopo un poco, sempre con la sua voce stridula a dire: "Voglio una storia,
voglio una storia."
Il nonno, che non aveva più
voglia di raccontare, si affrettò a togliere lo straccio nero dallo
specchio. Il pappagallo, quando vide nello specchio quello strano animale
che assomigliava tutto ad un pappagallo, mosse un passo a destra ed uno
a sinistra e pronunziò la sentenza:
"L'erba voglio non cresce neanche nel giardino del re."
Questa volta Pietro sentì
bene quello che disse Cocorito. "Vedi - spiegò il nonno - Quando
io tolgo lo straccio e Cocorito può vedere nello specchio è
come se quel pappagallo che lui vede fosse un altro. Poiché quest'altro
continua a dire 'Voglio una storia, voglio una storia', Cocorito allora
diventa il saggio che è, e dice al pappagallo nello specchio che
non si può sempre volere, sempre volere tutto. Si ricorda del proverbio
dell'erba voglio e lo dice. Poi si ferma, ed anche il pappagallo nello
specchio si ferma."
"E se tu copri lo specchio con
lo straccio nero, Cocorito cosa fa?" chiese Pietro. "Cocorito allora ricomincia.
Siccome è da solo, non vede più nessuno nello specchio, allora
ritira fuori che lui vuole una storia. Stai a vedere."
A questo punto, appena il nonno
ebbe coperto lo specchio, Cocorito si drizzò ancora più dritto
di quanto fosse, scosse la cresta e cominciò la cantilena: "Voglio
una storia, voglio una storia".
"Va bene accontentiamolo - disse
nonno Lucio - ma stavolta gli racconto proprio la storia dell'erba voglio."
Paolino era un bambino molto viziato.
Tutto quello che voleva glie lo davano. Ora era la mamma, ora era il papà
che lo accontentava. Se loro dicevano di no, allora era il nonno o la nonna.
Se anche loro dicevano di no, allora era lo zio Sandro o la zia Anna.
Siccome lo avevano sempre viziato
e Paolino aveva la casa tutta piena di giocattoli, lui non sapeva più
cosa chiedere. Ed allora chiedeva sempre cose più strane, sempre
più difficili da trovare.
Un giorno, addirittura, si mise a gridare:
"Voglio la luna, voglio la luna".
Il papà e la mamma si misero
a ridere: "Ma Paolino, non è possibile avere la luna. La luna è
in cielo, come facciamo ad andare a prenderla?"
Ma Paolino non sentiva ragioni. Batteva
i pugni sul suo tavolino, gridava, piangeva, pestava i piedi: "La voglio,
la voglio."
I poveri genitori non sapevano più
cosa fare per calmarlo. Chiamarono i nonni, chiamarono gli zii. Ognuno
portò un regalo, ma Paolino ... niente. Buttava via i regali e continuava
a strillare, a piangere, a pestare i piedi per terra: "Voglio la luna,
voglio la luna."
Per cercare di calmarlo allora chiamarono
il dottore perché gli desse
qualche medicina. Il dottore venne, gli diede la medicina, ma niente. Paolino
continuava a strillare, a dire che la voleva, la voleva la luna. A questo
punto il dottore disse: "Qui bisogna chiamare il Gufo saggio. Solo lui
potrà fare qualcosa."
E così mandarono a chiamare
il Gufo saggio.
Dopo un po' si sentì bussare
alla finestra. Era il Gufo saggio che era arrivato volando. I genitori
di Paolino gli raccontarono cosa stava succedendo. Paolino per conto suo
continuava a dire: "Voglio la luna, la voglio, la voglio."
Il Gufo saggio allora parlò:
"Va bene, se vuoi la luna, io ti insegnerò cosa devi fare per averla."
Paolino smise subito di frignare:
"E cosa devo fare?"
Il Gufo aprì il becco e posò
sul tavolo, uno dopo l'altro, tre grossi semi. Erano lucidi e grossi come
dei chicchi di granturco. "Ecco questi sono i semi dell'erba voglio," disse
il Gufo. "Occorre seminarli, e quando dai semi
crescerà l'erba voglio, tu allora ne prenderai una foglia, la masticherai.
Allora potrai esprimere qualsiasi desiderio che sarà subito soddisfatto."
Paolino afferrò i semi: "Vado
subito a seminarli nel giardino."
"Attento però - disse il Gufo
saggio - i semi germogliano e l'erba nasce solo in un terreno speciale.
Dovrai darti da fare e cercare quel terreno e solo allora l'erba spunterà."
"E come faccio a trovare quel terreno?"
"Questo non posso dirtelo. Dovrai
scoprirlo da solo. Dovrai cercare e cercare. Quando ti sembrerà
di aver trovato il posto adatto, tu metti i semi sotto terra. Se dopo una
settimana che aspetti, non germoglia niente, allora vuol dire che non è
quello il terreno adatto. Ritogli i semi dal terreno e cerca da un'altra
parte."
Così detto il Gufo saggio volò
via uscendo dalla finestra.
Paolino afferrò i semi e si
precipitò in giardino. Prese un rastrello e lisciò un pezzetto
di terra, presi i semi e li interrò uno vicino all'altro. Poi prese
l'annaffiatoio ed annaffiò. Rientrò in casa, finalmente tranquillo.
Il giorno dopo al mattino subito si precipitò a vedere se i semi
erano germogliati. Niente.Annaffiò
di nuovo. Il giorno dopo al mattino riandò a vedere. Niente ancora:
annaffiò di nuovo. E così il giorno dopo ed il giorno dopo
ancora.
