Esplorazioni para filosofiche

Premessa
L'uomo costruttore
Un pò di filosofia dell'azione
Società e complessità
Applicazioni delle idee su come agire

Premessa

All'inizio degli anni '80 iniziai una serie di riflessioni a latere della attività di lavoro. La motivazione principale era di mettere in una prospettiva generale la mia attività, la mia esperienza lavorativa.

Cominciai con riflettere sulla ricerca scientifica e sullo sviluppo tecnologico. 
E' una attività complessa, svolta da molti attori con ruoli e finalità non sempre condivise da tutti. Come addetto ai lavori, forte è l'impressione che sfugga nel nostro Paese il valore che detta attività ha per il nostro futuro e per lo sviluppo economico e sociale. Queste riflessioni porteranno alla pubblicazione nel 1982 del libro R&SxP. Una specie di sigla che vuol significare R&S (Ricerca e Sviluppo) per lo sviluppo del Paese.

Nel descrivere l'attività di ricerca e di sviluppo tecnologico, emerge evidente un aspetto di sistema e sopratutto di interazione della ricerca con gli altri sistemi.

"La crescente forte interdipendenza tra interno ed esterno dell'azienda, tra le varie fasi del processo produttivo, tra i vari componenti e sottosistemi del prodotto, fa sì che il «metodo sistemico» (system approach) da una metodologia generale di comportamento diventi una necessità. Il sistema produttivo oppure il sistema prodotto/mercato diventano più integrati o più compatti, tutto interagisce con tutto. Il sistema si viene a trovare in uno stato di transizione da cui emergerà uno stato stabile innovativo rispetto all'attuale. Per ora si coglie, spesso con senso di impotenza, la difficoltà di gestire la interdipendenza. Nel sistema produttivo detta interdipendenza la si rileva sia nel processo di fabbricazione che nel prodotto e nella struttura aziendale."

L'attività di R&S è un fattore chiave per questa transizione. Ma la R&S può far poco da sola, se non si riesce a trasformarla in cose concrete, in prodotti e processi produttivi. E per far ciò, per cogliere le opportunità della R&S, occorre saper progettare. Nel 1983 pubblico il libro Il progetto e lo sviluppo del prodotto. Mi soffermo sull'attività di progettazione di prodotti che danno significato all'obiettivo della Ricerca Scientifica di trasformarsi in qualcosa che porti allo sviluppo tecnologico.
La terza di copertina confessa  l'ambizione del libro:

"In una strategia aziendale in cui l'innovazione di prodotto sia prioritaria, è importante riflettere su come organizzare le capacità progettuali.
Organizzare l'attività di concezione e di sviluppo prodotti pone sfide manageriali difficili, in quanto è necessario sollecitare, allo stesso tempo, sensibilità ai problemi, creatività per la ricerca di soluzioni innovative, capacità di organizzazione per gestire e ripartire risorse scarse su obiettivi di breve e di lungo termine, rispettando tradizione tecnologica e continuità di prodotto, mentre si tende a un rinnovamento radicale.
Il volume affronta questa tematica con un approccio che si preoccupa di esplicitare il processo della progettazione, troppo spesso dato per implicito o per scontato.
Mentre la descrizione di dettaglio dei problemi relativi si rifà al caso di prodotti di serie, il volume offre numerosi spunti ed esempi per mostrare come lo stesso schema dei processo progettuale si applichi a casi diversi: dal prodotto di grande serie al bricolage, dai "prodotti" dei terziario ai grandi problemi di intervento pubblico per rispondere alle sempre più complesse sfide ambientali
."

L'uomo costruttore

A questo punto la riflessione ha bisogno di allargare il quadro di riferimento. Come si pone l'uomo che inventa, progetta, costruisce con l'uomo che pensa, riflette, e magari scopre che ha riempito il mondo di oggetti che gli si rivoltano contro? Anche perché nel frattempo i movimenti degli ambientalisti, degli ecologisti si fanno sentire. Chi ha dedicato la vita all'entusiasmo di allargare le frontiere della tecnologia, di accettare le sfide innovative che i nuovi traguardi della scienza rendono immaginabili e possibili, finisce per sentirsi sotto accusa. 

Per difendermi comincio a leggere testi vari di chi si è occupato dei problemi del progresso, degli sviluppi storici del sistema tecnico. Non sarà che non è possibile fermare detto progresso? Sarebbe possibile fermare l'evoluzione biologica? E perché dovrebbe esserlo fermare quella del sistema tecnico che è ormai strettamente interrelato ed integrato con quello naturale?
Non siamo forse condannati al progresso?

Da queste riflessioni nasce un nuovo libro. Il gioco del Progresso. Dall'ameba al nucleare. Per comprendere come si sviluppa il mondo dei prodotti, se vi sono leggi che governano il progresso mi rifaccio al caso dell'evoluzione biologica.

