Appunto:
scrivere la storia di una donna che scopre di avere una voce di doppio coro polifonico a otto voci.
Subito non trova impiego, poiché in un teatro di tradizione la si ritiene imbarazzante quanto lo sarebbe qualsiasi volgare fenomeno da baraccone; nei circhi ritengono che il pubblico, disabituato alla musica corale o simili vecchiumi, non colga la differenza tra quel fenomeno e una normale voce lirica; nel teatro d'avanguardia le si dice che “freak si diventa e non si nasce”, sicché il suo talento sarebbe stato accettato solo se avesse faticato per ottenerlo, e se fosse artifizio e non banale realtà; nel rock e affini nessuno capisce la differenza tra la sua voce e quella delle altre, una volta amplificate e distorte; nel cinema, poi, effetti come il suo si ottengono su chiunque e chicchessia con mezzi elementari ed economici, e in più lei non è di aspetto né bello né interessante; come cameriera o barista non la vogliono perché quando apre bocca si voltano tutti e nessuno capisce cosa ha detto, e così pure come centralinista, ceramista, vetrinista, taxista e addirittura taxidermista.
Finché un giorno, dopo tanti anni di povertà, incomprensione e frustrazione, la chiamano il direttore del teatro dell'Opera e il Vescovo della sua città, per offrirle l'incarico di sostituta definitiva e assoluta del coro lirico e di quello sinfonico, e visto che c'è, ricevere un lauto stipendio pure dal Vaticano per cantare in tutte le le chiese importanti durante le feste solenni, visto che tutti i cori esistenti sono stati sciolti per mancanza di fondi.
A quella meravigliosa proposta, lei risponde con un intonatissimo “Sì” monofonico, accorgendosi allora che lunghi anni di esercizio per conquistarsi una voce sola erano giunti inaspettatamente, e in un solo istante, a successo definitivo.
Claudio Ronco |