HEROI La vita di chi ha fortuna mondana con la musica classica è generalmente troppo piena per prendere in considerazione quel che per un nostro collega di cent'anni fa era fondamento della sua professione; ma mentre lui aveva un linguaggio che, nell'essere "tradizione", conservava una polivalenza assoluta, a noi non restano che messaggi frammentati e sparsi, chiusi in se stessi. In un esempio: l'opera di Michelangelo, ai suoi tempi, poteva goderla e capirla tanto il filosofo quanto il contadino, senza che l'opera mutasse nella sua materia. L'opera attuale di restaurare e conservare l'oggetto artistico prodotto da Michelangelo, muove invece in una complessità che ha distrutto il centro dell'opera stessa -la sua materia, la sua idea originale, il suo essere opera d'arte in una catena di opere con un centro comune, qual è una tradizione- e l'ha sostituito con una centralità che è ridotta ad essere solo un "nome", ovvero ciò con cui la si "richiama". Noi, suonando Beethoven, non riusciamo ad altro che a richiamare un "nome", e dunque evocarne la forma. Quella forma evocata si articola con l'esperienza individuale del fruitore d'un nuovo ascolto, e produce esperienze eccentriche, caotiche, la cui unica coincidenza torna ad essere legata a un luogo determinato solo da un nome e un richiamo: in un esempio, il Romanticismo, o Vienna dei primi dell'Ottocento, i suoi pittori, i suoi filosofi, le sue atmosfere...
Tutto ciò non basta a soddisfare il sacrificio della vita a ripetere il gesto musicale di qualche compositore: così come la musica non può permettersi di restare solo più un fenomeno di costume, o la bandiera di una civiltà che pretende di essere "superiore", così il sacrificio del musicista "virtuoso" deve potersi riappellare a quell'etimo dimenticato, che è la Virtù, e non la virtualità.
Vivere il sacrificio dello studio e della pratica musicale nell'aura della virtù è forse l'unica risposta alla nostra disperata percezione -sebbene nascosta- della morte della nostra arte.
Dobbiamo tornare ad essere "HEROI".
Saluti; tuo claudio ronco.
vieni al mio giardino della sera