"Vi è un parallelo tra biologia e scienza dell'artificiale. La biologia, scienza della vita, esamina il sistema degli esseri viventi cercando di comprenderne i meccanismi, le leggi elementari, osservandone la dinamica nel breve (quello permesso dalla sperimentazione e dalla osservazione umana). La scienza dell'artificiale esamina il sistema dei prodotti dell'uomo (del sistema antropo-sociale), cercando di comprendere in particolare come nasce e si diffonde l'innovazione tecnologica."....

Ma per quale motivo dovremmo essere condannati al progresso?

"Possiamo riprendere dalla paleontologia la nozione di progresso. Gli esseri viventi sono condannati al progresso, definito come una evoluzione verso organismi sempre più complessi, ma dotati di uno psichismo sempre più elevato, fino a giungere alle capacità rese possibili dal cervello dell'homo sapiens.
Il mondo dei prodotti realizzati dall'homo sapiens è condannato anch'esso al progresso, definito in questo caso come evoluzione verso prodotti sempre più complessi (sia per le tecnologie necessarie per produrli, sia per il loro modo di funzionamento, e per le loro prestazioni) accompagnati da un contenuto di conoscenze (e una capacità di gestire in modo semplice questo contenuto di conoscenze) crescente.
Le grandi rivoluzioni tecnologiche sono probabilmente quelle che hanno permesso una semplificazione della utilizzazione delle conoscenze via via accumulate. Ad esempio il sistema numerico decimale introdotto dagli arabi ha reso possibile a persone di media intelligenza di compiere operazioni aritmetiche assai più complesse di quanto poteva fare un esperto contabile dell'impero romano. Allo stesso modo il nuovo paradìgma emergente da una rivoluzione scientifica come illustrato da Kuhn (La struttura delle rivoluzioni scientifiche, 1962), permette una rilettura più semplice delle conoscenze scientifiche esistenti, rispetto al paradigma della scienza normale precedente ormai ai limite delle sue possibilità di spiegare la mole di conoscenze empiriche cumulatesi.
I prodotti dell'uomo si rivelano quindi, nel loro sviluppo e nella loro evoluzione, come gli strumenti per facilitare via via il rapporto uomo-ambiente. Sono strumenti che rappresentano impacchettate, facili da usare, le esperienze e informazioni via via accumulate. L'homo sapiens può non essere biologicamente modificato nei millenni dall'apparire della specie, ma la potenzialità della specie viene via via realizzata attraverso il progresso di questi strumenti costruiti dall'uomo.
Per fare la prossima mossa nel gioco del progresso, non è necessario, per fortuna, ogni volta ritornare indietro all'inizio della partita ripercorrendone tutte le mosse (risalire il percorso delle conoscenze sviluppate fino all'origine). E' un elemento fondamentale del progresso quello di poter semplificare l'utilizzazione dell'esperienza passata. "

Il libro è certamente ambizioso ed esce dal campo della diretta esperienza dell'autore per sconfinare in terre per lui poco note, come la filosofia della scienza o la filosofia tout court.

Da qualche parte, non so più dove, pubblico anche un trafiletto che chiama alla necessità di un nuovo episteme, di una nuova metodologia di studio della realtà. Dall'approccio riduzionista - che è pur stato alla base dei successi della scienza moderna - ad un approccio più globale, olistico, che non consideri più possibile ridurre la ricerca della conoscenza all'analisi, alla rottura  nei loro componenti elementari dei sistemi complessi che ci circondano.

Uscito dal mio seminato, mi pare opportuno cercare conforto da chi fa il filosofo di mestiere. Così mi rivolgo ad un noto professore di Filosofia delle Scienze. Con poco successo tuttavia. Forse affronto un terreno per me esotico con un linguaggio che gli esperti non riconoscono come proprio. Carneade, chi era costui?

Più successo invece ha la corrispondenza con un amico impegnato in politica ma con interessi filosofici. Non ho ritrovato la sua lettera, ma la mia che illustra forse un pò meglio i miei intenti semi-filosofici nello scrivere il libro.

Un pò di filosofia dell'azione

I dubbi di aver sconfinato in un campo senza la necessaria preparazione mi portano ad affrontare letture di testi di filosofi che abbiano affrontato il problema dell'agire e del decidere.

Mi affascina - e sembra portare argomenti che allargano e mettono in prospettiva le mie idee sul progresso - il testo della Arendt sulla vita activa che distingue tra lavoro (quello che si fa  per vivere), opera (quando si costruiscono oggetti che rispondono ad un progetto), ed agire (l’operare pubblico, l'impegno civile).

Nel libro sul progresso in realtà mi sarei occupato solo delle opere dell'uomo, del mondo degli oggetti che lui costruisce. Ad un livello più alto vi sarebbe l'agire. Nel Gioco del Progresso la direzione dello sviluppo emergerebbe dal progresso stesso fin allora acquisito. Con l'agire, invece, l'uomo - che diventa quasi un eroe - dovrebbe intervenire per il bene della società sullo sviluppo del complesso sistema in cui vive ed essere anche in grado di modificare la direzione cui tende a svilupparsi il progresso.

