«Adfer
opem mersaeque, precor, feritate paterna da, Neptune, locum,
vel sit locus ipsa, licebit. Hunc quoque complectar.
Movit
caput aequoreus rex concussitque suis omnes adsensibus undas.
Extimuit nymphe, nabat tamen; ipse natantis pectora tangebam
trepido salientia motu. Dumque ea contrecto, totum duruscere
sensi corpus et inducta condi praecordia terra. Dum loquor, amplexa
est artus nova terra natantis et gravis increvit mutatis insula
membris».
Ovidio,
Metamorfosi, VIII.600/610, Perimèle e Achelòo
«Vieni
in aiuto, ti prego, a costei che annega per la crudeltà
paterna, e a lei concedi un luogo, o Nettuno, oppura essa stessa
possa diventare un luogo. Anche come luogo, io continuerò
ad abbracciarla.Il re del mare agitò
il capo e in segno d'assenso scosse tutte le onde. La ninfa si
spaventò, ma continuò a nuotare, e mentre nuotava
io le toccavo il petto palpitante e percorso da tremito, e mentre
la palpavo sentii tutto il suo corpo indurirsi, e i suoi seni
fasciarsi di terra. Parlavo ancora, quando una terra che
prima non c'era si rapprese e crebbe sul suo corpo, trasformato
in isola.»