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claudio ronco

 

A teatro?...Boh?...

 

Bellini, Rossini, Paganini, Cherubini, Boccherini,

...Puccini, Pacini, Veracini, ...Donizetti?... un vezzeggiativo tra diminutivi...

Così si era mossa la musica italiana nei secoli passati:
tutti questi autori, umiliandosi nel mestiere, "riducendosi" alle ragioni del
mercato, sono riusciti nell'intento di farsi capire da tutti. Farsi capire, e non dare ciò che piace: ecco la differenza e forse il punto chiave per capire l'errore in cui siamo incorsi:
farsi capire da tutti è cosa diversa dal dare ciò che piace.

Far capire presuppone un'azione di avvicinamento positivo: il fruitore si muove.
Dare ciò che piace significa trovarsi ad avere un
ricettore passivo, che riceve senza dare altro che moneta di scambio comune, mondano.
Nell'arte moderna, il quadro della situazione è semplice: quasi tutto ciò che si dà è
moneta, e quasi tutto ciò che si riceve lo si riceve passivamente.
Questo è il "nodo" che, in ultima analisi, distrugge ogni vera
democrazia e ogni possibile crescita della nostra civiltà, costringendola a riferirsi sempre a piccoli gruppi e a differenze incompatibili, prive di capacità comunicative.

Come posso portare oggi un nuovo pubblico al teatro dell'Opera, per assistere a uno spettacolo obsoleto qual è diventata un'opera di Rossini o Bellini, se solo comincio a considerarla dai parametri dello spettacolo e della comunicazione moderna? Devo forse contaminarla con effetti speciali, d'efficacia cinematografica? Devo ridurla alle sole Arie ancora piacevoli?Non diventa così, allora, nuovamente qualcosa che si riceve passivamente, senza dare nulla in cambio?

Commedia e tragedia, messe su una ben equilibrata bilancia, erano il motore del teatro antico: se è evidente e inevitabile che oggi lo spettacolo d'intrattenimento privilegi soprattutto la sua necessità di farsi accettare dalle "masse", d'altro canto il Teatro tragico si ibrida e confonde col "serio e realistico" dello spettacolo dell'informazione. Essa ci viene consegnata a ritmo serrato, e necessitiamo, infine, di riposare alleggerendoci con un po' di opere d'arte.

All'Arte, quindi, non resterà che essere leggerezza, anche quand'è Tragedia.

C.R.

 

il perditempo

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«...Purtroppo temo sempre di non essere
all'altezza, ma forse questo e' un problema mio... Tua
aff. Rosa Maria Piccione; Roma.»


...ma quanto sei alta?... Semmai ti metti un paio di tacchi a spillo...

Cara Rosa Maria Piccione, docente universitaria di greco antico, t'ho scritto perché vorrei darti una missione: spiegarmi tutte le parole che io dico... e tu credi ch'io voglia un'alta testa, per dare a me una tal lezione?
Comunque, alta o bassa che tu sia, tu sei ben capace di sentire/pensare/ascoltare; così, quando io penso/dico/scrivo: «...e quindi questo mio pensiero lo offro come teoria; ...teoria in senso greco: osservazione... dal teatro del mio violoncello, inteso in senso greco...( il teatro, non il violoncello)... teatròn: che non è un grosso teatro venexiàn, ma: "il luogo in cui si vede...», io, e tutti noi, scemi, scriviamo/diciamo/pensiamo, a volte, cose che potrebbero capire anche le massaie, se non ci fossero le parole difficili; per rendere le parole difficili facili basta abituarsi a dirle; per abituarsi a dirle basta innamorarsi di loro; per innamorarsi delle parole ci vuole qualcuno che le racconti in modo seducente; nienteniente tu saresti capace... immagina un po': rubrichina ad uso glossario di Rosamaria del Piccione Viaggiatore, che vola alto alto nel cielo blu, felice di stare lassù. Che c'entra un piccione con la musica? Bene, il piccione vive in un nido; il nido d'uccelli in ebraico si dice chinnìm (e si traslittera qinnim) e nel Talmud c'è un intero trattato al riguardo, perché gli uccelli erano usati per i sacrifici al Tempio, soprattutto le tortore e i piccioni. Poi Claudio Ronco si è messo a leggerlo, e col suo amico ebraista Giulio Busi si sono accorti che in quel trattato si spiegava com'è che un animale da sacrificio diventa settedicosette Strumenti Musicali, e così ecco che anche un piccione, gira che ti gira, c'entra anche lui con la musica (cfr. Claudio Ronco: La Lira d'Orfeo e la fame di Pulcinella, Venezia 1996). Però io (cioè tu...) -che sono Rosa e pure Maria- mi occupo di greco e non d'ebraico, quindi vi racconto un'altra storia..........





§

 

Dèdalo fu preso dall'invidia, e lo buttò giù il giovinetto dalla sacra roccia di Pàllade, raccontando poi che era caduto. Ma Pàllade, che protegge le persone di talento, lo sostenne e lo trasformò in un uccello, rivestendolo di piume mentre era ancora per aria. La prontezza e l'intelligenza passò nelle ali e nelle zampe, il nome (Perdix=pernice) rimase quello di prima. E tuttavia quest'uccello non si innlza molto da terra, né fa il nido tra i rami e sulle cime degli alberi; svolazza radendo il suolo e depone le uova nelle siepi, e memore dell'antica caduta ha paura di andare in alto.

 

Ovidio, Metamorfosi VIII, 250/255.

(A cura di P.B. Mazzolla, ed. Einaudi, 1979)torna a capo

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il perditempo

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