Che sia da qui che derivano i movimenti degli ambientalisti, dei verdi, degli anti-nucleare? Forse è il caso di approfondire il discorso sull'etica e di come interviene sul comportamento e sulle decisioni dell'uomo d'azione. Da qui qualche altra lettura.

Scopro così che i filosofi che si occupano di etica ai nostri giorni finiscono per riflettere sul problema dell'intervento dell'uomo sull'ambiente. Sembra nascere un'etica ambientale. Le mie riflessioni generali sul progresso e su come l'uomo opera per progettare e sviluppare un mondo di prodotti, mi sembrano possano essere il punto di partenza per dire la mia anche sul problema dell'etica ambientale. E così qualche anno dopo, e dopo altre letture, mi sento pronto a parlare  di etica applicata ai problemi ambientali ed a proporre una ricetta per l'azione.

Vi sono evidenti difficoltà nell'azione quando si cerca di agire su sistemi complessi come l'ambiente. Si deve affrontare un paradosso che è tuttavia lo stesso cui si trova di fronte il progettista anche quando affronta problemi assai più semplici. La ricetta - il metodo del design - usata dal progettista per superare il paradosso, può venir proposta anche come ricetta per un'etica ambientale.  ....
Il paradosso è tra il 'tutto' e le 'parti'. Un problema è definito quando sono specificati i risultati finali che si vogliono ottenere (ad es. le specifiche per un nuovo prodotto) che caratterizzeranno il 'tutto', il sistema oggetto dell'intervento. Invece le azioni per costruire un sistema nuovo - o per modificarne uno esistente - non possono essere che sulle 'parti' che alla fine comporranno il sistema. I risultati attesi sono definiti in via 'olistica' mentre le azioni per ottenerle sono necessariamente sviluppate per via 'riduzionistica'. Si è quindi in presenza di un paradosso non eliminabile tra le modalità dell'azione ("riduzionistica") e gli effetti sul comportamento ("olistico") del sistema: mentre si può agire solo sulle parti del sistema, il comportamento è di interazione non riducibile tra il "tutto" e le sue "parti"....
La ricetta del progettista è quella di seguire le varie fasi della progettazione (dalla specifica del problema, allo sviluppo di una soluzione, alla realizzazione della soluzione) percorrendole in circolo un certo numero di volte fin che si siano ottenuti risultati abbastanza soddisfacenti. ...
Il metodo dovrebbe mettere d'accordo sia chi pensa che si salvaguardino i principi etici nell'azione quando si punta sugli obiettivi globali da raggiungere (rimane il paradosso tra obiettivi olistici ed azione riduzionista), sia chi pensa invece che l'agire etico debba essere fatto sulla base dei principi, tenendo presente certi valori (il paradosso non è superato perché il comportamento olistico non è assicurato a priori anche quando le azioni sulle parti soddisfano i principi).

Preso dal coraggio di riuscire a dialogare con gli scritti dei filosofi, prendo in mano il grande tomo di Gadamer sull'ermeneutica. E qui scopro che quella che io chiamo la mia ricetta non è diversa dalla ricetta di Gadamer per l'ermeneutica, per la comprensione dei testi.

Società e complessità

A questo punto la riflessione finisce per toccare problemi che riguardano la Società nel suo complesso: etica, decisioni, azioni. Sarà quindi bene capire cosa ne pensano i sociologi. Tuttavia, il linguaggio da loro usato non sembra molto vicino al mio. Salvo uno, Luhman, che sembra rifarsi al linguaggio dei sistemi che mi è più famigliare. Studiando il sistema sociale si finisce per contribuire al dibattito sui sistemi auto-organizzantesi, sui sistemi aperti che sono un pò alla base delle mie riflessioni sul Gioco del Progresso. Ecco allora una lettura di Luhman.

Parlando del sistema sociale si sottolinea l'importanza dei sistemi decisionali. Chi sono gli attori, chi detiene il potere, quali i ruoli rispettivi? Eccomi ora ad allargare le letture ad altri sociologi che si occupano in particolare dei problemi decisionali degli attori sociali.

Visto che trattiamo sempre di sistemi complessi, forse è il caso di approfondire meglio cosa si intenda quando si parla di complessità. 

Applicazioni delle idee su come agire

Nel 1992 con un gruppo di sociologi ed economisti partecipo ad una ricerca sulla globalizzazione e sul ruolo della Ricerca e dello Sviluppo tecnologico anche per controllarne gli eccessi. Ad un convegno a Praga sui sistemi complessi porto un pò delle mie idee. E' possibile sviluppare una saggezza per la complessità?

Perchè allora non parlarne anche a dei biologi? Si possono applicare le mie idee sul progresso al progresso dell'evoluzione biologica?

Nel 1994 passo sei mesi a Bruxelles alla Direzione Ricerche della Comunità. Cerco di applicare le mie idee su come si fa ad intervenire sui sistemi complessi. Qui il sistema complesso, su cui si deve riflettere come fare ad intervenire per modificarlo, è la città. Ne segue uno studio che sarà alla base di una serie di ricerche finanziate dalla Comunità Europea.