Alla fine di una settimana non era
spuntato niente. Paolino allora, ricordando le parole del Gufo saggio,
grattò il terreno per vedere se i semi erano germogliati. Trovò
i tre semi intatti. Allora li prese, se li mise in tasca. Andò dalla
mamma e dal papà a dire che lui doveva partire per cercare il terreno
adatto per seminare l'erba voglio.
Papà e mamma piansero, ma non
lo trattennero. La mamma gli mise della roba da mangiare in un fagotto.
Paolino prese un bastone e con il fagotto in spalla partì. Camminò
per un giorno. Alla sera si fermò in un villaggio e chiese se da
quelle parti vi fosse un terreno molto fertile in cui i semi germogliassero
in fretta. Gli dissero di sì, che vi era un orto vicino al fiume
dove cresceva della verdura bellissima.
Poiché era stanco, Paolino
andò a dormire quella sera in un pagliaio. Alla mattina, dopo aver
mangiato un panino che la mamma gli aveva messo nel fagotto, andò
al fiume. Trovo l'orto pieno di verdure e piantò subito i tre semi.
Ogni giorno andava a vedere se fosse spuntato qualcosa. Ma niente. I giorni
passarono uno dopo l'altro. Al settimo giorno, ancora niente. Allora Paolino
grattò il terreno e vide i tre semi ancora intatti. Li prese e se
li mise in tasca. Salutò gli abitanti del villaggio che ormai lo
conoscevano e partì.
Cammina e cammina, un giorno arrivò
in un paese ai piedi di un vulcano. Gli avevano detto che i terreni vicino
ai vulcani erano così fertili che si potevano fare anche quattro
raccolti di grano all'anno.
Subito chiese agli abitanti del villaggio dov'era il terreno più
fertile. Gli dissero che bisognava arrampicarsi sopra il monte fino alla
cima del vulcano. Paolino si incamminò subito. Arrivato sotto la
cima, cercò il terreno più soffice e vi piantò i semi.
Poi aspettò che germogliassero. Un giorno, due giorni, tre giorni.
Alla fine del settimo giorno, non vi era ancora alcun segno di filo d'erba
che uscisse dal terreno. Così Paolino grattò il terreno e
ritrovò i semi intatti. Li prese, li mise in tasca e partì.
Paolino aveva cercato invano e provato
tanti terreni diversi, ma sempre niente, sempre i tre semi rimanevano intatti.
E così passarono gli anni.
Paolino ormai era diventato vecchio
e disperava di poter far crescere l'erba voglio. Vecchio e stanco, voleva
tornare a casa sua. Chissà se papà e mamma erano ancora là
ad aspettarlo o se ne erano andati. Ma quando ormai aveva deciso di tornare,
qualcuno gli disse che in un paese lontano viveva un re che aveva un giardino
meraviglioso e che in quel giardino cresceva qualunque cosa, che vi erano
le piante più belle e più strane.
A Paolino riprese allora la speranza
nel cuore, e benché vecchio e stanco ripartì alla ricerca
di quel regno lontano e del giardino favoloso di quel re.
Finalmente, dopo molto camminare ci
arrivò.
Chiese subito di vedere il re. Quando venne ammesso alla sua presenza,
disse che lui aveva tre semi di un erba magica che si chiamava erba voglio.
Se si mangiavano le foglie di quell'erba ogni desiderio veniva esaudito
subito.
Il re gli disse che non aveva mai
sentito parlare di quell'erba, ma che se lui voleva poteva seminarla nel
suo giardino, dove fino allora tutti i semi di qualsiasi pianta erano sempre
germogliati.
Paolino, benché stanco e vecchio,
si recò subito nel giardino. Trovato un angolino di terra non coltivato,
vi seminò i tre semi e li annaffiò. Aspettò un giorno,
aspettò due giorni, tre giorni. Ma niente. Intanto lui si sentiva
sempre più vecchio e stanco.
Al settimo giorno, poiché niente
era germogliato grattò la terra e trovò i semi intatti. Li
prese e domandò di essere ricevuto dal re. Questi quando lo vide,
gli chiese: "Allora, buon vecchio, la tua erba voglio è germogliata
o no?"
"Maestà - gli rispose Paolino
- ho passato la mia vita intera a cercare un terreno dove l'erba voglio
potesse crescere. Ma solo ora ho capito cosa mi volesse insegnare il vecchio
Gufo saggio. Peccato che non l'abbia capito subito, peccato che sia dovuto
arrivare fin qui dove ormai sento che sono
vicino alla fine, per capire."
"E cosa hai capito, cosa hai capito
di tanto importante?"
"Maestà, disse con un filo
di voce Paolino, ho capito che...."
Ma la sua voce era ormai così
flebile che il re dovette avvicinarsi all'orecchio del vecchio per capire.
E solo lui poté sentire cosa Paolino aveva imparato.
Qui il nonno si fermò. Qui
si fermava la storia.
"E cosa avrà detto, nonno
Lucio, Paolino al re? Tu lo sai, me lo puoi dire?"
Cocorito intanto, si era mosso,
si scrollò tutto, allargo le sue pigre ali, drizzò la sua
cresta rossa e con voce stridula ma forte disse:
"L'erba voglio non cresce neanche nel giardino del re."
Subito il nonno tolse lo straccio
dallo specchio per evitare che Cocorito ricominciasse a dire: "Voglio una
storia, voglio una storia."
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