Cantanti
La prima volta
che il famosissimo cantante russo Feodor Scialiapin venne invitato
a vedere e scoprire la nuova invenzione di Edison, il fonografo,
accadde -così si racconta- un fatto curioso. Pare che
Scialiapin fosse un vero gigante: era alto e possente, con un
volto da impavido guerriero, da eroe invincibile, dagli occhi
penetranti che incutevano rispetto nel pubblico, persino paura,
quando lui era in scena nella parte di un Boris Godunov, o di
un Principe Igor. Edison gli spiegò che la sua invenzione
serviva a raccogliere, conservare e ripetere i suoni, e Feodor
fu invitato a cantare qualcosa per quella dimostrazione. Al riascolto
della sua voce registrata, si racconta che immediatamente il
gigante, strabuzzati gli occhi, crollò a terra svenuto
per l'emozione...»
«Affascinante...
davvero curioso... e a che cosa attribuisci un'emozione così
potente?»
«Oh, certo
a molte cose possibili, nella realtà; ma a me interessa
considerare come la prima idea che mi venne in mente leggendo
quella storia, fu che Scialiapin venne preso dal panico e dallo
sgomento perché assisteva al manifestarsi del miracolo
della sua voce musicale in un "tempo" spostato, fuori
dall'ordine naturale delle cose... quel fonografo per lui, in
un certo senso, era una macchina del tempo che lo portava virtualmente
altrove, senza più il controllo e dominio della sua coscienza;
la sua voce avrebbe continuato a cantare anche dopo la sua morte,
e quindi già cantava "oltre" la sua morte...»
«Santo
cielo... anch'io - segretamente, lo ammetto - ho provato esattamente
questa sensazione, mentre incidevo i miei dischi... anche se
non credo di essere arrivato al punto di poter svenire!...»
«Probabilmente,
registrando i propri suoni è impossibile sottrarsi a questa
precisa sensazione, anche se potrà essere più o
meno palese, più o meno nascosta alla coscienza. Di fatto,
se già la fotografia, al suo inizio, "rubava"
l'anima terrena delle cose imprimendone l'immagine su un supporto
metallico, quasi alchemico... pensa un po' all'effetto che si
poteva ottenere con il suono, visto che l'uomo non aveva ancora
avuto a sua disposizione alcun tipo di similitudine preliminare...»
«Vuoi dire
come la pittura prima della fotografia?»
«Sì,
certo: se pensi agli automi del Settecento, che suonavano qualche
pezzo di musica, o i Carillon, o perfino quelle grosse macchine
che facevano suonare tutti insieme i diversi strumenti dell'orchestra,
devi accorgerti che tutte quelle invenzioni continuavano a produrre
suoni nell'ordine lineare del tempo, cioè prodotti nell'istante
immediatamente prima della loro percezione auditiva, inteso
come il presente.»
«Né
più ne meno del musicista vero, in carne ed ossa...»
«Già:
prigionieri della presenza nel presente dei loro
atti... Se, a quel punto in cui il fonografo appare sulla scena
del mondo, l'arte sublime del cantante - l'istante magico, misteriosissimo,
del generarsi della sua arte attraverso il suono e la "grana"
della sua voce -, quando quell'arte ormai poteva ripetersi senza
l'actus retoricus del cantante stesso, senza tutta la
sua ritualità sacerdotale, allora la cerimonia che doveva
esaltare la sua sacralità - o superiorità, o divinità,
prima ancora di giungere a ridurre tutta l'arte a un mero fatto
di tecnica, era ancora - ed è una cosa forse ben più
terribile - qualcosa di simile al "furto" della sua
anima...»