CONCERTO PER UN ORGANO MUTILATO


evento musicale
per un Organo da chiesa in attesa di restauro


claudio ronco

 

 

 

 

«Deus Opt. Max. Organaedo, Mundus Organo comparatur»
Athanasius Kircher, Musurgia Universalis, Roma 1646, libro II, pag.365.

 

 

 

 

Un'opera d'arte in pericolo di estinzione.

 

                          Un Organo da Chiesa, a ben guardarlo, somiglia a un tempio antico, ovvero a un edificio pubblico nel quale la comunità si riunisce, interrompe l'abituale fluire della vita e del lavoro, e il silenzio interiore che ne deriva lascia spazio alla comunicazione con l'altro, alla coscienza dei problemi comuni, al senso più alto del vivere sociale.
Un Organo, a ben ascoltarlo, sembra un insieme organizzato di voci umane: quasi la società fosse simile a un canneto nel quale ogni canna sembra voler sibilare al vento da sola, ma la volontà del vento ne armonizza i movimenti, sincronizzandoli in una danza ordinata.
Così una comunità in disaccordo, in quel "risonare" insieme, ritrova il modo e il desiderio di accordarsi, di migliorare il suo vivere insieme all'altro: l'armonia di una società che impara ad ascoltare, e ad ascoltarsi.


E gli Organi da Chiesa sono "organismi" delicati, fragili, che esigono attenzione costante e continua cura. Proprio come nella vita di una società che vuole essere vigile nel preservare le sue conquiste civili e culturali, il progresso è anche nella costante capacità di proteggere, conservare, restaurare gli "strumenti" che la nostra intelligenza ha ideato per l'arte del vivere sociale.
Spesso gli Organi sono restaurati, ma a quei restauri manca un pubblico che ami, desideri e chieda di ascoltarne i messaggi. Più spesso, infatti, gli Organi sono poco più che grossi armadi riempiti delle poche canne risparmiate dai furti (per 'restaurare" altri Organi) o dall'incuria, e diventate ormai inutili. Così mutilati nel loro corpo e privati dell'attenzione di un pubblico, gradualmente gli Organi da Chiesa si estinguono, e con essi la memoria storica: quella del suono antico, che solo questo strumento può testimoniare con incontestabile esattezza.


Come il Panda per il WWF, l'Organo da Chiesa potrebbe diventare il simbolo del nostro restaurare le opere d'arte, conservare l'arte di vivere con quelle opere, e forse anche del preservare la capacità e il desiderio di continuare a realizzarne.
Come il Panda, che vive nel fragile equilibrio del nutrirsi solo di canne di bambù, anche l'Organo da Chiesa si nutre di un solo genere di musica; pregio o difetto che sia, sta alla nostra intelligenza trovarvi un significato nuovo -
o antico-, e non lasciarlo scomparire dalla nostra vita, pena il perdere irrimediabilmente la lezione di civiltà nascosta in questo strumento di musica di armonia.

Lo scopo di questo evento musicale è di creare un desiderio:

quello di usare - suonando, ascoltando, restaurando - l'antica opera d'arte che è l'Organo da Chiesa. Venezia ne ha molti, e molti sono stati recentemente restaurati, con più o meno competenza, perizia o attenzione alla loro "storicità". Tuttavia il loro uso è limitato ai pochi concerti di un repertorio musicale non facile e poco apprezzato, o alle rare occasioni in cui vengono usati durante le funzioni religiose, nelle quali, ormai, la musica sembra avere una parte sempre più misera e secondaria. Così si restaura un oggetto quasi inutile, puramente decorativo, inutilmente costoso per il suo bisogno di costante manutenzione da parte di artigiani altamente specializzati, senza i quali l'Organo torna in breve tempo inutilizabile e muto, o "mutilato"...

Eppure io credo che questo strumento di musica sia capace di esistere anche nella formidabile complessità della nostra nuova era di elettronica e di televisione, di culture multirazziali, di suoni musicali condizionati ormai tutti dal frastuono del vivere oggi la vita delle città.

L'Organo della Chiesa veneziana di San Alvise è stato costruito nel 1760,

dall'organaro Nicolò Moscatelli, e riempie da protagonista la visione d'insieme della Chiesa, imponendosi con le sue sinuose linee barocche dall'alto dell'abside centrale, sopra l'Altar maggiore. Nel 1951 rischiò già di scomparire, perché si voleva restituire alla Chiesa la luce delle finestre medioevali dell'abside, spostando l'Organo in qualche altra Chiesa, o in qualche polveroso magazino. Dell'Organo originale resta quasi tutto, ma in massima parte inutilizzabile: solo le canne di facciata e poche altre sono in grado di suonare. C'è un qualcosa di meraviglioso, però, in questa sua precaria condizione: oggi quest'Organo, con la tristezza della sua mutilazione, con l'assenza di quei registri maestosi, di solenne potenza, che normalmente ci attendiamo da questi strumenti, sembra avvicinarsi più intimamente all'ascoltatore, e le poche canne che suonano manifestano in modo impressionante la straordinaria qualità del lavoro degli antichi organari veneziani: I'Organo, più che "suonare", "canta", o meglio, "parla", "pronuncia" i suoni piuttosto che, semplicemente, articolarli in armonia e melodia. Per queste poche canne io ho scritto la mia "Sonata per un Organo mutilato", dopo aver visitato quest'Organo a seguito dei danni causati dalla eccezionale bufera di metà luglio 1997. Questa composizione è dedicata alla grandissima tradizione degli organari antichi, e a tutte le loro opere d'Arte oggi abbandonate dai musicisti e dal pubblico. Nell'occasione, anche la più povera, ma anch'essa abbandonata e "mutilata" macchina per campane tubolari (canne anche loro!...) dell'ex Chiesa di San Leonardo in Cannaregio, costruita verso la fine del secolo scorso e conservata oggi nel centro civico di Villa Groggia, sarà presente all'evento musicale: il suo "allegro scampanìo" annuncerà, spero, il concretizzarsi del desiderio di ascoltare un giorno l'Organo del Moscatelli con tutte le sue canne restaurate, un nuovo pubblico a godere della sua voce musicale, in tutta la sua solennità, in tutta la sua bellezza.

Claudio Ronco, Venezia, agosto 1997.

 

(Foto di Mauro Menin, Venezia, 1997.)

©claudioronco 1997


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